“Il caffè è un piacere: se non è buono, che piacere è?” con questa frase, ormai storica Nino Manfredi celebrava la sacralità del caffè in un famoso spot, prima che arrivassero i vari Clooney, Bonolis e Bringnano a rovinarcene il piacere.
Lo ammetto, sono un caffè dipendente, uno di quelli che se non si prende il suo caffè a colazione, nella pausa a metà mattina, dopo pranzo, nel pomeriggio, e dopo cena, resta con l’amaro in bocca e con la giornata rovinata.
Non sono però un amante del caffè fatto con la moka o con altre macchine automatiche, preferisco metodi che mi permettano di godere anche nella fase di preparazione, che a mio avviso fa parte di quel “piacere” di cui parlava Manfredi.
Così mi sono dotato di diverse caffettiere per provare differenti tipologie di caffè e modalità di preparazione, un procedimento che viene reso alla perfezione dal verbo “to brew” in inglese e che diventa quasi un rito per tutti coloro che amano non solo il caffè ma anche tutto ciò che circonda la sua preparazione.
Non poteva mancare nella mia “caffetteria” la caffettiera napoletana, la mitica cuccumella, usata spesso e personalmente preferits alla moka, che l’ha commercialmente soppiantata dopo la sua invenzione. Ecco dunque il caffè alla napoletana a modo mio; ok ok, io non sono napoletano, ma spero che i napoletani mi perdoneranno se questa preparazione non corrisponde alla tradizione.
Per chi non la conoscesse, la caffettiera napoletana consta di cinque elementi:
il serbatoio dell’acqua e il serbatoio del caffè, che vengono montati l’uno sopra l’altro, il contenitore del caffè, che viene inserito nel serbatoio, il filtro per il caffè e il coperchio.
Io posseggo una Ilsa in acciaio (sì ok, ci vorrebbe quella in alluminio, ma io questa ho, scelta anche per la maggior praticità dei manici paralleli).
Il funzionamento del sistema di estrazione è semplice: si posiziona la napoletana sulla fonte di calore e appena l’acqua bolle, si capovolge l’apparecchio, l’acqua cade sul caffè, assorbe l’aroma e viene filtrata attraverso il filtro, raccogliendo la bevanda nel serbatoi apposito.
Sembra complicato ma è comunque più facile a farsi che a dirsi.
Si parte ovviamente dal caffè, che acquisto in grani in torrefazione (quando non ne ho l’occasione provo anche le confezioni in vendita al supermercato, sempre in grani) e che macino sul momento quando mi accingo a preparare il caffè.
Personalmente preferisco una macinatura più grossolana, per evitare un’eccessiva densità della polvere e un gusto meno robusto della bevanda, e imposto il macinino sul livello di granulosità maggiore. Per godersi meglio il caffè è sempre più indicato acquistare i grani e macinare la dose specifica nel momento in cui verrà preparato.
Il caffè già macinato mantiene il suo aroma per poco tempo.
Nel frattempo preparo la napoletana, riempiendo il serbatoio dell’acqua finché il livello del liquido è di qualche millimetro al di sotto del forellino presente nel serbatoio; come consigliato dal buon Eduardo de Filippo, non guasta aggiungere una manciata di polvere di caffè all’acqua nel serbatoio.
Poi inserisco il contenitore del caffè e lo riempio con la polvere macinata, cercando di non pressare la polvere e di non riempirlo eccessivamente.
Macinando il caffè molto fine è importante non pressare la polvere: il caffè potrebbe essere eccessivamente amaro o non riuscire nemmeno a passare attraverso la polvere in tempi ragionevoli.
Chiudo il contenitore con il filtro e chiudo il tutto con il serbatoio della bevanda, capovolto con il beccuccio verso il basso, e metto la caffettiera sul fuoco.
Ora non resta che aspettare pazientemente il segnale, ovvero il momento in cui dal forellino esterno inizia a fuoriuscire vapore oppure direttamente l’acqua: il liquido sta bollendo.
A questo punto io attendo ancora 30 secondi, dopodiché spengo il fuoco e afferro la cuccumella capovolgendola con un rapido movimento ed evitando di procurarmi ustioni di terzo grado alle mani.
Così facendo l’acqua bollente ricadrà sulla polvere di caffè, e la bevanda sarà estratta per percolazione, una metodologia non troppo differente da quella sfruttata dalle macchine del caffè americane, seppur con qualche differenze.
Sempre seguendo De Filippo, mi sono creato un beccuccio artigianale, il cosiddetto “cuppetiello”, con un foglio di carta, per coprire il beccuccio della caffettiera e preservare la parte di aroma che potrebbe evaporare nel momento in cui si capovolge la cuccumella.
Ora non resta che attendere che l’acqua filtri completamente attraverso la polvere di caffè, tempo che potrebbe variare in base alla granulosità della macinatura e che potrebbe impiegare anche 10 minuti se la densità è abbondante.
Una volta colato completamente nel serbatoio si può versare nella tazzina e goderselo.
Il caffè realizzato con la caffettiera napoletana è tendenzialmente più lungo e dal gusto più delicato rispetto ad altre preparazioni, come ad esempio il caffè della moka.
Buon caffè a tutti!
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Riccardo Campaci]