Freniamo le nostre resistenze, contrapporsi al futuro è inutile: qualcosa di epico sta per accadere, forse, dopodiché niente sarà più lo stesso. Apple entra – con il suo tipico tasso di incidenza sul mercato – nel sistema delle prenotazioni dei ristoranti. E il giorno dopo la notizia il titolo di Open Table, società americana leader del settore, cala del 3,51%.
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Il brevetto porta l’ampolloso nome di “Sistemi e metodi per elaborare ordini e prenotazioni usando un dispositivo elettronico” e segna una svolta. Perché? Facile: a ordinare saranno direttamente i clienti! E noi che pensavamo che il massimo della personalizzazione fossero quei pub (e non solo) che ci lasciano carta e penna per la comanda.
Ma cerchiamo di capire meglio in quale direzioni si muove il progetto, perché non tutto il nuovo viene per nuocere. Nello specifico, stando al brevetto Apple, il cliente smanioso di sapere potrà fare ricerche secondo precisi criteri, per esempio:
— l’esclusione degli alimenti cui si è allergici,
— il tempo stimato di sgombero del tavolo calcolato in base alle pietanze ordinate,
— la gestione delle liste d’attesa in tempo reale.
Quantità di cani e bambini nel ristorante chiediamo noi? (Okay, è uno scherzo).
Si aggiungono i consigli dei locali in base alla posizione geografica, al tipo di cucina, ai prezzi, a una combinazione di tutti questi fattori. Chiamiamolo sistema intelligente (o impaurente). E attendiamolo in Italia. Anche se detto così sembra un TripAdvisor 2.0.
Ovviamente, l’uso dei tablet e dei social media nel mondo della ristorazione non è niente di nuovo: già in passato sono stati mossi tentativi di organizzazione del sistema di prenotazione tramite applicazioni specifiche. E Ham Holy Burger ne ha già fatto un elemento distintivo.
Come già esistono applicazioni che suggeriscono il locale giusto per tipo di cibo, prezzi o vicinanza. Oppure ancora, gli strumenti utilizzati dai camerieri per inviare in tempo reale l’ordinazione in cucina.
Ovvio allora che la portata rivoluzionaria sta tutta nel coinvolgere il cliente.
“Oggi la rapidità di un ordinazione dipende totalmente dalla reperibilità del personale”, scrive Apple. “Se il cameriere è occupato capita che un cliente aspetti 5 minuti o 10 o anche più. Tempo di attesa che si prolunga se il cameriere non ha portato il menu al cliente quando si è seduto al tavolo”. Un sistema che Apple intende migliorare grazie a iCloud, il servizio di sincronizzazione automatica dei dati, che dialogherebbe con l’iphone o l’ipad del cliente informandolo sui tempi d’attesa del ristorante che gli interessa aggiornati in base alle ordinazione da gestire. Dicendogli persino quanto tempo deve aspettare per una pizza. Per far questo, il sistema tiene conto del tempo necessario a elaborare l’ordine, preparare le portate e servirle al tavolo, incluso quanto impiega il cliente per mangiarle.
Ammesso e non concesso che Apple passi effettivamente dal brevetto alla applicazione tutto questo pragmatismo, anche se arrivasse a funzionare perfettamente, non uccide l’idea di ristorazione più storica e conviviale?
Ma soprattutto vi pare comodo? Voglio dire, al di là della questioni soggettive sull’impersonalità del sistema, quanto sarà il rischio di ordinazioni a casaccio, scoraggiamento delle prenotazioni (“tanto secondo il mio iphone la lista d’attesa è troppo lunga”) e – aggiungerei – licenziamenti notevoli del personale, ormai inutile.
Ma per ora è solo un brevetto, non una vera applicazione. Allora perché lo immagino già effettivo in tempi rapidissimi? Magari con l’esperienza che facciamo oggi al ristorante trasformata nel revival più di moda tra i post-hipster del 2020. Basta che non ci mandano anche in cucina a preparare le pietanze…
[Crediti | Link: The Verge | Immagini: Eater]