Se la Giamaica fosse l’isola del tesoro che da ragazzi immaginavamo sul libro di Stevenson quel tesoro sarebbe il caffè. I chicchi verdi-azzurri del caffè monorigine Jamaica Blue Mountain, nel dettaglio. Per capire che parliamo di una tra le esportazioni più pregiate del paese caraibico dovrebbe bastare il prezzo: gli Stati Uniti lo pagano circa 46 Euro per libbra, mentre il Giappone che assorbe quasi l’80 per cento del raccolto, sino a 58 Euro.
Il caffè cresce sulle alture vulcaniche a nord di Kingston, tra i 1000 e i 3000 metri, la grande “montagna blu” come la chiamano i giamaicani.
Le correnti fredde provenienti dal Mar dei Caraibi rallentano lo sviluppo dei semi racchiusi nell’involucro a forma di ciliegia, una crescita di oltre 10 mesi, di solito sono 5/6, che permette di sviluppare il complesso bouquet aromatico per cui il caffè giamaicano è noto nel mondo.
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Una volta raccolto e tostato, prima di essere conservato nei barili in legno di quercia, esattamente come i rum caraibici, il Jamaica Blue Mountain risulta uniforme, ricco di acidità, con gradevoli aromi di frutta secca e tabacco, totalmente privo della classica impressione di amaro che affligge di solito il caffè.
La tutela dei preziosi semi giamaicani è cresciuta con l’aumento record della domanda, oggi i produttori autorizzati a usare il marchio di certificazione si devono attenere a regole tassative.
Ma per anni le frodi sono state all’ordine del giorno, sia negli esercizi commerciali giamaicani che all’estero, con alcune catene di negozi non disposte a rivelare la percentuale presente nelle miscele etichettate come Jamaica Blue Mountain.
Per rispondere alle denunce di brogli, aumentate vertiginosamente, il Jamaica’s Coffee Industry Board si è dotato di un regolamento severo e ha appena formato una task force per farlo rispettare, con esperti di settori diversi coordinati dalla polizia doganale.
I controlli, che si stanno intensificando proprio in questi giorni, sono basati sulla verifica dei requisiti necessari per potersi definire Jamaica Blue Mountain, dalla giusta altitudine (tra 1000 e 2000, al di sotto sarà Jamaica High Mountain Coffee o Jamaica Low Mountain) all’esposizione dei terreni, non ultimo l’assaggio, ritenuto un metodo efficace per la spiccata riconoscibilità del sapore, fruttato e liquoroso.
Le persone coinvolte nel commercio illegale rischiano multe sino a 600 mila dollari, e pene che possono arrivare a 6 mesi di carcere.
Del resto mai come in questo momento la Giamaica è attenta alla reputazione del super caffè incrinata da altri problemi legati alla produzione.
I casi frequenti di siccità, la recente e devastante epidemia dovuta a una malattia delle piante chiamata “ruggine del caffè“, accoppiata ai danni provocati dalla “mosca del caffè”, hanno ridotto le esportazioni verso gli Stati Uniti a 11,7 milioni di dollari, dai 15 del 2013.
Da ultimo, un consiglio per i fortunati degustatori dell’aromatico monoorigine: meglio a casa, preparato con la moka o la caffettiera napoletana. Al bar, pur in presenza di un barista puntiglioso, le forti aspettattive andrebbero deluse a causa del modesto corpo della bevanda, tipico dei caffè arabica lavati.
[Crediti | Link: Wikipedia, Nikkei, World Coffee Press, Repeating Island, Ciboj. Immagini: theardentepicure]