Dalla colomba con crema fluorescente al caffè corretto pistacchio dell’Autogrill, dal piccolo tipico lievitato campano (cui riserviamo tutta la nostra intransigenza) violentato con aromi pseudo-pistacchiosi alle torte tipo pastiera in versione Hulk, la dobbiamo piantare.
Per non parlare del panettone signori, ci siamo compresi.
Qualcuno, quindi, tolga il pistacchio dalle mani dei pasticcieri (e non solo) e li inviti ad ampliare un tantino gli orizzonti, oppure a rimanere su un classico fatto come Dio comanda. Cheesecake, semifreddi, yogurt e gelato al pistacchio ok, ma smettiamola anche noi di pretenderlo laddove non ha il minimo senso: ripeto, il cappuccino pistacchioso, sul serio?
Tutti i pistacchi che arrivano da Bronte
I pistacchieti, a Bronte, sono molti ma non abbastanza (nemmeno lontanamente) da soddisfare la pantagruelica richiesta di pistacchi provenienti da questa cittadina siciliana. Se ne deduce una dura verità: sono molti i produttori e i pasticceri a sfruttare il (buon)nome di Bronte, pur usando pistacchi presi altrove. Ed è già cosa nota da diversi anni, con tanto di indagini condotte dalla Guardia di Finanza. Il pistacchio di Bronte quindi è abbastanza raro, ha un prezzo allineato alla qualità che garantisce, nonché alcune caratteristiche che lo rendono riconoscibile tra altre varietà.
Marrone pistacchio
In generale, non è difficile distinguere un prodotto sincero a base di pistacchio da uno che di pistacchio ha solamente una fialetta d’aroma. Dovremmo sempre partire dalla vista: il pistacchio lavorato non genera il verde chiaro e brillantissimo che si vede in creme spalmabili e gelati; il pistacchio lavorato è marrone, una sfumatura più simile al color nocciola che al color lime.
Il pistacchio che sa di mandorla
Fateci caso, la prossima volta che assaggerete una crema, uno yogurt o un gelato al pistacchio: molto spesso è acidulo e/o dolcissimo, e ha un retrogusto di mandorla. Perché? Perché quel sapore corrisponde a un prodotto in cui una piccola percentuale equivale ad aroma di pistacchio, con clorofilla verdissima usata come colorante. Del pistacchio puro che si sgranocchia di tanto in tanto c’è ben poco – ed è difficile confondere con altro il sapore di un pistacchio “fresco”.
Mettere la crema al pistacchio nei lievitati
Una legge non scritta della pasticceria indica che se ad un lievitato classico e piuttosto dolce (un panettone ad esempio, un pandoro, o una colomba) si aggiunge un ingrediente extra altrettanto dolce (una glassa particolare, una farcitura), la percentuale di zucchero nella base dovrebbe essere inferiore proprio per compensare la dolcezza in più. Sbilanciare la solita percentuale di zucchero non è cosa così immediata, soprattutto se poi i dolci li confezioni e li vendi – artigianalmente o nella grande distribuzione: è complesso ricreare un equilibro giusto tra tutti gli ingredienti. Quindi la soluzione è sbattersene, e propinare un risultato stomachevole da dolcezza al quadrato, che rovina la struttura del lievitato perché crivellata da siringate verdi. Ci fosse almeno un sincero gusto di pistacchio marroncino, ma non è mai così.
Il pistacchio a forza nella tradizione
Ho fatto un giretto nei vari shop dei big della pasticceria e dei grandi nomi dell’industria dolciaria e il fatto è certo: pistacchio a perdita d’occhio (ed è grazie a tale navigar che nasce questo articolo). Panettoni e pandori in tante verdissime variegature, ma anche la Pasqua è messa male.
Ho visto anche una pastiera al pistacchio (la vedete nella foto più in alto), e mi sono chiesta il perché di questa scelta: siamo i re dei criticoni in fatto di ricette tradizionali e sulla pastiera si litiga anche solo su come dovrebbe essere fatta la frolla. Perché, invece, poi, acquistate pastiere al pistacchio costosissime? Un altro esempio: perché vi insultate a morte sulla presenza o no dell’amarena sulle zeppole di San Giuseppe, e poi accettate senza battere ciglio (e acquistate) quelle al pistacchio finto?