E anche la terza sera si è conclusa con una degustazione di birra.
Il pretesto, stavolta, è stato quello di chiedere a tre birrai italiani le loro cinque birre preferite, inclusa una propria.
Lo abbiamo chiesto a Teo Musso (Baladin), a Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo) e a Donato Di Palma (Birranova).
Teo Musso, fresco della recente apertura del nuovo birrificio, inaugurato il 14 luglio in occasione dei 30 anni di Baladin, è il più grande artigiano brassicolo della penisola. Consumatore sovversivo di birra dagli anni ’70, ha iniziato sorseggiando a naso tappato Lager industriali. Un atto provocatorio nei confronti del padre, contadino viticoltore delle Langhe.
Ma, nel ’79, la svolta: scopre che non è obbligatorio soffrire quando si beve birra.
Una scoperta illuminante, questa, che segnerà indelebilmente tutto il suo percorso futuro.
Queste le birre rappresentative per il percorso di Teo Musso:
- Chimay Tappo Blu, quella assaggiata nel ’79. Galeotta fu quella trappista…
- Orval, sempre trappista, sempre belga.
- Duchesse de Bourgogne, birra fiamminga ad alta fermentazione. “Con dei giochi di equilibrio accattivanti”. Sì, a Teo piace complessa.
- La Cochonne di Jean Louis Dits, il suo mentore. Quella a cui si è ispirato per la sua prima birra messa in bottiglia (la Super Baladin).
- Isaac, la birra creata per convincere il padre che anche dalla fermentazione dei cereali può nascere qualcosa di buono.
Per il laziale Leonardo Di Vincenzo, reduce dal polverone sollevato dall’assorbimento di Birra del Borgo da parte del colosso industriale belga-brasiliano Ab InBev, le rivelazioni sono state:
- Saison di Brasserie Dupont, birrificio belga. Elegante, complessa, dalla beva e dall’abbinamento facile.
- Deuchars Ipa di Caledonian Brewery
- lo stile Lambic, mondo di giunzione tra vino e birra che oltrepassa la concezione a scatole chiuse, con confini definiti.
- 60 Minute IPA di Dogfish Head Craft Brewery
- Equilibrista, che tenta di sfatare l’eterno e inconcludente dualismo vino/birra. Un’idea moderna, divertente e liberatoria.
È la volta di Donato Di Palma. Rappresentate del Sud Italia, conduce una piccolo birrificio pugliese con l’audacia di chi si trova a dover affrontare una realtà virtualmente e potenzialmente penalizzante.
Le birre che gli hanno dato il coraggio per smentire un dato di fatto:
- Bass Pale Ale, la madeleine proustiana da cui scaturiscono i ricordi delle serate passate col cugino nei pub.
- Altbier di Düsseldorf, la tipologia da cui ha iniziato a sperimentare.
- Brune di Baladin
- ReAle di Birra del Borgo
- Margose, con acqua marina che la rende estremamente interessante.
Tre birrai uniti dalla stessa passione che hanno intrapreso percorsi differenti.
Teo Musso, il più grande dei piccoli.
Orgoglioso portavoce della cultura underground in polemica antitesi con le multinazionali, ha fatto dell’originalità del suo prodotto il fuoco della strategia comunicativa, nata “In un momento propizio per via del web e dei social media. Una possibilità oggettivamente assente in altre epoche”.
Meno ortodosso, Leonardo Di Vincenzo, fermamente convinto della scelta compiuta e la cui figura, ci assicura, non è cambiata in seguito all’acquisizione da parte del gigante industriale. Costante punto di riferimento di Birra del Borgo, mantiene il suo ruolo di amministratore delegato.
Nelle sue mani la ricerca, lo sviluppo, l’immagine e il marketing del prodotto.
Cambiano gli obiettivi, sì, ma si adattano alla struttura preesistente. Una maggiore apertura ai mercati esteri (si parla di 30 paesi differenti) presa poco bene dai veri microbirrifici, che lo hanno bollato come il diavolo.
Stessa etichetta affibbiatagli da Donato Di Palma che ci confida: “Mi sono sentito ferito nell’orgoglio per la decisione di Leonardo. È venuto meno a quelli che sono gli ideali della birra artigianale. Ma, detto questo, quando un amico mi ha chiesto cosa avrei fatto io, nella stessa situazione, ho realizzato che avrei fatto la stessa cosa.”
Valori astratti o circostanze concrete?