Nel periodo di Natale ogni casa è una magia con gli addobbi di generazioni, rituali per grandi e piccoli, canti e riunioni di famiglia. Parliamo quindi di tradizioni natalizie italiane in cucina: le più peculiari e che val la pena approfondire.
Alcune tradizioni sono in comune da Nord a Sud: pandoro e panettone ormai sono usciti ben oltre i rispettivi confini regionali, così come i dolci natalizi tipici napoletani o i cantucci toscani. In moltissimi casi, tuttavia, ci sono prelibatezze che rimangono “in casa” e solo a Natale, cerchiamo di citare alcune specialità tipiche e non me ne vogliate se dovessi dimenticarne qualcuna: scrivetemi e aggiornerò volentieri l’articolo!
Milano: il panettone conservato per febbraio
Mamma e nonna sono di Milano e anche se oggi viviamo in un’altra provincia, l’usanza di avanzare una fetta di panettone o un panettone intero è sacra. Lo si fa con il panettone che si apre il 25 dicembre, e si avanza per il 3 febbraio ovvero il giorno di San Biagio. Sono molte le leggende legate a questa usanza ma i racconti di nonni e antenati lo descrivono come un rimedio contro i malanni, infatti “San Biase el benediss la gola e el nas” (San Biagio benedice la gola e il naso).
Valle d’Aosta e la zuppa di Natale
Sono moltissimi i prodotti tipici scelti durante le Feste: il lardo d’Arnad, la mostoletta… ma in Valle d’Aosta, a Natale, è tipica la zuppa di Valpellinentze: è una zuppa tradizionale a base di brodo di manzo e spezie, che bagna poi del pane secco e viene passata in forno con la fontina.
Torino e il seriàs
Tutto il territorio piemontese racconta usanze natalizie legate al cibo, come ad esempio nel Vercellese dove tagliare una mela era simbolo di buon auspicio. A Torino si usava mangiare il seriàs, un dolce di ricotta che ora si vede meno spesso, e si usa bere il vin brulé (anche se questo si trova in tutto il Nord) dopo la messa di mezzanotte.
San Nicolò in Trentino e in Friuli
In Trentino c’è ancora il culto di San Nicolò: se arriva di notte a lasciare i regali, gli si deve lasciare un po’ di sale per il suo asinello, a lui un bel bicchiere di grappa e infine un po’ di farina bianca per consentirgli di cancellare le proprie impronte e tracce del passaggio. In Friuli, invece, San Nicolò porta non solo regali ma anche dolcetti e oggi si mantiene la tradizione donando o facendo trovare in casa abbondante frutta secca tra il 5 e il 6 dicembre.
Liguria: doni sulla tavola natalizia
In Liguria, il pandolce – tipico regionale – è preparato alla Vigilia ma si consuma a Natale. La tavola del 25, poi, è arricchita da doni di buon auspicio. Sono di vario genere, ma tra quelli a tema culinario si trovano: mestoli forati, del sale, due panini bianchi che sono rispettivamente per chi è povero e per gli animali.
Il gioco del Panforte in Toscana
A Pienza – meraviglioso borgo toscano ricco di storia – nel senese e nella Maremma si mantengono molte tradizioni tra le quali una natalizia molto caratteristica: la competizione del Gioco del Panforte. Consiste nel lanciare il panforte lungo una tavolata di legno, facendo a gara a chi lo manda più lontano.
Il Panone di Bologna
A Bologna e in Emilia Romagna in genere, i protagonisti di Natale sono i tortellini in brodo. Ma a Bologna c’è la tradizione di far seguire ai tortellini bollito e Panone: un dolce con uvetta, cioccolato, frutta secca, vino, miele, scorza di arancia… un dolce della gioia, da condividere.
Panpepato, maccheroni dolci e parrozzo di Umbria e Abruzzo
In Umbria, i dolci sono decisamente i protagonisti del periodo natalizio e il più celebre è il panpepato: un dolce molto speziato con pepe e arricchito da cioccolato e frutta secca. I maccheroni dolci, invece, si servono con cacao e cannella per un assaggio decisamente fuori dal comune.
Simile al panpepato, per forma e ingredienti (cioccolato, frutta secca, spezie) c’è il parrozzo abruzzese, chiamato così da Gabriele D’Annunzio quando lo assaggiò nel 1920.
Zampognari
In Lazio, Umbria, Abruzzo, M0lise, Campania e altre regioni, gli zampognari rallegrano da secoli le Feste per portare gioia e doni. Indossano i tipici pantaloni alla zuava, le “ciocie” ai piedi e le zampogne sulle spalle: girano di casa in casa o nelle piazze a stimolare lo spirito di unione. Per ringraziarli, si usa riempire le loro bisacce con dolci e salumi, cosa che – secondo la tradizione – serve loro per superare l’inverno sulle montagne.
In Campania, niente carne alla vigilia
In Campania è usanza fare il cenone della vigilia e il pranzo di Natale. per la vigilia, tuttavia, il menù prevede solo pesce per tradizione: i piatti più classici e opulenti che comprendono anche crudi e molluschi. La carne, il 24 dicembre, non si mangia ed è riservata per il 25.
Krustulit in Calabria
Prima di natale, in Calabria, ci si dedica soprattutto ai dolci fritti a base anche di miele, ingrediente che mantiene un legame arcano con la civiltà greco-romana. Questi dolci si chiamano krustulit e tradizione vuole che sia la donna di casa a friggerli nell’olio. Un’altra usanza calabrese è, nel crotonese, lasciare la tavola natalizia apparecchiata alla vigilia: tredici portate diverse e un bicchiere di vino, e la mattina di Natale si diceva che la notte avesse benedetto tutto quanto.
Agnello sardo
In Sardegna c’è usanza di preparare l’agnello per Natale: questo va cotto la notte tra vigilia e Natale, così che la mattina del 25 sia reso omaggio alla terra che ha cresciuto la bestiola e lo si possa poi mangiare durante il pranzo natalizio.
Ho sicuramente dimenticato qualcosa e chiedo scusa ma entrare nei meandri delle tradizioni folkloristiche italiane significa consultare pagine e pagine di ricordi e interpretazioni. Considerate questo articolo, se volete, una base di partenza da arricchire, qualora sappiate di tradizioni peculiari natalizia nella vostra zona!