La mia inesistente pratica cucinifera di single dura ormai da parecchi anni. E’ sempre (circa) lo stesso schema idiota: “ma perché cucinare?, ma devo correre fuori dall’ufficio, ecchepalle il supermercato con gli altri travet, non ho tempo (‘tempo’ uguale ‘voglia’), poi ci metto una vita … bla bla bla”. (A proposito: sarebbe curioso sapere quali altre scuse utilizzano le persone qui intorno per non cucinare seriosamente). Io che mi pensavo (cit.) che la vita da single fosse un inevitabile toccasana per il mio palato/stomaco/fegato/gusto (*nota a pie’ di post) e generico appeal.
Niente di tutto cio’ perche’ da subito ho avuto la fase “scorta pasta”, dove il nostro eroe abortisce la low-cost e s’inerpica in scelte sempre piu’ complesse di finezze gragnanesi da 210 minuti di cottura. Poi il biologico fair trade. Infine solo ai negozi feinkost. Poi si pente e torna al super. Poi non ha piu’ spazio, anche se quella li’ che ne parla il Carlin Petrini pare una bomba.
Ma la pasta ha un difetto. Non ha scadenza a breve. E il single disarticolato tende a fare la scorta.
Il raviolo alla Gio’ Rana invece ha dalla sua la scadenza a semibreve, che lavora benissimo sui sensi di colpa. Per il raviolo, la fase trendy dura di piu’. Ma anche lui ha il suo bel difetto: per quanto brevissima, una passata in acqua bollente (non salata nel mio caso) deve essere inserita nella gestione del last-minute.
E il sempiterno dilemma del sughetto? Quello nostrano di pomodoro della zia arriva ___sempre__ in quantita’ industriali, per cui dopo un po’ … stomaca. Quello da vasetto, anche se bio naturalmente, e’ pensato per chi non mangia da solo, perche’ io c’ho il vizio di “o lo finisco o lo butto” (uguale al vino).
In questo (e altri) caos pre terza_eta’ si inserisce finalmente la piadina. No, non quella che vai sul lungomare e ti gusti con brezza e passeggio di villeggianti puzzolenti di cocco. Quella che compri al super.
Non mi spiego perche’ ma ho rifiutato dall’inizio il confronto con diversi tipi di, concentrandomi solo sulla piadina della Coop, a marchio Coop. Non contento, e affascinato dallo splash pubblicitario in copertina ho anche sempre preso quella nel frigo all’olio d’oliva, cioe’ senza strutto. Davvero, non so perche’.
Ci metto i salumi fighetti della Coop, i carciofini fighetti della Coop, l’insalata popolare della Coop (ma non ditelo a Petrini per favore, che la pago 18 E/chilo), aggiungo formaggio a caso e olio d’oliva, quest’ultimo forse unica espressione di una certa ricerca di qualita’ e gusto. In definitva sono soddisfatto della mia padina all’olio d’oliva conciata peggio di rin-tin-tin.
Le alternative uniche accettate sono i vari tentativi al kamut … ma lo so che non vale.
Ieri sera invece mi e’ skizzata in mano la confezione da 5, sempre dal frigo, di una roba artigianale (siiiiiiiiiiiiiiiii, credici) fatta dalle parti di Riccione.
Belin e’ proprio buona.
(*pie’ di post: mia mamma ha sempre cucinato eliminando ogni parvenza di grasso e sapore da ogni cosa, ne avesse lumato l’esistenza avrebbe trasformato il lardo in prosciutto cotto)
[Immagine: Flickr/Nicola D’Agostino]