Parafrasando il titolo di un brano dance anni Ottanta, che recitava “So many man, so little time”, ho sempre pensato con un certo disappunto che ci fossero tante ricette e poco tempo per provarle tutte.
Naturalmente, questo non mi ha mai scoraggiata. Sperimentare in cucina è divertente e anche educativo, perché ti fa scoprire ingredienti, sapori, accostamenti, magari di tradizioni e culture diverse. È quel che succede quando un onnivoro si addentra nel mondo veg, o quando si realizzano piatti etnici.
Un mondo, quello delle cucine degli altri, che mi ha sempre affascinato. Adoro girare nei negozi che vendono prodotti esotici, ho un armadietto delle spezie super fornito e un cestello scorrevole stracolmo che io chiamo “delle cose cinesi” ma che contiene prodotti che arrivano un po’ da tutto il mondo: dal pimento alle foglie di kefir, dai noodles al riso glutinoso, non mi faccio mancare nulla.
Poi, siccome sono una creativa, mi informo sull’ortodossia per finire a fare un po’ come piace a me. Quindi, le mie ricette non saranno mai proprio come quelle che farebbero un tunisino, un thailandese, un indiano. Ma sono buone.
Prendete il kebab. Io vivo in una periferia cittadina dove i fast food turchi e le macellerie islamiche con cucina annessa superano in numero persino le trattorie cino-giapponesi. Quindi, sarebbe un attimo uscire e andare dal kebabbaro all’angolo a farmi una scorpacciata di carne speziata, salse e verdure, racchiuse nel pane morbido.
Però, vuoi mettere il piacere di mangiarlo a casa e dire “questo l’ho fatto io”? Posto che non dispongo di uno spiedo rotante, e che volevo un piatto realizzabile e replicabile senza sforzo, ecco la ricetta che ho messo a punto.
1. La carne e la sua marinatura
Dopo diversi tentativi (raramente negli esperimenti è buona la prima) sono arrivata alla decisione di usare vitello, per la precisione arrosto di codino non troppo magro, a fettine. Avrei provato volentieri una polpa di agnello, ma questa volta non ho trovato nulla che mi soddisfacesse.
In ogni caso, ribadisco il concetto che non dovete scegliere carne troppo magra: una giusta quota di grasso la manterrà morbida e succulenta.
Calcolate circa 150-200 grammi a porzione. Stendete le fettine in un piatto e cospargetele con le spezie.
Passo indietro: non usate miscele pronte (ormai si trovano in tutti i supermercati), ma preparatele da voi polverizzando le spezie con mortaio e pestello. Secondo me i due sapori che non possono mancare sono cumino e coriandolo (i semi, non le foglie) e, siccome siamo in ambito Mediterraneo, anche una buona presa di origano.
Potete aggiungere una nota piccante di pepe o peperoncino e ci stanno molto bene un pezzetto di cannella e una grattatina di noce moscata. Questo miscuglio va cosparso generosamente sulla carne, insieme a una spolverata di sale, un filo d’olio e una spruzzata di aceto bianco, che aiuterà a sviluppare gli aromi. Quanto far riposare le fettine, rigirandole di tanto in tanto nel condimento, dipende da voi: da una mezz’oretta fino a un paio d’ore (coperte e in frigo).
2. Cottura in forno
I grossi cilindri di carne che vedete roteare dai kebabbari sono composti di ritagli pressati. Nel mio piccolo, ho ottenuto lo stesso effetto sovrapponendo le mie fettine e avvolgendole strettamente a caramella in un rettangolo di carta da forno bagnata e strizzata. Il cartoccio è finito in una teglia. Sopra ho versato la marinata rimasta e un filo d’olio.
Se voleste obiettare che sapori e condimenti non passino attraverso la carta, sarà il caso di ricredervi: è permeabile.
Per via di impegni in società, volevo evitare la cipolla cruda finale, così ho messo nella teglia anche un paio di cipollotti divisi a metà e un paio di spicchi d’aglio vestiti, oltre a qualche foglia di alloro spezzettata. Il tutto è stato infilato in forno a 200° per circa 40 minuti (il mio “salamino” era da 200 g), voltando a metà cottura.
Poi, ho aperto il cartoccio e dato circa 3 minuti per lato in forno ventilato, in modo da formare una crosticina esterna.
3. L’impasto del pane
Personalmente, io preferisco la versione “piadina” a quella nella pagnotta araba. Immagino che il termine piadina sia usato per far capire a noi italiani di che tipo di pane si tratta. Avrà un nome suo (forse yufka? pita? qualcuno mi aiuti, se lo sa), ma qui poco importa perché io lo preparo come faccio per la piadina ma, naturalmente, sostituendo allo strutto (va bene non essere ortodossi, ma a tutto c’è un limite!) l’olio extravergine d’oliva e aggiungendo pochissimo lievito.
Per ogni pane, calcolate 70-80 g di farina (meglio manitoba), 1 cucchiaio da tavola d’olio, circa 35 ml di acqua, 1 presa di sale e una punta (diciamo, 1/4 di cucchiaino da caffè) di lievito in polvere. L’aggiunta mia personale è una manciatina di semi di cumino, che mi garbano assai, ma me lo sono inventato lì per lì. Fatto l’impasto, formate una palla, coprite con un tovagliolo e lasciate riposare circa mezz’ora.
4. Stendere e cuocere
Trascorso il riposo, stendete l’impasto con il mattarello in dischi non troppo sottili (diciamo un paio di mm). Con le dosi che vi ho dato, verranno da circa 20 cm di diametro: se li volete più grandi, aumentate di 20-30 g la farina a porzione.
Scaldate bene una piastra e cuocete i vostri pani sui due lati lasciandoli solo leggermente dorati: dovete evitare che si secchino, o non riuscirete a piegarli dopo averli farciti. Man mano che sono pronti, potete tenerli in caldo sovrapponendoli e coprendoli con un canovaccio.
Mentre li cuocete, occupatevi di lavare e spezzettare qualche foglia di lattuga e, se volete, di affettare qualche rondella di cipolla (io ho usato, invece, i cipollotti cotti al forno) e qualche filetto di pomodoro. Ci può star bene anche il cetriolo, in tal caso vi consiglio il carosello.
5. Finalmente, il kebab
Il vostro rotolo di vitello si affetta facilmente con un normale coltello da arrosto e, data la sua composizione a strati, otterrete striscioline irregolari molto simili alle scaglie che il kebabbaro ricava con l’utensile con cui “raschia” la carne dallo spiedo.
Disponete le striscioline sul pane, su uno strato di lattuga, unite cipolle e pomodori (io per combinazione ne avevo di canditi, e ho usato quelli), un filo d’olio e le salse. Se vi piace il piccante, scegliete l’harissa, la tipica pasta di peperoncino nordafricana, che io spengo con una buona cucchiaiata di yogurt.
Per una salsa chiara più saporita, potete mescolare yogurt e tahina (crema di sesamo) ma, per favore, state alla larga dalle salse pronte. Ora, non vi resta che piegare (o arrotolare, se l’avete fatto molto grande) il vostro pane e addentare finché tutto è ben caldo. Non fate come me, insomma, che perdo tempo a fare foto. Faccina.
[Fotocrediti: Cibotondo]