Cara Michelle Obama, sono molto contenta che tua sia stata in visita nella nostra bella Italia, fra Milano, l’Expo e Venezia, e che tu abbia pubblicamente apprezzato la nostra buona pasta come alimento sostenibile e, soprattutto, salutare: in barba ai tanti tuoi connazionali fissati con ‘sta moda del “low carb“, la tua rivalutazione di spaghetti&co. ci fa piacere, oltre che onore.
Qualora ci fosse stato, ma una tignosa ricostruzione di Dissapore l’ha smentito, mi avrebbe preoccupata il tuo endorsement all’utilizzo della pentola a pressione: gli americani (e gli stranieri in genere) avevano appena imparato il concetto di “al dente“, e utilizzando tale ausilio rischi, come si dice da noi, di “mandare tutto in vacca”, riportando i cucinieri statunitensi all’era della pasta scotta, collosa, pappa immangiabile.
Perché la cottura nella pentola a pressione, che comunque ho subito sperimentato con risultati neanche troppo disprezzabili, mirabilmente interpretata da un guru de noantri (significa “di casa nostra”, Michelle) come lo chef Davide Scabin, ha modi e tempi quasi scientifici e affatto facili da applicare.
Se è vero, come ci ha insegnato lo chef del Combal.Zero di Rivoli (Torino) con la sua Amatriciana in pentola a pressione, che si risparmia acqua fino all’80 per cento, che non si usa olio (ma, occhio Michelle: nell’amatriciana c’è il guanciale, grassi saturi allo stato puro!), che si riduce il sale a 1/8 (ma non dimenticare il guanciale!), è anche vero che gli 11-15 minuti di cottura indicati da Scabin non si possono applicare a casaccio, ma devono essere misurati formato per formato, così come la quantità di acqua e altri ingredienti liquidi, come il sugo, tenendo conto della qualità della pasta e della sua capacità di assorbirli.
Per dire io, che sono italiana e cucino tanto, la pentola a pressione la uso solo in barca, dove avere un recipiente chiuso, invece che una pignatta aperta colma di acqua bollente, è molto più “safe“. E comunque solo con pasta di altissima qualità, dalla tenuta perfetta e sperimentata per individuare il tempo al secondo.
Perché avrai provato anche tu, magari ai tempi del college, a cuocere la pasta in modo tradizionale per 4,5 minuti in più del previsto, e saprai bene il disastro che questo può comportare: immagina di farlo in pentola a pressione, dove un minuto vale almeno doppio.
Occhio, naturalmente, a non cadere nell’equivoco che basti dimezzare il minutaggio indicato sulla confezione: analogamente a quanto accade anche nel microonde, pasta e riso hanno bisogno di un tempo di “infusione” per reidratarsi, e su questo c’è poco da barare.
Tornando a noi, e al tuo amore per la pasta, se vuoi risparmiare acqua e ridurre i condimenti, ti suggerirei di fare come Martha Stewart e mettere tutto (pasta, pomodoro, acqua, olio, sale e aromi) a crudo e a freddo in una casseruola tradizionale: io ci ho provato e i risultati non sono niente male.
Senza contare che Barilla ha da poco lanciato sul vostro mercato una pasta studiata all’uopo.
Certo, se guardi le tabelle nutrizionali, noterai che si tratta di un prodotto dall’elevato contenuto proteico, in pratica più ricca di glutine rispetto a quella tradizionale, e immagino che anche da voi sia in atto l’insensata crociata contro questa sostanza da parte di gente sanissima, senza problemi di celiachia.
Insomma, forse dovrai convincere qualche riottoso in più. Ma quando si tratta di sostenere e spingere uno stile di alimentazione corretta, non ti batte nessuno: forza, Michelle, noi italiani siamo tutti con te.
Yours sincerely, FRM
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Riccardo Campaci]