I nativi digitali non avranno la fortuna di vedere le spose del paese andare in trattoria, il sabato pomeriggio, a fare i cappelletti. Io le ho viste: partivano da casa con il grembialino bianco legato dietro, e sui grandi tavoli imbastivano una catena di montaggio che pareva una macchina da guerra. Impastare, tirare la sfoglia, tagliare i fazzolettini e riempire con il pesto, e fare quel gesto di chiudere i cappelletti. Lo so fare anche io, ho imparato da piccolo. Poi mi sono anche informato, e un serissimo studio della Royal Fox University di St.Peter upon Blexton ha confermato che solo le popolazione di origine gallo celtica della pianura padana hanno una conformazione del polso adatta a fare quel gesto lì. Provateci voi, normanni o sanniti, cimmeri o finnici: il polso s’incricca e il gesto s’incaglia, lasciando il cappelletto a mezz’aria come rapìta farfalla.
Di questi piccoli monumenti alla gioia del palato è piena l’Italia, ed ogni dieci chilometri la ricetta cambia. Dai mitologici “plin” piemontesi agli anolini, agnolotti parmigiani. Sono cappelletti a Reggio come a Piacenza, tortellini a Modena come Bologna. Ce ne vorrebbero – di enciclopedie – per raccontarli.
Da me si fanno con la carne bianca: vitello, pollo, formaggio, tanto. Ma le varianti sono millanta (che tutta notte canta) con e senza prosciutto, con e senza manzo, con e senza spezie. Addirittura ne ho visti di solo formaggio. Con e senza le verdure. Di solito in un bel brodo di manzo, ossa e gallina, per Natale di cappone.
Gli anni settanta ce li hanno regalati conditi con la panna, eppure siamo sopravvissuti. Qualche tribù remota li condisce con il ragù tradizionale, ma a me pare un sacrilegio.
Ne mangiai di irrinunciabili a Commestibili La Nera, a Montalto di Casina: ma ora è chiusa, e tutti attendiamo sue nuove. Ma tanto è infrequente incontrarne di indimenticabili quanto è probabile averne di discreti: basta correre le lunghe bislacche province emiliane dal Po al crinale appenninico e qualcosa troverai da qualche parte, perchè una nonna una zia o una giovine vedova in casa non la si nega a nessuno, e la liturgia del sabato a fare i cappelletti non è ancora scomparsa del tutto.
Poi certo, le paste ripiene sono anche e ben altre: ma questa è un’altra storia.