Da un anno Starbucks ha la sua carta prepagata per cui passano ormai il 30 per cento delle transazioni. Si tratta di una carta ricaribile che permette di acquistare caffè, dolcetti e insalate in uno dei negozi della catena planetaria senza tirare fuori monetine, contanti, o carte di credito varie.
Con qualche vantaggio per il cliente: sconti, punti, promozioni.
Wired parla di una vera e rivoluzione di questi sistemi di micropagamento: entro il 2020 le carte prepagate come quelle di Starbucks e di altre catene di food potrebbero sostituire un terzo delle carte prepagate bancarie.
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E se diventasse un sistema diffuso anche in Italia?
Per pagare il caffè con torta in una bakery milanese, per esempio.
Ma anche per abbonarsi ai pranzi del bar sport sotto l’ufficio.
Ancora, per i fortunati clienti che frequentano i ristoranti stellati più di una volta l’anno.
Gli effetti positivi li conoscono gli americani e li possiamo immaginare anche noi, tutti a vantaggio disponibilità di liquidi, fidelizzazione dei clienti – o meglio: conferma di fedeltà, una sorta di sicurezza – possibilità di creare delle partnership strategiche tra prodotti acquistabili con la stessa carta.
(Già immagino di andarmene in giro per Milano con la carta cocktail “Moscow Mule”: pago 5 euro ovunque lo consumi, e mi preparo a ricaricarla con 50 euro ogni weekend).
Ma sarebbe effettivamente comodo? Quante carte si finirebbe per avere nel portafoglio? Meglio creare delle app? Una cosa è certa: l’utilizzo delle banconote sarà presto sopravvalutato.