- Cos’è il surimi
- Come viene fatto il surimi
- Come usare il surimi in cucina
- Come scegliere il surimi migliore e come conservarlo
Dal profilo sensoriale marcato e dall’aspetto facilmente riconoscibile, il surimi è un ingrediente divisivo. I nomi poco lusinghieri che gli sono stati affibbiati nel corso del tempo la dicono già lunga: da “granchio finto” a “bastoncini di granchio” (quando del crostaceo, in realtà, non c’è traccia). Prodotto da usare al volo così com’è, pronto per un pasto veloce o un’insalata di mare, continua ad accendere il dibattito sugli effetti che provoca a livello salutare e ambientale. Ma se non è granchio, cos’è davvero il surimi? Come viene prodotto, come possiamo usarlo al meglio in cucina e ancora, fa davvero male alla salute?
Cos’è il surimi
“Carne macinata”, recita la traduzione giapponese del termine surimi. Carne nel senso più ampio del termine, che può racchiudere (e qui è decisamente il caso) anche quella di pesce. Dietro i bastoncini arancioni e bianchi che recano questo nome si cela un’evoluzione gastronomica che parte da un prodotto artigianale di base e arriva all’industrializzazione che lo ha portato sulle nostre tavole.
Surimi nella cucina giapponese

Il surimi ha radici antiche ed è usato in Giappone da diversi secoli. Si tratta di una preparazione a base di pesce tritato (il più delle volte merluzzo dell’Alaska, specie comune anche nelle acque nipponiche) che serve molteplici scopi. Nasce come ingrediente di base, utile a dare vita a diverse altre preparazioni e piatti.
Se siete amanti di manga e di cultura asiatica in generale, conoscerete sicuramente il narutomaki, i dischetti bianchi con spirali rosa che si trovano spesso nei ramen. Ecco, l’ingrediente principe di questo “panetto” di pesce, poi tagliato a rondelle, è proprio il surimi, che ritroviamo anche nel kamaboko o nel chikuwa.
Il surimi industriale che utilizziamo oggi
I bastoncini che troviamo oggi nei supermercati sono una versione standardizzata e industriale di questa preparazione. La lavorazione è simile, ma con l’aggiunta di ingredienti extra che lo rendono un prodotto iper-processato. Per questo il surimi non è esattamente un prodotto salutare (come, d’altronde, tanti altri cibi industriali), di cui è bene non abusare.
Il risultato della lavorazione, dicevamo, sono i bastoncini arancioni e bianchi che tutti conosciamo, spesso chiamati erroneamente “polpa di granchio” o “bastoncini di granchio”. C’è chi grida al complotto, perché del granchio, in verità, c’è solo l’aroma. La preparazione giapponese “originale” più simile, anche per aspetto, a ciò che conosciamo dalle nostre parti prende il nome di kanikama: è relativamente recente e nella sua “messa a punto” c’è anche lo zampino degli Stati Uniti.
Come viene fatto il surimi
Lo dicevamo: il surimi ha un po’ due anime. Una più “artigianale”, legata alla tradizione culinaria del Giappone, e una seconda industriale, quella che lo ha portato fino alle tavole americane ed europee. Si tratta sempre comunque di una preparazione a base di pesce, che nello scenario per noi più comune assume la forma di bastoncini bianco-arancioni.
Ingredienti principali
L’ingrediente base è generalmente il merluzzo d’Alaska, ma non sono escluse altre specie di pesci, come i nemipteri, il suro e certe carpe e sgombri. Ma la “carne”, come dice l’etimologia della parola, è poca cosa in percentuale rispetto al resto degli ingredienti (parliamo del 30-40% del totale, e spesso sotto forma di scarti), che sono:
- Amidi e addensanti – come la fecola di patate –, per dare struttura e consistenza;
- Aromi e sale (in grandi quantità), per spingere al massimo il gusto, che finisce per ricordare il granchio;
- Proteine dell’uovo, per migliorare la consistenza e l’elasticità;
- Coloranti naturali o artificiali, responsabili delle classiche striature arancioni e usati per contribuire all’effetto “bastoncini di granchio”.
Il processo di lavorazione
Il surimi come lo conosciamo e consumiamo oggi in Europa e America è frutto di una vera e propria messa a punto tecnica. È stato il giapponese Nishitani Yōsuke a perfezionarne la ricetta che ne ha permesso l’industrializzazione e la commercializzazione su larga scala. Il processo di lavorazione passa attraverso tre fasi principali:
- Lavaggio e sminuzzamento del pesce: il pesce viene pulito, lavato e sminuzzato per ottenere una pasta bianca.
- Impasto e modellazione: la pasta di pesce viene miscelata con gli altri ingredienti e lavorata fino a ottenere una consistenza uniforme.
- Cottura e confezionamento: il composto viene poi modellato, cotto e confezionato, pronto a essere venduto.
Il surimi è davvero “finto granchio”?
Chiamare il surimi industriale “pasta di granchio” o “bastoncini di granchio” è tecnicamente (e legalmente) incorretto, poiché del granchio questo prodotto ha solo l’aroma – e il colore. La polpa di granchio “reale” è bianca, tenera e fresca, usata per insalate e primi piatti.
Come usare il surimi in cucina
Il surimi è un ingrediente pronto all’uso e per questo spesso usato per impiattare ricette al volo, come l’insalata di surimi. Può anche essere consumato al naturale o come ingrediente di piatti più elaborati. Parliamo pur sempre di un preparato di origine giapponese, per cui vien da sé la menzione del sushi, che contiene il surimi soprattutto nella versione (e di qui di nuovo entra in parte in gioco l’America) dei California roll.
Più sopra citavamo il narutomaki, i simpatici dischetti a base di surimi: questi sono comunemente usati per il ramen. Oltre alle insalate, il surimi può essere reso protagonista di piatti di pasta fredda insieme a verdure come le zucchine. Piccola nota: il surimi è solitamente venduto precotto, ma spesso congelato. In questo caso, ça va sans dire, occorre scongelarlo prima del consumo.
Come scegliere il surimi migliore e come conservarlo
Non tutti i surimi sono uguali. Al momento dell’acquisto, controllate la lista degli ingredienti: un buon surimi dovrebbe, idealmente, contenere una percentuale elevata di pesce e meno additivi possibile. Evitate, se possibile, i prodotti con troppi conservanti e preferite quelli che specificano chiaramente il tipo di pesce utilizzato.
Per quanto riguarda la conservazione, tutto dipende dalla natura del prodotto che acquistate: se fresco, il surimi va conservato in frigorifero e consumato entro pochi giorni dall’apertura; se surgelato, va conservato in freezer e scongelato lentamente in frigo prima del suo utilizzo.