Che ci piaccia o no, dalla settimana scorsa esiste l’hamburger artificiale. E’ stato anche assaggiato e giudicato da mandibole esperte. Centocinquanta grammi di sintocarne, di provenienza 100 per cento laboratorio, aromatizzata con succo di barbabietola rossa, zafferano, sale, uova in polvere e parmigiano grattugiato.
Un progetto costoso (250mila euro) quello del cosidetto Frankenburger, sviluppato dallo scienziato olandese Mark Post, generosamente sovvenzionato da Sergey Brin, cofondatore di Google.
Se vi state chiedendo come mai un milionario si prenda la briga di investire nella carne da laboratorio, invece di trascorrere l’estate su una remota isola tropicale, trovate la risposta in un post del venerabile sito The Verge.
Il titolo dice tutto: “La tua dipendenza dalla carne sta distruggendo il pianeta (ma possiamo trovare una soluzione)”.
Per spiegare come si è passati dai pacifici vegetariani preistorici agli obesi iper-carnivori di oggi, il post parte da molto lontano. Due milioni di anni fa, per la precisione.
In principio fu la caccia. Col suo carico di nutrienti e calorie, inclusi incremento del volume corporeo ma pure del cervello.
Poi, diecimila anni fa, arrivarono agricoltura e allevamento, che per secoli sono rimaste faccende familiari. Un paio di mucche, dieci galline, il maiale: nutrimento domestico e qualche ovetto da barattare col vicino.
Il 1800, come ogni manuale di storia insegna, è il secolo della rivoluzione industriale, cui non sfugge nemmeno l’allevamento.
Oggi, negli Stati Uniti, il 99 per cento degli animali destinati al macello vive in allevamenti industriali. Da quattro mega-fabbriche provengono l’80 per cento dei bovini e il 50 per cento dei polli che si mangiano sul suolo americano.
La più gigantesca si chiama Tyson Foods: 80 anni di vita e 400 stabilimenti negli Usa.
Un pollo della Tyson vive e mangia la metà di quanto faceva un suo antenato nel 1935. Se il povero pollo se la passa tanto male è perché noi, ingordi, mangiamo molta più carne dei nostri avi. Sì, come sottolinea il grafico su produzione e consumo della carne negli Stati Uniti, “molta” è un eufemismo”.
Attenzione, non è solo un fatto di benessere animale. Il suolo del pianeta viene destinato all’allevamento per un terzo della sua superficie. Degli effetti collaterali tipo quantità dell’acqua consumata o emissioni di gas serra non parliamo nemmeno, ormai li sanno tutti.
Quello che non sappiamo è come invertire la rotta.
“Diventando vegetariani” trillano i vegetariani. E se non si vuole rinunciare alla carne? Chiamatemi irresponsabile, ma non riuscirò mai a rinunciare a polpettoni e lampredotti, fiorentine al sangue e coppe di testa.
E poco mi convincono le uova fatte con i piselli e i semi di girasole, o i derivati della soia tipo seitan e tofu.
E allora?
Allora: sintocarne.
Gli esperimenti sono iniziati a fine anni Novanta, ma il frankenburger della scorsa settimana è il primo risultato edibile.
Okay, ma precisamente come si fa questa sintocarne?
1) Si estrae tessuto da un animale vivo attraverso una biopsia.
2) Si estraggono cellule staminali dal tessuto.
3) Si aggiunge un siero della crescita per farle moltiplicare.
4) Si inseriscono le cellule in una struttura di velcro che le sostiene, quindi in un bioreattore, dove riescono a crescere (viene voglia di chiedere: fatto?).
5) Si fanno flettere fisicamente le cellule sottoponendole a esercizi per aumentare i livelli di proteine. Co sì ricostruisce la struttura dei muscoli bovini.
6) Si tagliano strisce dei muscoli.
7) Si aggiungono insaporitori, ferro, vitamine e quanto serve.
8) Buon appetito.
Stimano gli esperti che per vendere carne artificiale a prezzi accessibili serviranno 20-25 anni.
Ma non è questo il punto.
Il punto è: ricostruito se pur brevemente il percorso che ci ha portati a creare la carne finta, constatate le condizioni da semi-apocalisse in cui versa questo vecchio pianeta che chiamiamo Terra, adesso che, da persone consapevoli e responsabili, stiamo per metterci a tavola, ecco, noi l’hamburger di carne artificiale, lo mangeremo mai?
[Crediti | Link: Dissapore, The Verge, immagini: The Verge]