È la Cenerentola delle piante aromatiche. Perché, sinceramente, quando si scrive e si parla di erbe in cucina, si citano spesso il profumato basilico, l’aromatico timo, l’intenso rosmarino, persino il discusso coriandolo. Ma chi se lo fila l’umile prezzemolo? Già, ci sono cascata anch’io, definendolo “umile”. Eppure, basta appena un tocco di bacchetta magica e… bidibibodibibu, le frastagliate foglioline verdi sanno trasformarsi in ingrediente indiscusso di piatti anche haute cuisine.
A forza di dire che sta bene con tutto e che sta ovunque, ci siamo dimenticati che il prezzemolo è protagonista di piatti tipici mica da niente e che può fare la differenza.
Non ci credi? Seguimi, e vediamo se ti convinco a riconsiderarlo: ecco come usare il prezzemolo in cucina secondo me, la tradizione e un certo signore della gastronomia.
La salsa verde, ça va sans dire
In Toscana, divide con il brodo di cottura il merito di condire in modo succulento il panino con il lampredotto.
In Piemonte, ha un nome che fa tenerezza, bagnetto verde, ed è accompagnamento irrinunciabile del bollito. Ma anche dei peperoni abbrustoliti o delle acciughe al verde. In questo post sul lesso freddo (che ormai è di stagione) raccontavo la mia versione sprint. Tante le varianti: al coltello o al frullatore, con l’uovo intero o il solo tuorlo (sempre sodo eh), con il succo di limone al posto dell’aceto, con l’aggiunta di capperi e acciughe. E sì, la potresti fare anche senza aglio. Ma aglio e prezzemolo sono da sempre un abbinamento perfetto. Quindi, perché?
Il tabulè libanese
Hai presente quella cosa collosa a base di cous cous che ti spacciano sui buffet degli happy hour (che nell’era post Covid speriamo definitivamente tramontati!) o nelle cene ognuno-porta-qualcosa? Ecco: il tabulè, mezze (qualcosa di simile a un antipasto) simbolo dell’ottima cucina libanese, non è quello.
Per cominciare, non usa il cous cous ma il bulgur, che è un grano spezzato dalla consistenza irregolare, deliziosa sotto i denti. C’è chi, dopo averlo tostato a secco in casseruola, lo cuoce coperto di acqua (una parte di acqua per una di bulgur), inizialmente fredda, fino ad assorbimento, che avviene in circa un quarto d’ora. Io preferisco ammollarlo senza cuocerlo, quindi lo copro con l’acqua fredda, un filo d’olio, sale, succo di limone e lo lascio riposare una giornata: effetto scrocchiarello garantito. Ora, è il momento del prezzemolo, abbondante prezzemolo: dosalo a manciate, una manciata ogni 50-60 g di grano a porzione. E tritalo appena: le foglie si devono “sentire”.
Aggiungi anche un bel po’ di menta sminuzzata, cipollotto tritato, pomodori (e cetrioli, se ti va) a dadolini piccoli e, per condire, sale, pepe o peperoncino, olio extravergine e tanto succo di limone. Lascialo riposare ancora un’oretta prima di servirlo.
L’olio verde
Che bello quando entri in una cucina professionale e trovi, schierati come soldatini, decine di “biberon” colmi di salsine colorate… Una di queste, quasi immancabile, è quella dell’olio al prezzemolo. Che sembra una sciocchezza. Invece è una figata. Lo prepari frullando, in uguali volumi, prezzemolo e olio (è una tautologia, lo so). Senza neppure metterci il sale, ma filtrandolo per ottenere una salsa liscia verde uniforme. Se proprio vuoi complicarti la vita, puoi scottare qualche istante il prezzemolo e passarlo in acqua e ghiaccio per fissare il colore. Oppure, puoi portare a bollore il “frullato” prima di filtrarlo: così scongiuri eventuali rischi igienici (comunque, conservalo in frigo). L’olio al prezzemolo si usa, a giri o a gocce, per rifinire in modo chic tutti quei piatti la cui ricetta si conclude con il fatidico “cospargi di prezzemolo tritato”. A cominciare dagli spaghetti a vongole che, con un filo di “oro verde”, acquistano subito un’allure inedita.
La versione del maestro
Se ancora avessi dei dubbi sulla nobiltà del prezzemolo, sono qui a ricordarti una tra le celebri creazioni del compianto e indiscusso Maestro (maiuscola d’obbligo) Gualtiero Marchesi: il raviolo aperto che sfoggiava una sfoglia all’uovo impreziosita, in filigrana, da una larga e perfetta foglia di prezzemolo. Se vuoi copiare l’idea, non è difficile da fare. Stendi la pasta sottile (se usi la macchinetta, all’ultima tacca), disponi le foglie di prezzemolo ben distese su metà delle strisce di pasta, copri con quelle rimaste e stendi nuovamente fino a inglobare l’erba. Meglio al mattarello, per evitare di andare storto e stracciare il prezzemolo. Con la pasta al prezzemolo puoi confezionare grossi ravioli aperti o chiusi, ma anche lasagne in teglia o al piatto.
Sì, fritto è buono anche il prezzemolo
La nostra erbetta non sfugge alla legge che un tuffo in olio bollente rende tutto immediatamente goloso. A patto di usare il prezzemolo riccio che, grazie alla sua “tridimensionalità”, regala ciuffetti croccanti. Sia che tu li frigga al naturale sia che li passi, a manciatine, in una pastella molto liquida di acqua e farina, per ottenere una sorta di frittelline mignon. In un modo o nell’altro, il prezzemolo fritto è bello e buono per guarnire paranza, tempura, persino cotolette se ti va.
Parlando di prezzemolo riccio, curly in inglese, ho scoperto che nel mondo anglosassone si differenzia dal plain, liscio, chiamato chissà perché Italian parsley e riconosciuto come più fresco e saporito. Che fosse tipico italiano lo ignoravo e mi è sembrata una curiosità: magari puoi rivendertela – se mai ti capitasse di discettare di prezzemolo con gli amici… Io gli argomenti te li ho dati!