Scozia, Tudor, burro: ecco le tre cose principali che mi viene spontaneo associare allo shortbread, il biscotto scozzese famoso anche in Inghilterra e a altre nazioni europee fatto – ora – con soli tre ingredienti. Dolci, con una spiccata nota salina a bilanciare e a far salire l’acquolina, friabili e morbidi al taglio, uno dei brand più conosciuti li vende in stupende confezioni di latta con la tipica trama scozzese rossa: ieri sera li ho preparati e ho deciso di raccontarvi origini e caratteristiche di questo “pane friabile“.
Prima che ci si fraintenda: no, lo shortbread scozzese non è una semplice frolla bensì qualcosa di più semplice per quanto riguarda gli ingredienti ma allo stesso tempo più strutturato per quanto riguarda l’equilibrio dei sapori. Come quasi sempre accade per le ricette tradizionali, anche le origini degli shortbread sono da cercare nel Medioevo, per un percorso che si evolve soprattutto durante l’epoca Tudor e che coinvolge direttamente e personalmente anche una famosissima regina del passato. Ma andiamo per passi, che è una storia interessantissima da leggere – almeno quanto la storia della panna cotta che ho recentemente pubblicato.
Origini degli shortbread
Come anticipato, per conoscere le origini dello shortbread si deve fare un bel salto nel tempo e percorrere i secoli che ci separano dal Medioevo. Siamo in Scozia, e ci si sofferma poi in questa Nazione, ma i biscotti oggi protagonisti non sono sua esclusiva: impasti simili si trovano in tutto il Regno Unito e anche in Danimarca, negli Stati Uniti e in Svezia – dove sono chiamati Drömmar (che significa “sogno”, si riconosce infatti la stessa radice inglese “dream”).
Ingredienti poveri, prima dei Tudor
L’impasto antenato degli shortbread era a base di pane – come, d’altronde, suggerisce il nome stesso (“bread“, pane): pane vecchio e raffermo ma da riciclare, e quindi cotto ulteriormente (bis-cotto) e servito molto tostato. Un altro ingrediente che non è più presente negli shortbread scozzesi è il lievito di birra, presente nel pane. La struttura del pane lievitato cotto nuovamente portava a una consistenza molto friabile (“short” in shortbread è termine in disuso che significa proprio “friabile”), che è rimasta condizione fedele negli shortbread durante tutte le evoluzioni. Come ottenerla, senza lievito? La risposta è tanto burro, ingrediente sul quale la Scozia ha pochi eguali, e che è strettamente collegato alla cultura del territorio. La versione degli shortbread con il burro, tuttavia, era un lusso che solamente i più abbienti potevano permettersi ma le cose iniziarono a cambiare con l’epoca dei Tudor. Con i Tudor, infatti, la classe media crebbe rendendo più accessibili alla massa alimenti che prima non lo erano: il burro fu uno di questi.
Maria Stuarda, quella golosona
La vera svolta per i shortbread, ovvero il momento che sancisce ufficialmente la loro natalità scozzese, arriva grazie a Maria Stuarda regina di Scozia. Mary Stuart regnò durante il Cinquecento e si narra che amasse tantissimo questa ricetta, tanto che ne studiò personalmente una versione ben precisa – rimasta poi pressoché invariata: aggiunse lo zucchero, e si divertì a presentarli nelle due classiche forme che ancora oggi li distinguono (lo racconto tra qualche riga). Comunque grazie, cara Maria Stuarda!
La ricetta “ufficiale”
La regina Mary Stuard ha sicuramente conferito alla storia una svolta decisamente peccaminosa, ma di fatto la prima ricetta degli shortbread stampata nero su bianco non apparve prima del 1736, oltre cento anni dopo il regno della Queen. Protagonista di questa settecentesca parte di storia è la scozzese Mrs. McLintock, che incluse i shortbread nel libro di ricette “Mrs. McLintock’s Recipes for Cookery and Pastry-Work”.
Shortbread: caratteristiche
Questo biscotto può distinguersi da tutti gli altri fondamentalmente per due fattori: la forma – che, se è quella tradizionale, è inconfondibile – e il sapore – bisogna, dunque, assaggiarli. Ecco quindi le principali caratteristiche degli shortbread, spiegate da vicino.
Tre ingredienti +1
Stando alla ricetta ufficiale e originale, ovvero quella già delineata dalla regina Maria Stuarda e poi da Mrs. McLintock nel Settecento, gli ingredienti principali per fare lo shorbread scozzese sono fondamentalmente tre: zucchero, burro, farina in una proporzione ben precisa ovvero 1 parte di zucchero, 2 di burro, 3 di farina. Esatto, non ci sono uova. L’ingrediente “+1” che ho citato nel titoletto è il sale: abbondante, fondamentale per conferire quel tipico sapore che rende gli shortbread davvero indimenticabili. Molte ricette includono anche la vaniglia, altre ancora sostituiscono parte della farina con farina di mandorle… non so, io amo attenermi all’originale.
Forme tipiche
Non so se avete fatto caso all’articolo davanti a “shortbread”: a volte ho usato “lo”, altre “gli”. Non sono pazza, valgono entrambi per un motivo ben preciso strettamente correlato alla forma di questo biscotto scozzese. Si parla di shortbread al singolare perché in origine l’impasto era cotto in un unico pezzo tondo e poi tagliato a spicchi nel momento in cui si serve (come si vede nell’immagine principale dell’articolo): è il motivo per cui anticamente era chiamato “petticoat tails”, appellativo che si riferiva alla somiglianza tra i biscotti tagliati e i pezzi di stoffa usati per le sottovesti delle dame di corte. Si parla di shortbread al plurale quando si presenta già in monoporzioni, che possono essere tonde (“round shortbread”) o rettangolari a bastoncino. La forma a bastoncino è solitamente ricavata dall’impasto già cotto e tagliato quando è ancora caldo, invece quella tonda è ricavata già a monte dall’impasto crudo e steso. C’è, infine, chi ama cospargerli con zucchero semolato prima della cottura.