Nessuno può chiamarsi fuori, perché l’assunto è universalmente riconosciuto come applicabile a ogni essere umano. Il cibo offerto è più buono, più gradito, e tutti noi diventiamo mediamente più onnivori, ma anche meno sentenziosi e precisini, quando il cibo é gratis.
L’aperitivo “mangiato” costituisce l’emblema di tante altre varianti a riguardo, trasformandoci in docili bidoni dell’umido che prendono alla lettera il motto sul caval donato e il guardare in bocca.
Colpa della crisi? Dei retaggi del cinema neorealista? Dell’eredità scrocca-tutto tramandata da qualche ramo non identificato dell’albero genealogico?
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Analizziamo da vicino il tema.
Le situazioni odierne più a rischio di riscoprirsi parte attiva della razza umana pro-assalto del buffet sono molteplici, e bisogna mantenere l’attenzione molto alta se non si vuole incorrere nella tentazione universale dello scrocco senza riserva.
Le inaugurazioni con annesso buffet offerto in primis. Poco importa se si tratta di mozzarelline di quart’ordine o di focaccine di due giorni prima, il fascino dell’atto resta comunque intatto. E che dire invece del compleanno degli amici con torta dalla personalità deboluccia e spumante con etichetta inquietante? Nessuno si azzarderà a non assaggiare almeno una fettina della crostata di frutta, e nemmeno per idea ci sogneremmo di rifiutare un calice per il brindisi. Il tutto, ovviamente, a prescindere dalla qualità dell’offerta.
Nei casi più eclatanti, poi, esistono personaggi che riescono persino a mangiare senza stimolo della fame se solo la circostanza lo consente. Non è tanto perché la tentazione fa l’uomo ladro, ma piuttosto perché la preistoria è più vicina di quanto crediate.
Come ultimo caso di analisi ci sono le fiere di enogastronomia, eventi che si sono trasformati in gigantesche universiadi dell’assaggio selvaggio. A molti di voi sarà capitato di sgomitare con una certa insistenza per accaparrarsi una fetta di prosciutto o un crostino di pane con aceto balsamico. E non apriamo il capitolo del buffet nel villaggio vacanze.
A volte succede per spiccato interesse verso la materia prima, che magari non si conosce così bene. Altre volte, il più delle volte per la verità, si tratta di primordiale istinto di sopravvivenza. Sì, perché in angoli reconditi del nostro cervello da (prima) animali (e solo poi) pensanti, cerchiamo costantemente di “fare scorta” per momenti più bui, di mettere da parte calorie da poter sfruttare per la caccia alla preda, mentre l’istinto selvaggio ci spinge a pestare i piedi al vicino per allungare le mani sull’ultimo cubetto di formaggio allo stand.
Il fascino del cibo offerto scatena in ciascuno di noi una sorta di atavica predisposizione al martirio gastronomico, in virtù del riempirsi la pancia a costo zero. Da che mondo è mondo non esiste tendenza umana più universale, proprio perché primordiale.
I sociologi ci raccontano di perdita di peli ormai superflui, di pollici opponibili che perdono la loro funzione con l’uso del tablet e di una generazione di nativi digitali che perde due/tre istinti animali al giorno. Come nemesi di questa evoluzione massiva, non dimenticatelo, esiste ancora l’istinto mai sopito al cibo gratis, capace di scatenare il furore della nostra parte animale.
La degna conclusione, quindi, è quella di rivalutare questo istinto come manifesto del nostro essere animali.
Ora scusatemi, per compensare questi minuti ferma davanti al computer, vado subito a lanciarmi sul buffet di un aperitivo con gli occhi della tigre.