La C aspirata, la T muta, la bistecca, il lampredotto, ma anche il pane senza sale. Se dovessimo raccontare un fiorentino in quattro-cinque luoghi comuni o abitudini alimentari, l’ormai celebre “pane sciocco” sarebbe sicuramente fra le prime cose che ci vengono in mente. Sciocco, proprio come una persona senza sale in zucca, ma in questo caso orgogliosamente fiero di esserlo. Vi siete mai chiesti il perché di questa insolita tradizione che tanto stupisce nel resto d’Italia (e della Toscana) e che, al contempo, altrettanto inorgoglisce i fiorentini?
Iniziando con ragioni prettamente culinarie, il pane toscano è sicuramente il miglior partner possibile dell’olio novo appena franto, con un pizzico di sale e a piacere anche di pepe, per realizzare la classica fettunta che apre lo stomaco dei commensali di un qualsiasi ristorante del capoluogo. Dalle trattorie fino ai locali fine dining.
Dietro alla mancanza del sale nel pane c’è però molto, molto di più. C’è un viaggio nella storia che ci riporta addirittura al XII secolo, quando la Repubblica marinara di Pisa decise di alzare il prezzo del sale che sbarcava nei suoi porti e veniva poi venduto (anche) a Firenze, alimentando il decennale astio fra le due città. La risposta dei fiorentini? Semplice e schietta, proprio come il carattere che da sempre li contraddistingue: niente più sale sul cibo più utilizzato e apprezzato tanto dal volgo quanto dalle famiglie nobili. E quindi niente più affari con Pisa.
Si pensi che la più importante prova scritta sulla peculiarità del pane fiorentino arriva direttamente dal Sommo Poeta Dante Alighieri, che nel XVII canto del Paradiso (58-60) veniva ammonito dal suo trisavolo Cacciaguida in vista dell’esilio che presto lo avrebbe privato non solo della libertà fisica, ma pure dell’amato pane senza sale:
“Tu proverai sì come sa di sale | lo pane altrui, e come è duro calle | lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”.
Andando ancor più a ritroso nel tempo, scopriamo però che potrebbero essere stati gli stessi fiorentini a decidere sua sponte di tagliare il sale per risparmiarsi gli elevati costi delle tasse alimentari. Una forma di protesta collettiva contro le famose gabelle medievali, ossia quelle imposte indirette che si pagavano in corrispondenza di una certa attività svolta.
La spiegazione più semplice, seppur meno accattivante, è rappresentata infine dai gusti forti e dagli elevati condimenti della cucina fiorentina, dove l’alta sapidità di carni, zuppe, interiora e salumi vari (il prosciutto crudo da queste parti è sempre stato un must) mal si sposerebbe con un pane già abbondantemente salato.
Fatto sta che, fra miti, aneddoti e antiche leggende, la tradizione del “pane sciocco” è presto passata da connotato dispregiativo a prassi di cui andar fieri e non poter davvero più fare a meno. Almeno a Firenze, dov’è protagonista ancora oggi su tutte le tavole, a differenza di quelle delle altre mete toscane e italiane. A partire ovviamente da Pisa.