Tiramisù vegano: varianti e storia di un piatto “tipico”

Ogni tiramisù (anche vegano) è legittimo. Ecco perché, dalla storia del tiramisù alle varianti per cui non ci si indigna, ai vantaggi del tiramisù vegano con prova d’assaggio.

Tiramisù vegano: varianti e storia di un piatto “tipico”

Cosa c’è di più semplice e ubiquitario del tiramisù? Senza cottura e con ingredienti alla portata di tutti, questo dolce domestico è fatto per essere personalizzato. Savoiardi o pavesini, caffè o marsala, mascarpone o fiocchi di latte per la variante fit. Eppure scommetto che, se a tiramisù faccio seguire l’aggettivo “vegano”, qualcuno storce il naso. Visto che ne ho assaggiati parecchi vi provoco ancora di più e sostengo: ogni tiramisù (anche vegano) è legittimo.

Ne sono certa, e vi espongo le mie ragioni. A partire dalla storia del tiramisù, ben lungi dall’essere un piatto “tipico”. Passando dalle numerose varianti che già esistono e per le quali nessuno si è mai scandalizzato. Infine, vi spiego perché il tiramisù vegano è altrettanto legittimo (e anallergico) e porto una carrellata di esempi da provare senza uova e mascarpone.

Tiramisù: breve storia di una piatto “tipico”

Tiramisù

“Breve storia” non è un eufemismo. È che quella del tiramisù risale proprio all’altro ieri. La ricetta non viene ufficialmente codificata fino agli anni Ottanta, e la sua prima comparsa in tavola risale a un periodo che si colloca a cavallo dei ‘50-‘60. Ora: si sprecano le leggende circa case chiuse, suocere preoccupate per la salute della nuora, ristoratori geniali. Tuttavia bastano un minimo di ricerca (le fonti guarda caso non sono mai specifiche), pensiero critico e qualche clic fatto bene per ordinare le idee.

Il podcast DOI – Denominazione di Origine Inventata (segnalato già fra i migliori podcast sul cibo da ascoltare) ci mette meno di 6 minuti a smontare le bufale e arrivare al dunque. Partendo dal presupposto che caffè e cacao sono ingredienti diventati accessibili soltanto nel dopoguerra; che il mascarpone ha bisogno di una catena del freddo possibile solo grazie l’avvento dei supermercati; che i primi biscotti usati erano i pavesini figli dell’industria. Possiamo dedurre che il tiramisù è il dolce del supermercato, o se preferite del boom economico.

À côté ovviamente c’è la questione Friuli vs Veneto, la legittimità del PAT che pare un contentino facile facile da ottenere senza bisogno di documentata origine o disciplinare, i claim dell’Accademia e addirittura della Confraternita del Tiramisù. Voi che lo preparate da Cortina ad Amalfi (cit) sinceramente vi sentireste di definirlo un dolce tipico di qualche luogo specifico? Per tutti, soprattutto all’estero, il tiramisù è nazionale. Non importa luogo o variante: ce lo siamo sempre divorato a cucchiaiate.

Le varianti per cui non ci si indigna

tiramisù-alle-fragole
Riporta giustamente la collega Chiara Cajelli in questo articolo del 2020: “Dovete rassegnarvi all’idea che sì, può essere chiamata legittimamente Tiramisù qualsiasi ricetta di dolce al cucchiaio e stratificato con una crema”.  Quali sono queste varianti? La prima e più storica è stata quella al Marsala: da quando il vino ossidato anglo-siciliano è passato da prodotto artigianale a industriale, si è ritrovato suo malgrado più spesso nei piatti che nei bicchieri. Così nascono i drink all’uovo, le scaloppine, il tiramisù.

Se il Marsala è un arricchimento, altre varianti come tiramisù alle fragole, pistacchio, limoncello, tè matcha svolgono delle vere e proprie sostituzioni. In queste ricette infatti non c’è l’ombra di caffè o cacao, due must secondo la Tiramisù World Cup (che si tiene in Veneto, mica in Friuli, ma vabbè). Dunque torno al punto di partenza: se ogni tiramisù è valido, i tiramisù vegani sono perfettamente legittimi. E a ben vedere hanno più di qualche vantaggio.

Tiramisù vegano (o anallergico)

E se invece di chiamarlo tiramisù vegano lo chiamassi anallergico? Mi riferisco naturalmente ai due principali ingredienti della ricetta classica: mascarpone e uova. Da una parte l’estesa intolleranza al lattosio; dall’altra, oltre al rischio di allergia c’è quello della salmonella. Ricordo che dolce senza cottura significa che le uova rimangono crude a meno di pastorizzarle, e di questi tempi la favoletta delle uova felici e super sicure del contadino non regge più. Infine ci possiamo mettere l’intolleranza al glutine, un evergreen tuttavia più facilmente evitabile.

Il tiramisù vegano non ha di questi problemi perché li elimina alla radice. Certo, non vuol dire che possano emergerne altri: frutta secca e soia su tutti, ad esempio. Tuttavia la bellezza del tiramisù vegano, a differenza di quello classico, è che è inclusivo, sostituibile, trasformabile. Se riesce a imitare molto bene la ricetta “originale” tanto meglio, specie per gli appassionati di questo dolce, ma è interessante vedere come vengono interpretate altre combinazioni di sapori. Per dimostrarlo, vi porto come esempio 6 varianti che ho provato in ristoranti diversi.

Tiramisù vegani: 6 varianti da provare

Tiramisù-crudista

Partiamo dal crudista. Il tiramisù non si cuoce ovviamente ma la base sì, che si tratti di biscotti o pan di Spagna. Le varianti raw dunque usano frutta secca o essiccata tritata resa compatta con olio o sciroppo. In questo caso mandorle con crema di anacardi, cacao e caffè. Nonostante gli strati densi e il taglio netto, la crema non risulta “dura”, anzi. Prevale il sapore tostato che vira decisamente sul dolce. Sicuramente (sarà una costante) ci vuole più caffè.

Tiramisù-cocco

Il cocco è il trucco inaspettato che funziona. In questo tiramisù crema al cocco, savoiardi e frutti di bosco il suo sapore è perfettamente amalgamato e “nascosto”. Consistenza spumosa e morbida in cui il cucchiaio affonda benissimo. Spicca il cacao, e sebbene il caffè non sia prevalente, è ben bilanciato. Ottimo risultato.

Tiramisù-soia

Ceci n’est pas un tiramisù classico, però accipicchia se è buono. Questo tiramisù al latte di soia e pan di Spagna inzuppato è il perfetto esempio di quanto sia inutile aderire a tutti i costi a una dottrina. Conta il risultato: un dolce a strati davvero piacevole e per nulla pesante. Molto cremoso e poco zuccherato, è ideale per gli amanti del caffè macchiato al latte di soia.

Tiramisù-panna-soia

In questo tiramisù panna di soia e pan di Spagna troviamo più consistenza. Nel senso anche inglese del termine, ovvero di coerenza alla ricetta classica. Il “mascarpone” viene reso con panna di soia montata e zuccherata al punto giusto. Ha sapore leggero e untuoso che rende bene quello del latte cosiddetto. Prevale il cacao (c’è il bonus nascosto gocce di cioccolato) e come sempre manca caffè.
Tiramisù-anacardi
Il premio resa visiva va sicuramente al tiramisù anacardi e pan di Spagna. La sponge cake leggermente alcolica al (limitato) caffè con crema ariosa alla frutta secca ha sapore piacevole ben bilanciato. Ricorda vagamente certe merendine “brioss” dell’infanzia (chi c’era negli anni 90 sa a chi mi riferisco) arricchita da gocce al cioccolato fondente.

Tiramisù-matcha

Chiudo con un classico dessert da ristorante giapponese. Tiramisù matcha e biscotto raw, con spiccata prevalenza del tipico vegetale del tè rispetto alla dolcezza. Di fatto la base risulta più zuccherata della crema portando alla mente il cono gelato al fiordilatte. Abbastanza compatto e un pelo più “pesante” degli altri, ma sicuramente godibile.