Si cerca solo con il cane. Non è coltivabile. Nasce dalle radici di specifiche piante, querce, castagni, pioppi e tigli le più comuni. Si consuma fresco e si può conservare per una settimana circa. È un fungo ipogeo. Il profumo è composto da 120 molecole volatili.
Per degli sgamatoni come voi riconoscere in questa breve descrizione il tartufo è stato un gioco da ragazzi. Ma ci sono particolari meno noti che vale la pena conoscere.
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Perché da più parti si dice che, mentre il 2017 sarà ricordato come l’annus horribilis del tartufo, con prezzi che hanno sfiorato i 500 euro l’etto perché a ottobre, in Piemonte, non si è visto un goccio d’acqua (vera calamità per i tartufi che ne hanno bisogno come tutti i funghi), quest’anno la pioggia è scesa in abbondanza, il che fa pensare a una stagione record con calo drastico dei prezzi.
Non a caso, ad Alba, capitale del tartufo bianco e barometro del mercato nazionale, il prezzo oscilla tra 2,5 euro al grammo e 3 euro.
Laddove nel 2017 in un ristorante del centro di Milano un piatto di tagliolini al tartufo si pagava anche 100 euro, una cosa assurda, per veri eletti. Quest’anno invece lo si può gustare a meno della metà.
Il tartufo italiano
La raccolta record di quest’anno non ha riguardato soltanto il Piemonte, ma anche le zone vocate in Emilia, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Calabria. Perché il tartufo non è soltanto di Alba o Acqualagna, anche se una mappa del tartufo italiano non può che partire da lì.
Tartufo d’Alba
La storia moderna del tartufo d’Alba, in Piemonte, inizia nel secondo dopoguerra, quando un ristoratore ingegnoso, Giacomo Morra, omaggia con grandi tartufi i personaggi più in vista dell’epoca, da Wiston Churchil a Stalin, dal presidente francese De Gaulle al Papa.
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In cucina il tartufo di Alba pretende rispetto. Meglio evitare i cibi troppo saporiti che ne nascondono il sapore.
Tartufo di Acqualagna
Da anni nel piccolo comune marchigiano si tiene una mostra/mercato molto visitata. I tartufi dei boschi limitrofi sono di ottimo livello e aroma intenso, sia nella varietà bianca che nera. Il tuber magnatum pico, il tartufo bianco più pregiato, si trova soprattutto a Sant’angelo in Vado e a Sant’Agata Feltria, nel pesarese, da ottobre a dicembre.
Il tartufo nero si raccoglie invece da dicembre a febbraio nella zona di Acqualagna (Pesaro), Comunanza (Ascoli Piceno), Visso (Macerata).
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Il bianchetto o marzuolo è raccolto a fine inverno nelle zone di Fossombrone (Pesaro), mentre gli scorzoni, d’estate e d’inverno, si trovano in tutta la zona.
Tartufo di Norcia
I boschi umbri forniscono tartufi nelle tre tipologie più note: nero pregiato, scorzone estivo e bianco. Diffuso nello spoletino, nei Monti Martani, quelli di Trevi e il Subasio, il nero pregiato matura da novembre a marzo. È tanto simile al tartufo nero di Périgord, che la Francia importa per coprire il suo fabbisogno.
Il tartufo bianco cresce invece nell’alta Valle del Tevere, nei dintorni di Gubbio e di Orvieto. Si raccoglie da ottobre a gennaio.
In Umbria il tartufo nero si condisce con una salsa preparata scaldando olio o burro con poco aglio, acciuga, e fuori dal fuoco ma a salsa ancora calda, un’aggiunta di tartufo nero grattugiato o tritato. Ottimo con le terrine e nello sformato di parmigiano, reso prezioso dalle scaglie di trifola condite con olio extravergine d’olive e passate al forno.
Tartufo di San Miniato
In Toscana le zone più ricche sono quelle di San Miniato, delle Crete Senesi, in particolare la zona collinare di San Giovanni d’Asso. A San Miniato, nei fine-settimana di novembre, la piazza e il loggiato del paese ospitano una bella mostra del tartufo bianco.
Tartufo di Fragno
Fragno appartiene al comune di Calestano, in provincia di Parma. Dal punto di vista morfologico, il suo tartufo è a tutti gli effetti uno scorzone estivo, solo che si raccoglie da settembre a dicembre.
Ragione per cui ha profumo e sapore più intensi, un colore marcato e la parte esterna delle spore si espande creando degli alveoli a forma di uncino.
Tartufo del Molise
Nonostante i cavatori aumentino, come la diffusione nel mercato italiano e straniero, non tutti sanno che tra le colline molisane si trovano buoni tartufi. La varietà più nota è il tartufo bianco, ma il periodo di raccolta inizia dopo rispetto al Piemonte, va da gennaio a marzo.
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A primavera invece, si raccoglie il meno pregiato scorzone. Le ricette coinvolgono soprattutto la pasta, per esempio le linguine condite con burro e tartufo e le bruschette tartufate.
Tartufo del Cicolano
Cos’è il Cicolano? Un angolo della provincia di Rieti dove si cercano e raccolgono tartufi bianchi e neri da tempo immemorabile. I paesi sono Borgorose, Petrella Salto e Varco Sabino.
Altra risorsa di questa zona è lo scorzone, riconoscibile dalla forma tondeggiante e dal sapore acerbo.
Tartufo calabrese
Poco valorizzato, il tartufo in Calabria è una risorsa da sempre, specie sui monti del Pollino e della Sila, in Aspromonte, sulle Serre, in provincia di Catanzaro e in certe zone pianeggianti a Sibari e Pizzo.
Per alcune varietà come il nero estivo e il bianchetto, nelle stagioni che lasciano il segno, si può arrivare a raccoglierne decine di chili, per altre come il bianco, che è assai più raro, si parla di quantità minime.
Il tarfufo in cucina
Comprare un tartufo buono è impegnativo da ogni punto di vista. Non è semplice neanche cucinarlo bene, valorizzando aromi e sapori che è in grado di sprigionare.
Semplificare è quasi sempre la cosa giusta: l’abbinamento con il burro, la grattata sulla pasta, le uova, la carne cruda, insomma, ingredienti dalla percezione papillare neutra.
Ma se serve qualche idea in più ce l’abbiamo.
Tartufo bianco
Ricettarlo è complicato, perché il delicatissimo tartufo bianco non si trita, non si mescola, soprattutto non si cuoce, se si vogliono mantenere le sostanze volatili che regalano il profumo inconfondibile e il lieve sentore di nocciola.
Invece, si spazzola, con mano leggera, usando uno spazzolino morbido, perfetto lo spazzolino da denti per bambini. Scusate se siamo categorici ma non lavatelo, non strofinatelo con teli umidi, non passatelo sotto il filo dell’acqua corrente.
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Come per tutti i funghi la struttura spugnosa s’inzuppa d’acqua facilmente, e ha una fastidiosa propensione a marcire.
Ragione per cui, se proprio dovete conservarlo, non superate i 3-4 giorni dall’acquisto e preservatelo il più possibile dall’umidità tenendolo avvolto nella carta assorbente o, come d’abitudine, nel riso, chiuso in un barattolo e riposto nella parte meno fredda del frigo.
In cucina la cosa migliore è affettarlo a scaglie sottili con l’apposito affetta tartufo a lama regolabile o una mandolina ben affilata, su un piatto fumante di risotto alla parmigiana, tagliatelle al burro fuso o sull’uovo all’occhio di bue della tradizione.
Tartufo nero
A differenza del parente nobile, il nero si esprime proprio durante le cotture, che ne intensificano i sentori. Intendiamoci, niente di violento. Non va soffritto, non va rosolato. Mettetelo nei ripieni, per esempio di ravioli e tortelli, con una base di patate lesse o stracchino.
Un onesto pâtè di fegato di vitello o di fegatini di pollo, sfumati con una goccia di Cognac, si trasforma in un piccolo capolavoro se arricchito con il tartufo nero, tritato grossolanamente.
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Spettacolari le ricette più goderecce, come gli spaghetti alla nursina: olio, acciughe e tartufo nero grattugiato.
Compare bene
Da ultimo, un consiglio per l’acquisto. Cercate le taglie più sode tra i 60-80 grammi, dal profumo potente.
Anche se, secondo la più recente vulgata gourmet, andrebbero cercati soprattutto tartufi piccoli, da 10-30 grammi, con i buchi lasciati dalle lumache ben in vista.