Non vorrei dire noi l’avevamo detto, ma: noi l’avevamo detto. Questo a cialtronesco vessillo delle nostre patetiche velleità intellettual-indie. Del resto, capiteci: se vi riferiamo con malcelata, insopportabile soddisfazione questa notizia, ammesso e non concesso che lo sia, è perché ogni volta che abbiamo mosso un’obiezione sapendo già che era una causa persa, ci siamo sentiti rispondere che la tv di Benedetta Parodi interpreta la voglia di sognare tra le pentole, di fare qualcosa di speciale per il marito, la moglie, i figli o gli ospiti senza essere per forza uno chef stellato con modi da sacerdote del gusto.
E che insomma, se Cotto e mangiato e Benvenuti nella mia cucina sono stati casi editoriali da più di un milione di copie ciascuno ci sarà una ragione, no? Portate i vostri c**i saccenti altrove, cari di Dissapore, inutile gridare popolo bue, Paese lobotomizzato, i libri si vendono solo se vanno nel programma di Tizio e Sempronio. Pleonastico sostenere che la fenomenologia di Benedetta Parodi richiede una spiazzante discesa nell’ovvio, che ha parodizzato il genere culinario, che è il Checco Zalone della cucina, il grado zero della ricetta, la banalità del sale e pepe, la perfetta messa in scena del mediocre di successo. E soprattuto, che con tutti quei surgelati ha insegnato alle mamme italiane come avvelenare inconsapevolmente i loro figli.
Invece no, permettete, forse non è stato né inutile né pleonastico.
Se ora, come sembra, La7 cancellerà I menu di Benedetta causa share irrilevante, pur rendendo onore alla sconfitta (hey, ha guadagnato un pacco di milioni) il solo commento a caldo è: meglio tardi che mai. Spiegare il successo di Benedetta Parodi non è stato semplice, per il flop basta questo post.
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