I ristoranti italiani non perdono fascino. Sono interessantissimi. Basta accomodarsi al tavolo, sbirciare distrattamente il menu, tendere l’orecchio, e ci si sente come al cinema (in una commedia all’italiana, per l’appunto).
Discussioni di coppia, dibattiti sui massimi sistemi, nonstop tra amici con dettagliate descrizioni di adulteri, beghe politiche e problemi con i cani.
Siamo in estate, non voglio fare la solita tirata intellettuale di Dissapore sulla cafoneria contemporanea.
Anche perché possiedo un cane.
Che reclama di consumare il suo pasto al ristorante, con me, o quantomeno di assistere al mio, con il conforto di qualche bocconcino passato discretamente sotto il tavolo.
Ma non bisogna lavorare nel ramo intercettazioni per origliare certi dialoghi.
“Non so tu ma io sono terrorizzato dai cani”. Oppure: “L’idea di dover cenare con il fiato di quel cane addosso mi disgusta”. O ancora: “Guarda, cane e padrone mangiano il tiramisu dallo stesso cucchiaino”.
Eppure solo un mese fa Fiadaa (Federazione Italiana Associazione Diritti Animali e Ambiente) e Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) hanno depositato un regolamento che consente l’ingresso ai cani nei locali pubblici e negli esercizi commerciali.
Prima era pura anarchia, nel senso che ogni amministrazione comunale faceva i suoi regolamenti e le sue delibere. Ma ora il divieto per le bistrattate famiglie con cane al seguito è solo una scelta commerciale e illegale dell’esercente. Per certi versi anche comprensibile: i cani sporcano, sono rumorosi, ostacolano i camerieri.
Chissà che non sia, come molti proprietari di animali pensano, forse per difendersi, una conseguenza della maleducazione degli essere umani, di quei clienti che insopportabili lo sono comunque, con o senza cane.
Dunque, anche i ristoratori più refrattari dovranno fare di necessità virtù, e anziché lamentarsi di avere il ristorante vuoto, apriranno l’ingresso a tutti. Cosa che in tempi di crisi non fa male.
Questione risolta? In realtà no, perché in questi casi la sola legge che conta è quella del buonsenso.
Proprietario di cane con buonsenso.
Se nei luoghi pubblici il cane si agita o abbaia spesso lo lascia a casa. Prima di andare al ristorante chiama per informarsi di eventuali problemi con gli animali. In caso di risposta affermativa, si dispiace stizzendosi un po’, ma non discute e cerca di comprendere le altrui ragioni.
Mi picco di appartenere a questa categoria. Quando porto il cane al ristorante, il piccolo botolo si sistema diligentemente sotto il tavolo senza emettere un suono. Spesso il muso sfacciatamente tenero rimedia a lui il cestino del pane del vicino di tavolo, e a me un numero di telefono (regola n.1 del rimorchio: un cane coccoloso funziona più di una scollatura generosa).
Proprietari di cane senza buonsenso:
Portano il cane ovunque, sempre e in ogni situazione. Non comprendono le ragioni altrui, anzi se ne fregano: cos’è la maleducazione canina paragonata a quella umana?
Ma tu guarda in che ginepraio sono andata a infilarmi stamattina, solo perché soffro a non origliare al ristorante.
[Crediti | Link: Il Salvagente]