Non esiste brodo degno di questo nome, di carne o vegetale, che non sia un brodo fatto in casa. Farlo impiega pochissimo impegno. Certo, tanto tempo. Che però è ripagato dal risultato. Sempre che il brodo sia fatto con tutti i crismi, evitando questi errori.
Pronti? Il dado è tratto, anzi, bandito!
1. Complicarsi la vita con gli ingredienti
Un buon brodo può essere vegetale, di carne o di pesce. In ogni caso occorrono pochi ingredienti ed è addirittura possibile usare scarti di cucina di altre preparazioni (vedi punto 2).
Per il brodo vegetale basta una manciata di verdure a tocchi, anche solo i classici sedano, carota e cipolla. Del sedano, usando le foglie, otterrete un sapore più marcato: valutate se vi piace o se volete che questo aroma sia più discreto e, in caso, scartatele. La cipolla, o lo scalogno con il quale spesso la sostituisco, può essere steccata con chiodi di garofano che, infilzati nella polpa, non si perderanno nel liquido. Anche qui, se il gusto leggermente speziato del garofano non fosse nelle vostre corde, potete tranquillamente farne senza.
Come erbe, alloro e prezzemolo, con tutti i gambi, vanno sempre bene, profumano senza caratterizzare eccessivamente. Perché dovete sempre tenere presente che, più basic sarà il vostro brodo, più si rivelerà versatile al momento di impiegarlo. Potrete sempre insaporirlo in un secondo momento, secondo ricetta.
Se alla base di verdure aggiungete una coscia o qualche ala di pollo, mezza gallina, un taglio di manzo o vitello da bollito come il biancostato, fra i miei preferiti, otterrete i relativi brodi, più corposi e saporiti man mano che la carne scelta diventa più grassa e ricca di connettivo, quel tessuto che sciogliendosi ispessisce il brodo.
Per il brodo di pesce, infine, usate pescetti da zuppa, teste e carapaci di crostacei, teste e lische di pesci bianchi, come quel che rimane dopo aver sfilettato un’orata, uno scorfano o una gallinella. Gli scarti del pesce devono essere ben lavati sotto l’acqua corrente per eliminare tutto il sangue ed eventuali tracce di interiora, che renderebbero amaro il brodo.
2. Snobbare gli scarti
Il discorso sul brodo di pesce introduce al magico mondo degli scarti che possono finire nel pentolone e contribuire a migliorare il gusto finale.
Verde di porro o di cipollotto, qualche pezzetto di ortaggi avanzati da altre ricette, un paio di pomodorini troppo maturi per l’insalata, e così via. Fate solo attenzione con le verdure aromatiche, come finocchio, verza, asparagi e simili: usatele solo se può piacervi ritrovarne il sapore nel brodo e nel piatto che andrete a cucinare, sia una semplice minestrina o una salsa vellutata.
Altri scarti da non sottovalutare sono ossi e pelle, per esempio di pollo o tacchino. Gli ossi, soprattutto, regalano un brodo denso e gustoso: quelli di vitello e manzo, dal macellaio, verranno via per pochi centesimi (se è simpatico anche gratis) e daranno un onesto contributo al risultato finale.
3. Sbagliare la temperatura dell’acqua
So che lo sapete tutti, ma diciamolo una volta di più: per un buon brodo, si parte mettendo gli ingredienti in acqua fredda; per un buon lesso, le carni si tuffano nell’acqua già bollente, e anche già aromatizzata con gli odori (sedano, carota, cipolla, erbe).
Certo, la carne del brodo non sarà tenera e succulenta come quella del bollito e, viceversa, il brodo del bollito non sarà saporito come quello fatto apposta. Si tratta di scelte. E comunque, visto che facilmente la carne usata per il brodo verrà scartata o riciclata in modo umile (per esempio, per farne polpette), tanto vale usare tagli poveri dalla fibra anche tenace, come per esempio la gallina.
Che, comunque, dopo tre ore di cottura sarà ugualmente morbida, sfilacciosa, buonissima da spolpare direttamente con le mani: sì, io lo faccio mentre è ancora in pentola, scottandomi i polpastrelli e mangiandola con le dita, embè?
A proposito di tempi di cottura: calcolateli dal bollore e tenete presente che, più a lungo sta sul fornello, più il brodo risulterà saporito. Indicativamente, occorre almeno un’ora per il vegetale, dalle due alle tre ore per quelli di carne.
4. Esagerare con il sale
Nelle cucine dei ristoranti borbotta sempre, in un angolo, un pentolone di brodo da cui si attinge, durante il servizio, per risotti e salse, umidi e spezzatini. Considerando che più cuoce più si concentra, e che potrebbe essere impiegato per preparazioni già saporite di loro, la buona norma è di lasciarlo sciapo e aggiungere il sale solo alla pietanza definitiva.
Questa sarebbe una buona abitudine anche per i comuni mortali se non fosse che, nella poco professionale cucina di casa, si potrebbe correre il rischio di servire un risotto sciocco, dimenticandosi che lo era anche il brodo.
Un buon compromesso è unire il sale verso fine cottura, quando ormai il liquido non si restringerà più di tanto, tenendo comunque la mano leggera perché la tecnica della bollitura dolce è di quelle che comunque estraggono dagli ingredienti tutti i sapori, compresa la naturale sapidità.
5. Preoccuparsi troppo del grasso
Una volta non c’era ricetta che non dicesse: lasciate sobbollire schiumando spesso il grasso che affiora. Oppure: lasciate raffreddare il brodo, poi eliminate il grasso solidificato in superficie. E via discorrendo.
A mio avviso, questi accorgimenti valevano nella cucina di qualche decennio fa, quando la carne era più grassa e sulla superficie del brodo galleggiavano isole di unto. Oggi – a meno di non avere, per dire, pusher specializzati nello spaccio di pollame nostrano – si acquistano tagli generalmente più magri e, anzi, quel poco di grasso che hanno è ciò che rende buono il vostro brodo.
Quindi, non siate talebani, schiumate le impurità (la schiuma, appunto) ma non dannatevi nell’impresa di “far dimagrire” il vostro brodo. A fine cottura, sgocciolate verdure e carne, poi filtrate attraverso un comune colino a maglie non troppo fitte: quel che passerà sarà privo di piccoli scarti come pezzetti di carne, foglioline di sedano appassite, succhi coagulati e simili.
E sarà giustamente ricco, saporito, gustoso: quel che si dice un brodo da resuscitare i morti.