Hai presente la sigla di The Big Bang Theory? In una manciata di secondi ripercorre la storia dell’essere umano da Neanderthal ai nerd. Se immaginassimo una trasposizione applicata alla cucina, partiremmo dalle fiamme libere del primo fuoco per arrivare all’induzione. E sopra, in ogni frame, ci sarebbe sempre una pentola. O una marmitta, una pignatta, un tegame, una casseruola, una padella, un wok…
Fra gli utensili, quelli per la cottura sono sicuramente tra i più longevi e diffusi al mondo, in tutte le culture e in tutte le epoche. E si sono evoluti al pari delle tecniche di cottura, ma anche della società, degli usi, dei consumi (sì, anche dei costumi).
Senza spingerci troppo indietro nel tempo, ognuno di noi potrebbe ripercorrere la storia della sua famiglia tramite le pentole usate da nonne, mamme e qualche raro papà (erano altri tempi, signora mia).
Io ho fatto questo rewind accompagnata da un designer e un cuoco. Marcello Cutino di Bcf Design progetta da oltre 35 anni per Alluflon, gruppo sul mercato anche con i marchi Moneta e Berndes, storico brand tedesco. Giancarlo Morelli è patron di quattro insegne illustri: il Pomiroeu di Seregno, il ristorante che porta il suo nome e il Bulk Mixology & food bar all’Hotel Viu di Milano, il Phi Beach in Costa Smeralda.
Secondo lo chef, “La pentola è il braccio allungato del cuoco. E, come lui, va al passo coi tempi”. Facciamola, allora, questa passeggiata.
Anni Sessanta: l’antiaderente
Mentre i Beatles iniziano a scalare le classifiche, le gonne stanno per accorciarsi e nel mondo vedono la luce le prime proteste giovanili, in cucina resiste il baluardo della tradizione. Ma la modernità sta per affacciarsi anche ai fornelli.
In Germania, Berndes ha introdotto ormai da un decennio il rivoluzionario (per i tempi) rivestimento antiaderente. I primi prodotti non-stick sbarcano anche in Italia grazie a Moneta, fino ad allora famosa per le pentole colorate in smalto.
Anni Settanta: viva la pasta
La pentola del decennio è quella per cuocere gli spaghetti, dice Cutino: “La più grande e la più usata, affiancata da tegami e tegamini”. Tutti affastellati contemporaneamente sul fornello, ognuno con la sua pietanza in cottura. I pasti sono costruiti sulla classica triade primo-secondo-contorno, messa in tavola ogni santo giorno.
Chi (gli anziani, ma non solo) ancora ricorda le difficoltà patite durante gli anni dei conflitti, dà valore alla quantità. “Persino i ristoranti sono giudicati da quanto cibo servono nei piatti, più che dalla sua qualità”, osserva il designer.
La cucina, intesa come luogo prima ancora che come attività, è appannaggio delle donne, che ne difendono lo spazio: non ci si entra senza permesso e, soprattutto, non ci si riceve. Per gli ospiti c’è la sala da pranzo o, tutt’al più, il tinello.
Il design, però, guarda avanti e inizia a strizzare l’occhio alla cultura popolare: Berndes lancia la linea Bonanza, che prende il nome dalla celebre serie western. Ci si sente tutti un po’ cowboy, a cuocere fagioli e salsicce in tegami di ghisa nera con manici in legno.
Anni Ottanta: l’era delle padelle
Due i mutamenti più significativi. Il primo: le donne escono dalla cucina, vanno a lavorare e hanno meno voglia/tempo di stare ai fornelli, vivaddìo. Il secondo: tutti cominciano a viaggiare. Che sia per turismo o per business, il mondo si fa più piccolo.
Bcf disegna per Moneta una linea internazionale che esplora gli strumenti legati alle tradizioni culinarie degli altri, come la paellera e il wok, per soddisfare la voglia di esotico. Mentre le multipiastre, per grigliare contemporaneamente più ingredienti, e le “padellone” sono dedicate a una cucina più veloce e semplice sin dai condimenti.
I pentoloni finiscono in fondo alla credenza. Inizia ufficialmente l’era delle padelle.
Anni Novanta: spigoli e colore
Un passo alla volta, la cucina sta assumendo nella vita delle persone un ruolo di importanza sempre maggiore. Se ne accorge anche il design.
Cedendo alla tentazione di provocare, nel 1991 Aldo Rossi disegna per Alessi La Cubica, pentola tutta spigoli, pratica da riporre (nelle intenzioni del progettista), meno da usare nell’esperienza di chi si è trovato a raschiare cibo bruciacchiato dagli angoli. E chissà se l’architetto milanese ci si metteva mai, ai fornelli.
“Per disegnare una pentola, saper cucinare aiuta”, nota Cutino, sottolineando il valore dell’esperienza. Che, però, deve essere mediata dalla progettualità. “Per dire: molti chef hanno provato a disegnare pentole. Ma spesso hanno fatto qualcosa di troppo personale, poco fruibile dal pubblico comune”.
Verso la fine del decennio, Bcf recupera l’uso del colore, che vivacizza esternamente le linee antiaderenti. Rame, blu pavone, sfumature, forme bombate, fondi decorati: la cucina diventa un luogo caldo e accogliente. Rassicurante. Finalmente, si può aprire: sì, anche agli ospiti.
Primi anni Duemila: a cena in cucina
A cavallo del Millennio, la parola d’ordine diventa convivialità. Nelle liste nozze spopolano set da bourguignonne e da raclette. Le neocoppie mettono su casa dedicando a forni, piani cottura, frigoriferi, stipetti e banconi la stessa cura adottata, un tempo, nella scelta degli arredi del soggiorno, che comincia ad aprirsi proprio sulla cucina a vista.
Si disegnano pentole e piastre che passano con eleganza e disinvoltura dal fornello alla tavola e altre, come No Smoke di Moneta, che riducono la produzione di fumi e odori mentre si grigliano carni, pesci e verdure dando le spalle agli ospiti.
La cucina all’americana, in realtà, è sintomo anche di un altro cambiamento: le case si fanno più piccole, gli spazi ridotti.
Alla curiosa Donburi pan giapponese, il padellino salvaspazio con il manico in verticale che non ingombra i fornelli, il design occidentale risponde con soluzioni più funzionali come i manici rimovibili, grazie ai quali le padelle si possono impilare negli stipetti.
L’evoluzione ultima saranno le moderne pentole multifunzionali, il tegame e la casseruola che si usano separatamente, poi si accoppiano, uno diventa il coperchio dell’altra e vanno in forno, moderna cocotte.
Dagli anni Dieci ai giorni nostri: accendiamo l’induzione
A un certo punto, la cucina esplode come fenomeno di massa. Diventiamo tutti pazzi per gli chef, onnipresenti in tivù. Andare al ristorante non è più uscire a mangiare, ma fare un’esperienza. Milano dedica al cibo l’Expo. Sui neonati social di parla sempre più di “food”, assaggiato e cucinato. È l’era dell’edonismo culinario, bellezza.
I designer si ispirano al mondo professionale per strizzare l’occhio ai sempre più numerosi cuochi amatoriali (molti i maschietti) e le linee si arricchiscono di utensili come coppapasta, colini, frustini, pennelli, pinze, spatole di ogni foggia e funzione.
“Riguardando agli ultimi quattro decenni, non c’è periodo nella storia umana che abbia visto una maggior concentrazione di cambiamenti tecnologici. Insieme ai quali sono mutate anche le tematiche e i valori su cui la società si è sviluppata”, sintetizza Cutino.
L’ultima rivoluzione, in ordine di tempo, è dunque tecnologica: l’induzione.
“Oggi, che la fonte di calore non è più il fuoco, sono dovuti cambiare gli strumenti che, per mezzo del cuoco, fanno da tramite proprio tra il calore e il cibo”, osserva Morelli.
Dal punto di vista progettuale la sfida è sulle forme e i materiali dei tegami, che devono essere disegnati per irradiare il calore in modo uniforme, i fondi risultare perfettamente piatti.
“L’induzione tende a centralizzare il calore”, spiega Morelli, “e la pentola deve poterlo distribuire. Deve essere pesante e spessa, capace di sopportare la violenza immediata di questa tecnologia”.
Rapida, pulita, efficiente: l’induzione sembra in linea con questi tempi in cui nessuno più ha la pazienza di aspettare.
Ma oggi vale tutto e il suo contrario e assistiamo anche al ritorno della lentezza. “Si riprende in mano la cucina come una volta”, considera lo chef. “Non una cucina vecchia, ma contemporanea tradizionale. In un tegame contemporaneo tradizionale”.
Sarà la nostalgia di noi boomer (sì sì mi ci metto anche io!), sarà che i cari vecchi sapori del passato sono duri da abbandonare in favore dei moderni cibi poco più che crudi, al rosa, al dente, croccanti a tutti i costi.
Resta che nelle nostre cucine tornano casseruole e rostiere, fanno capolino le slow cooker e chi aveva comprato (fortunato!) l’abbattitore per farsi il sushi, oggi lo usa per la lievitazione del pane o per cuocere a bassa temperatura.
E anche fra le pentole ce ne sono di insostituibili. Morelli indica quelle di rame e di ghisa come suoi must-have. Io ci aggiungo il coccio. Che come ci si cuoce la pasta e fagioli nulla mai.