Il mondo si divide in due. Da una parte, chi dice: “Cuocere un uovo? E che sarà mai!”. Dall’altra, chi riconosce che la cottura delle uova è fra le più insidiose delle basi di cucina. Io propendo per questa seconda ipotesi. Anche, e soprattutto, quando si parla di uova strapazzate. Ecco perché sono qui, oggi, per dirti cosa fare e non fare con le scrambled eggs che preparerai, forse, per il brunch di domenica mattina.
1. Sgusciarle direttamente in padella
Ammetto, è una scorciatoia che, con superficialità, ho praticato spesso anch’io: scaldata la padella con una noce di burro, ci sgusciavo dentro due o tre uova e le strapazzavo direttamente sul fuoco.
Due gli inconvenienti. Il primo: se non si è veloci a mescolare e/o la fiamma non è sufficientemente bassa (vedi punto successivo), bianchi e rossi si rapprendono restando separati e alla fine si ottengono uova dalla curiosa texture camouflage.
Il secondo: eventuali condimenti si uniscono solo alle uova cotte, o al limite mentre cuociono, e il rischio è che non si distribuiscano bene.
La soluzione è semplice (come l’uovo di Colombo ah ah!): rompere le uova in una ciotola, condirle a piacimento con sale, pepe e/o spezie e aromi vari, unire se previsti altri ingredienti (te ne parlo fra poco), mescolarle appena, senza sbattere troppo energicamente né tanto meno montare, e solo a questo punto versarle nella padella.
E voilà: avrai ottenuto un composto in cui tuorli e albumi sono fusi in un miscuglio uniforme, ben conditi e arricchiti secondo ricetta.
2. Non sapere come insaporirle
E vediamo, allora, come preparare il composto base per le tue scrambled eggs.
La versione più elementare prevede uova, sale e pepe. La più cremosa si ottiene con un filo di panna fresca, crème fraîche o latte, diciamo un cucchiaio scarso a uovo.
Le uova diventano aromatiche con una punta di spezie, e qui davvero ti puoi sbizzarrire. La sempre perfetta noce moscata, cumino in semi o in polvere, paprica, zenzero fresco grattugiato o secco, peperoncino in fiocchi, pepi particolari dal rosa al Sichuan.
A me piace anche unire, al posto del sale, un filo di salsa di soia o di salsa di pesce: sebbene ne corrompano il colore (le uova diventano marroncine), danno una bella botta di umami. E per accentuare l’effetto asiatico, in questo caso si possono cuocere con olio di sesamo.
Solo le erbe fresche è meglio aggiungerle alla fine: prezzemolo tritato o erba cipollina tagliuzzata sono le più apprezzate, ma non sottovalutare l’aneto, soprattutto se le uova sono abbinate a salmone o altri pesci affumicati, come nei brunch che si rispettino.
3. Non unire altri ingredienti
Le uova strapazzate sono un piatto semplice ma completo, proprio come si dice del loro ingrediente originario. Tuttavia, è lecito e gustoso arricchirle in svariati modi.
Accennavo al salmone: prova a unirlo a pezzettini al composto di uova, senza timore che si sciupi perché la cottura, come vedremo fra poco, è sempre molto rapida.
Alternativa meat based: prosciutto cotto o pancetta a dadini, questi prima rosolati. Se li fai saltare nella padella in cui cuocerai le uova, ne recuperi tutto il sapore.
Uova filanti? Unisci cubetti di formaggio: fontina, provola, scamorza o qualunque altro melting cheese.
In tutti questi casi, abbi l’accortezza di non mettere sale nel composto base.
Colore e freschezza si ottengono con l’aggiunta di ortaggi, come pomodori o peperoni a dadolini piccoli, ma anche spinacini o erbette a julienne: ne basta davvero una manciatina per dare un nuovo look alle tue uova.
E poi, come dimenticare cipolla, cipollotti, scalogni, persino aglio? Puoi, a tuo gusto, tritarli più o meno fini e unirli direttamente al composto, oppure ingentilirli facendoli prima appassire dolcemente nella padella.
4. Sbagliare temperatura
Per la cottura delle uova strapazzate, devi regolare la fiamma al minimo. Le uova si versano nella padella già calda, ma non fumante, unta con un velo di burro o, se davvero lo preferisci, un filo d’olio.
Come iniziano a rapprendersi (non occorreranno più di un paio di minuti), spegni pure e continua a rimescolare fuori dal fuoco: il calore residuo del recipiente sarà sufficiente a terminare la cottura.
5. Non rimescolare
Durante tutta la cottura, la parola d’ordine è: strapazzare, strapazzare, strapazzare. Ovvero, rimescolare continuamente le uova, con delicatezza ma inesorabilmente, per ottenere un insieme cremoso e omogeneo.
In caso contrario, se lasci il composto languire sulla fiamma seppur bassa (alta ancora peggio!), pensando poi di spezzettarlo quando è già rappreso, il risultato sarà una frittatina sminuzzata di gomma granulosa.
Sicché, smuovere, smuovere, smuovere!
6. Sbagliare attrezzatura
La padella dovrebbe avere fondo spesso, antiaderente naturale (la cara vecchia padella di ferro) o con un buon rivestimento ad hoc.
Per quanto riguarda l’utensile che sceglierai di utilizzare in cottura, personalmente ne ho provati diversi: palette, spatole, cucchiai, forchette su cui – oltretutto – l’uovo cotto incrostato faceva fatica a venir via anche in lavapiatti.
Alla fine, fra tutti, ho constatato che i più performanti sono i leccapentola in silicone, o marise che dir si voglia, flessibili ed efficaci soprattutto per staccare le parti rassodate a contatto con le pareti del tegame.
Poi, l’illuminazione: bacchette cinesi! Si maneggiano molto bene, smuovono e rimescolano con la necessaria delicatezza e precisione e non graffiano il fondo della padella. Quelle che uso io sono di legno lucidato e liscio, che dopo l’uso si pulisce facilmente.
7. Sottovalutare la tecnica del bagnomaria
Partiamo da due assunti. Le uova sono un ingrediente delicato. E abbiamo visto che, a dispetto del nome, quella strapazzata è una cottura dolce. Cosa c’è, allora, di più dolce del bagnomaria?
Ecco come procedere. Sguscia le uova in una bastardella, il recipiente con manico che si pone sull’acqua in ebollizione (va bene anche una ciotola resistente al calore). Condisci e arricchisci a piacere.
Aggiungi anche, se ti va, le erbe fresche: la cottura a bagnomaria non sciuperà gli aromi anzi, ne svilupperà leggermente il sentore.
Unisci anche un filino d’olio o una nocciolina di burro, che danno corpo ed evitano che le uova, coagulando, si attacchino alle pareti della bastardella.
Metti il recipiente su un pentolino di acqua calda che ne sfiori appena il fondo. Porta sul fuoco basso e mescola senza smettere. Il tutto resterà liquido per buona parte della cottura finché, da un momento all’altro, inizierà a coagulare. Cuoci ancora qualche istante, fino a raggiungere la consistenza desiderata.
Se non devi servire le uova subito, spegni il fuoco, abbassa la temperatura dell’acqua aggiungendone mezzo bicchiere di fredda, metti un coperchio per evitare che si secchino e lascia in caldo.
Unico handicap, il tempo: rispetto alla padella, si dilata un bel po’. Ti serviranno 10 minuti abbondanti e di continuo rimescolamento per portare a casa il risultato, ma ne sarà valsa la pena.
8. Non badare alla consistenza
Le uova strapazzate non devono essere “bavose”, con l’albume ancora liquido, come l’interno di una omelette. Ma, come già detto, non devono neppure essere “frittatose” e asciutte, né con parti bianche e gialle distinte, segno che non sono state mescolate bene e chiare e tuorli sono rimasti separati.
Le uova strapazzate perfette sono una crema morbida, omogenea come colore, con una consistenza irregolare di soffici grumetti.
9. Pensare che non siano un piatto raffinato
Da chef e produttori d’élite, ormai abbiamo imparato che le uova sono tutt’altro che banali comparse, degne di primeggiare sugli scaffali delle gastronomie fighette così come sui menu dei ristoranti blasonati.
Certo, a ben guardare i cuochi nostrani si cimentano più con marinature, zabaioni, basse temperature, tuorli liquidi.
Per trovare versioni scrambled d’autore, bisogna guardare fuori dall’Italia.
Uno dei miei primi amori fu il Donburi di Nobu Matsuhisa: ciotola di riso con scaglie di salmone appena scottato e uova strapazzate con cipolla, succo di pomodoro e sakè, proposta raffinata per un breakfast chic molto newyorchese.
È un fan della cottura a bagnomaria, ma anche di quella sous vide (sottovuoto), Heston Blumenthal, che rifinisce le uova con burro noisette e/o aceto balsamico.
Spopola da un decennio in rete il video in cui Gordon Ramsey illustra la sua tecnica, che vale la pena riportare e sperimentare: lo chef inglese sguscia le uova direttamente in una casseruolina a fondo spesso (quindi, non in una padella), aggiunge un bel pezzo di burro, va al fornello e inizia a rimescolare sulla fiamma, scostando il tegame dal fuoco ogni pochi istanti.
Questa cottura a intermittenza dura poco più di un paio di minuti (durante i quali riesce comunque a bruciare il pane tostato!). Alla fine Ramsey aggiunge panna acida, sale (che, a suo dire, messo all’inizio non fa coagulare bene le uova) ed erba cipollina.
10. Farle aspettare
Le uova strapazzate hanno un difetto: si raffreddano abbastanza velocemente. In più, man mano che passano i minuti, si asciugano, diventano gommose e formano in superficie una fastidiosa pellicolina.
Ora, sebbene ti abbia suggerito, nel caso le cuocessi a bagnomaria, che le puoi tenere un poco in attesa nel suddetto bagnomaria tiepido, beh, devono essere proprio una manciata di minuti.
Per evitare di replicare i buffet della colazione in hotel, con le scrambled eggs conservate in scaldavivande elettrici e chafing dish (i recipienti posti su vasche di acqua calda), tutto fuorché invitanti.
Se uova strapazzate devono essere, insomma, che siano fatte al momento.
11. Servirle solo al piatto (o solo al mattino)
Per gli anglosassoni, le uova sono tradizionalmente cibo da colazione che non andrebbe servito passata l’ora di pranzo.
Nonostante ciò, anche a Londra sono sempre di più le persone che amano mettere in tavola, la sera, quel che di solito si riserva al mattino. Uova strapazzate comprese che diventano, così, protagoniste del cosiddetto brinner, contrazione fra breakfast e dinner.
Noi, che di dogmi gastronomici ne abbiamo già fin troppi, non ci siamo mai posti il problema. Quindi sì: un paio di uova strapazzate, magari al formaggio, con un bel contorno di pomodori in insalata, possono costituire un menu valido per uno dei due pasti principali.
Per dovere di cronaca, ricordiamo anche i classici contorni britannici: bacon rosolato e croccante, fagioli al pomodoro, funghi trifolati e hash brown, gallette di patate schiacciate.
Questo, per restare fedeli all’ortodossia. Ma con un pizzico di creatività, le scrambled eggs possono diventare tante altre cose. Farcitura non solo di canapè e triangolini di pancarrè tostati, ma anche di club sandwich e bagel, dove stanno molto bene abbinate con salmone e avocado.
Sì, anche il modaiolo avocado toast, a chi piace, si può completare con uova strapazzate.
Buone e tradizionali su noodles e risi saltati in genere, copiando il già citato Nobu puoi usarle semplicemente per guarnire ciotole di riso bianco da completare con una julienne di alghe, una spruzzata di semi di sesamo, qualche scaglia di katsuoboshi, il tonnetto essicato giapponese.
Puoi servirle in coppette o barchette ricavate da mezzi peperoni infornati o usarle come ripieno per le patate in giacchetta.
Insomma, niente limiti alla fantasia. Purché siano calde e cremose, come ricetta comanda.