Sono sempre stato a disagio con i PEU [Piccoli Esseri Umani]. Forse a causa della mia scarsa attitudine alla lallazione, forse per la formidabile capacità dei bimbi di ricopiare le idiosincrasie dei genitori, mi sono sempre sentito inadeguato. Le cicogne hanno svolazzato a lungo altrove, prima di innalzare un superattico dalle mie parti e consegnarmi al confronto con il mestiere più difficile, l’unico che mi abbia veramente messo alle corde. Perchè nonostante quello che comunemente si crede, fare il papà è molto, molto più complicato che fare la mamma. E spiego, prima di trovarmi scuoiato vivo: ho detto più complicato, non più faticoso, o più impegnativo, o più importante, o più massacrante, o più tutto.
Ora crescere a casa di un appassionato di cucina dev’essere un fatto curioso, se i due PEU che mi sono toccati in sorte vengon su così diversi pur se impregnati dello stesso humus. La principessa piccola assaggia di tutto, dalle ostriche al cuscussù, dal fuagrà al gelato di rape rosse. Qualcosa non le piace, qualcosa sì, ma non si tira indietro di fronte ad una nuova esperienza: ho ancora negli occhi il maitre del Gellius di Oderzo che corre a chiamare lo chef perchè la piccola di due anni ingolla senza fare una piega lo zabaione con le moeche cotte al vapore.
Il signorino invece è più vicino all’immagine del bimbo-a-tavola che mi ottenebrava la mente: vivrebbe di cappelletti, di tortelli e di pizza, gli spaghetti al pomodoro non li mangia, se non con la salsa frullata fino a consistenza subatomica, salvo ordinarli al ristorante e spazzolarli senza dire bao.
Eppure quando i compagnucci si fermano a casa nostra io sono sempre sull’orlo di una crisi di nervi: cercano la “panata“, la cotoletta di pollo impanata e fritta, il prosciutto cotto, le patatine fritte riscaldate nel forno. Il loro lessico alimentare è stretto e semplice, la curiosità azzerata, l’abitudine all’assaggio nulla.
Quanto costa – in termini di energia genitoriale – una adeguata formazione alimentare? Dalla sfinente seccatura della discussione sul calibro della pasta, alla varietà dei cibi, delle diverse cotture. Molto più facile ammannire due Wurstel e una mozzarella plastificata, che tutto vale e la facciamo finita presto.
Quanto costa insegnare ai PEU come comportarsi al ristorante? Costa prima di tutto in denaro, che la sensibilità delle strutture d’accoglienza italiane per le famiglie è parecchio sottozero. Ti porti due figli al ristorante che si mangiano 10 euri di cibo e 8 di pane, coperto e acqua. Quanta riconoscenza per quei ristoratori che con un sorriso mi portavano il conto alleggerito del balzello del coperto per i PEU, magari ugualmente omaggiati della piccola pasticceria. Costa in termini di determinazione, che provare a insegnare le norme minime di comportamento conservando il piacere per un pranzo fuori non è facile.
Perciò siate indulgenti quando al tavolo a fianco al vostro vedete una famiglia, con il papà e la mamma che sbuffano come vaporiere per tenere al posto i PEU senza dare in escandescenze, per contenere quella vita esuberante e contagiosa con occhiatacce, gesti e magari qualche richiamo strozzato in gola. E siatelo molto meno quando i PEU sono lasciati liberi di fare quello che la loro agile natura suggerisce, cioè chiasso & caos: ma non è di loro che dovete lagnarvi, ma degli EU [Esseri Umani] che li portano attorno senza essere consapevoli della responsabilità che ciò comporta, che non è solo vestirli come la pubblicità della Benetton.
Ah, dimenticavo. Anche i PEU sono persone.
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