Quanti tagli di salmone conosci? Se parliamo di fresco, sai sicuramente che esistono il filetto, stretto e lungo, e il trancio a forma di C, che puoi acquistare intero o diviso nelle due metà. Probabilmente, hai sentito anche il termine baffa, che è in pratica la mezzena del pesce intero, sfilettato lungo la lisca.
Sono baffe intere gli scenografici salmoni affumicati che troneggiano dei cesti natalizi più lussuosi. Mentre la baffa fresca è perfetta per un salmone marinato con sale e zucchero da preparare per tanti ospiti (trovi la ricetta tra queste 12).
Questo pezzo comprende, come evidente, tutte le parti che vanno dalla coda alla testa, dalla schiena alla pancia.
Se, quando scegli la carne, fai mille ragionamenti sulle caratteristiche del taglio e sul piatto che vuoi eseguire, lo stesso vale anche per il pesce, e per il nostro salmone.
Riconoscere i tagli
Per farmi raccontare tutto quello che avrei voluto sapere sui tagli del salmone, ma non avevo mai osato chiedere, ho fatto una chiacchierata illuminante con uno che ne sa.
L’esperto in materia è il parmense Claudio Cerati di Upstream. I suoi salmoni, pescati e allevati alle Isole Faroe (o Fær Øer, se vuoi fare il figo!), sono lavorati in Danimarca e commercializzati al naturale o affumicati, utilizzando legni di faggio dell’Appennino. Un prodotto di alta qualità in cui, naturalmente, nulla è lasciato al caso. A cominciare appunto dai tagli, per arrivare a preparazioni e abbinamenti.
Il filetto
Partiamo dunque dal dorso, da cui si ricava il cuore di filetto, tagliato a partire dalla testa fino a circa metà della lunghezza del pesce, prima che la polpa si assottigli per arrivare alla coda.
“È la parte più interessante e la più dolce”, spiega Cerati. “Insieme alla coda, è il taglio meno grasso, compatto ma con una consistenza cremosa, quasi ‘scioglievole’, e un gusto delicato e fragrante”.
Appena più sapido è il filetto vero e proprio, posizionato subito sotto al cuore, parallelo alla lisca. Queste parti, sia nel fresco che nell’affumicato, sono entrambe adatte per il sashimi, fettine un po’ spesse. L’abbinamento suggerito è con i lamponi, per aggiungere un tocco di acidità e freschezza.
La ventresca
Nella stessa regione, dalla testa a circa metà della lunghezza del salmone, scendendo sotto la spina centrale arriviamo alla ventresca. Che, proprio come nel tonno, è parte pregiatissima: “Leggermente più grassa del dorso, ma non per questo meno delicata, la ventresca è più salmastra, ‘sa più di pesce’, per così dire”.
Il sapore marino, più accentuato già nel prodotto fresco, fa il paio – in quello lavorato – con un’affumicatura più decisa dovuta allo spessore minore, in cui le note aromatiche si concentrano.
L’abbinamento qui si fa per affinità. Per esempio con una burrata, che esalta morbidezza e dolcezza di questo taglio. Fresca, la ventresca è ottima da cuocere perché rimane morbida e succosa.
Il classico
Spostiamoci ora verso la coda per il taglio triangolare denominato “classico”. Anche in questo caso, lo spessore si assottiglia e quindi, nell’affumicato, il gusto sarà più deciso, sebbene la sapidità resti bassa. È un taglio versatile, adatto a crostini e canapè, ma soprattutto ideale per la tartare.
La ricetta top di Cerati? “Una dadolata fine al coltello profumata con un goccio di whisky torbato, cubetti di mela verde, zenzero tritato – non grattugiato – e pepe”.
Il trancio
Torniamo da dove siamo partiti per parlare dei tranci. Che, alla luce di quanto imparato, diventano particolarmente interessanti dal punto di vista gastronomico perché comprendono la parte del dorso, con cuore e filetto, più la ventresca.
Il consiglio di Cerati è di cuocerli in padella, al naturale, inframezzando tra pesce e tegame un pezzo di carta da forno: assaggiali in purezza, accompagnati da una maionese casalinga. Per sperimentare, in un’unica fetta, sapori e consistenze diverse.