Per gli home restaurant valgono le stesse regole dei ristoranti? Allora i i nuovi cuochi fai da te si riuniscono in un’associazione a difesa della categoria, e rilanciano, chiedendo di essere assimilati ai bed and breakfast.
La settimana scorsa, ricorderete, una risoluzione del Ministero dello sviluppo aveva accomunato i cosiddetti home restaurant, ristoranti popup aperti a casa propria, dove sfamare a pagamento perfetti sconosciuti che scelgono un appartamento privato e una cucina domestica per serate conviviali alternative, alle attività di somministrazione di alimenti e bevande.
Come logica conseguenza, le norme applicabili ai ristoratori, tasse e contributi compresi, valgono anche per i nuovi imprenditori degli home restaurant. Mentre finora per aprire un home restaurant non servivano licenze di alcun genere, nessuna autorizzazione sanitaria, e la classificazione di semplice attività lavorativa occasionale consentiva di fatturare fino a 5000 mila euro lordi senza Partita IVA.
Ma quando il gioco si fa duro, i ristoratori fai da te iniziano a giocare: nasce così Home Restaurant Italia, l’associazione a tutela degli interessi di “chi, in Italia, vuole accendere i fornelli di casa propria per condividere la gioia e la peculiarità che solo il nostro patrimonio enogastronomico può regalare.
Visto il rischio legislativo pendente i ristoratori domestici fanno quadrato intorno ai loro diritti e chiedono di sedere al tavolo (tavolata?) delle trattative per impedire – o almeno provarci – che il Ministero o la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), secondo cui gli home restaurant sono ristorazione clandestina, rovini loro la festa come starebbe per accadere ai ristoratori casalinghi romani.
Ma se i ristoratori tradizionali devono superare le 12 fatiche di Ercole per aprire un ristorante, quali diritti possono reclamare i ristoratori fai da te?
Spiega Daniela Chiappetti presidente della neonata associazione Home Restaurant Italia:
“Questo fenomeno è già diffuso e regolato negli altri Paesi europei e non va demonizzato ma incentivato e sostenuto perché è una risorsa, soprattutto culturale, per il nostro Paese”.
Risorsa culturale? Gli home restaurant sono una risorsa culturale?
Arriva anche la puntualizzazione sul paragone tra ristoranti tradizionali e ristoranti casalinghi:
“È oggettivamente sbagliato considerare gli Home Restaurant dei competitor dei ristoranti e non è esatto paragonarli a fenomeni di catering: siamo su un’altra dimensione”
Quale dimensione, precisamente?
Per rispondere l’associazione avanza alcune proposte, queste le più significative:
- prendere ispirazione dalle linee guida percorse per regolamentare i bed and breakfast in l’Italia (ecco la legge)
- limitare i numeri di coperti settimanali (circa 20)
- indicare tre mesi sabbatici in cui non si organizzano cene a casa”
- introdurre il divieto di organizzare un Home Restaurant fuori dalla propria abitazione privata
- divieto di apertura al pubblico
- nessuna insegna e nessun volantino
- obbligo di prenotazione tra i privati
- obbligo da parte dei padroni di casa di frequentare un corso sulla sicurezza alimentare
Cosa ne pensate di queste proposte? Sono condivisibili, oppure fumose, insufficienti e poco specifiche?
Quali sarebbero le vostre di proposte, da suggerire a Home Restaurant Italia?
[Crediti | Link: Dissapore, Gambero Rosso, Corriere Roma, immagini: Home Restaurant Italia]