La pasta brisée è un impasto a base di farina, grasso (quindi burro, perlopiù, ma anche olio), poco zucchero, acqua freddissima. Da qualche parte, e da parecchio tempo, questa base della pasticceria è preparata aggiungendo un ingrediente affatto scontato: l’aceto bianco. Sembra prassi davvero strana, ma scoprire il perché mettere aceto nell’impasto della brisée cambierà un po’ le prospettive. La percentuale e tipologia di grasso sembra racchiudere il segreto per una base perfetta, infatti ogni pasticcere ha le proprie proporzioni e gli interrogativi ruotano attorno a questo unico elemento e basta. Invece, le teorie aumentano a dismisura se all’equazione si aggiunge il vinegar (aceto, appunto). Quanto? Circa 10 g ogni 250 g di farina, con circa 90-100 g di acqua fredda.
Questa versione aceto-dotata nei paesi anglosassoni è chiamata semplicemente “pie crust”, e differisce quindi dalla brisée classica per questo ingrediente in più. Entrambe, comunque, si distinguono nettamente dalla pasta frolla per tre caratteristiche fondamentali: non contengono uova, contengono una percentuale bassissima di zucchero rispetto a burro e farina, e sono usate volentieri anche per ricette salate essendo pressoché neutre di sapore. Negli States è usata spessissimo (con o senza aceto, in base alla tecnica o al gusto personale) per dolci come la pumpkin e la apple pie, ed è preferita proprio perché la sua delicatezza e croccantezza da cotta esaltano il ripieno al massimo.
Per una consistenza migliore
Una parte di aceto – e alcuni sostengono anche anche il succo di limone possa svolgere la stessa funzione – secondo alcune scuole di pensiero rallenta lo sviluppo del glutine che è attivato nel momento in cui farina e burro sono impastati. Più sviluppiamo glutine nell’impasto, più questo diventa poi elastico e duro. L’aceto, per molti, manterrebbe invece nella brisée una consistenza friabilissima e leggera. D’altronde, questa non sarà una novità per tutti coloro che amano preparare in casa le chiacchiere di Carnevale: sanno bene che se un goccio d’alcol fa ottenere le irresistibili bollicine in superficie, una parte di aceto nell’impasto le manterrà croccantissime una volta cotte.
Per una doratura perfetta
L’esperienza di molti pasticceri professionali e amatoriali attesta che la parte di aceto nella pasta brisée ne impedirebbe l’ossidazione e, di conseguenza, ciò porterebbe a una doratura perfetta e uniforme del guscio. Se ossidato, un impasto cotto assumerebbe invece una sfumatura grigiastra e meno allettante. Il fattore doratura/grigiore, comunque, può dipendere anche da molti altri fattori imputabili a qualità degli ingredienti, tecnica di lavorazione errata, tempo di riposo pre cottura errato, cottura con temperature o tempistiche non adatte etc etc.
Per impastare meno
Sempre secondo alcune teorie, la proprietà dell’aceto di rallentare la formazione di glutine aiuta quindi l’impasto a risultare meno elastico e colloso, più asciutto e malleabile. Un impasto meno elastico e duro ridurrebbe quindi anche i tempi di lavorazione, e stresserebbe meno gli ingredienti – già abbastanza delicati.
Per una gestione più agevole dell’impasto
In molti aggiungono l’aceto nella pasta brisèe perché convinti che porti ad un impasto meno delicato e più semplice da maneggiare, soprattutto nel momento in cui si deve stendere e arrotolare sul mattarello per coprire poi un ripieno. Questo vantaggio coinvolge anche le decorazioni: che sia solo un bordo merlettato o decorazioni aggiunte come foglie o losanghe, la brisée con l’aceto rimane più “in forma” durante la cottura, garantendo decorazioni più precise.
Le conclusioni
I vantaggi elencati e attribuiti all’aceto nell’impasto della pasta brisée, va detto, non sono scienza esatta e alcuni sono addirittura opinabili. Ciò non vuol dire che avete appena letto informazioni errate, piuttosto significa che la presenza dell’aceto non sia sempre così rilevante… mi spiego meglio: nella pasta brisée, così povera di ingredienti, gioca un ruolo importantissimo non solo ogni elemento ma anche la qualità e la tecnica. Possiamo aggiungere l’aceto per auspicare un guscio di pie ambrato e friabile, ma se abbiamo usato un burro scandente, caldo e in proporzioni sbagliate rispetto alla farina allora il risultato sarò comunque pessimo.
Inoltre, questo articolo non intende dichiarare che la brisèe con aceto sia “superiore” o “migliore” si quella classica francese: semplicemente, è interessante scoprire le sfumature di una ricetta basica e sperimentare per permettere a ciascuno di tirare le proprie personali somme. La presenza o no di aceto varia dunque soprattutto grazie al gusto individuale. Detto tutto ciò, quindi, se avete una ricetta storica e collaudata della brisèe allora continuate pure ad usare quella!