In collaborazione con Zero Sei Trattoria Romana.
Se esistesse una Santa Trinità della pasta, la pasta alla gricia ne farebbe parte (con pasta alla carbonara e pasta all’amatriciana). Da questa pietanza tipica che racconta al mondo l’Italia – e che è insaporita da guanciale di maiale, pepe nero e formaggio pecorino romano – nascono miti e leggende, tutti con alla base la sua bontà indiscussa. Prima di passare ai livelli successivi bisogna tuttavia conoscere molto bene le basi: quali sono gli errori da evitare nella gricia? Dalla scelta qualitativa alla corretta mantecatura, dalla stagionatura del pecorino ai condimenti che proprio non c’entrano nulla, passando anche per gli extra concessi su base storica.
Che sia nata per influenza dei grici romani (venditori di alimenti, spesso valtellinesi e quindi – all’epoca – svizzeri del Cantone dei Grigioni), nelle vie di Grisciano vicino ad Amatrice (dove hanno redatto persino un disciplinare, e dove l’amatriciana è chiamata “gricia con il pomodoro” per evidenziare tal primato), prima dell’amatriciana o dopo l’amatriciana (non è corretto dar per scontato che sia più recente un condimento che – al momento – è a base di pomodoro), la pasta alla gricia ha tanto da raccontare. E, a narrarcene i segreti, abbiamo un ristoratore romano a Malta, Fausto Soldini, ambasciatore del Made in Italy all’estero certificato anche da ITA0039.
1. Non dedicare al guanciale la giusta attenzione
Un buon guanciale deve essere ricco di grasso, umido e naturalmente speziato, conferisce sapore e contribuisce con la giusta untuosità a questa pasta umile di ingredienti (seppur molto ricca di sapore. E di sapere). Tra i molti apprezzabilissimi, ci è stato particolarmente raccomandato il salumificio SANO ad Accumoli nel territorio di Amatrice: tre mesi di stagionatura e una qualità premiata. É lì che Soldini lo acquista per usarlo nel proprio ristorante a Malta. A prescindere, una volta scelto un guanciale degno, fatevelo tagliare in fetta spessa per poi affettarlo a listarelle solo un secondo prima di buttarlo in padella.
2. Non sapere cosa scegliere tra olio, strutto… o acetella
I terroristi del cibo italiano additano chiunque osi aggiungere qualcosa al guanciale. Ebbene, non solo è lecito condirlo, ma si parla proprio di condimenti ammessi dalla storia della gricia. Nel disciplinare redatto da Grasciano si legge “vino bianco (da uva Pecorino)”, alcuni manuali suggerivano strutto (che, tuttavia, non è necessario se il guanciale è di qualità), altri ancora riportano l’aggiunta di aceto. A proposito di aceto, in passato si usava l’acetella: si tratta di vino “spuntato”, non bevibile, usato appositamente per sfumare il guanciale e conferire una nota di sapidità particolarissima.
3. Usare un pecorino romano non romano
Se già una grande differenza è data dal grattugiare il formaggio a fresco al posto di usare quello già grattugiato, assicuriamo che anche la scelta tra un pecorino romano fatto in Sardegna (come nel 98% dei casi) e un pecorino romano fatto nel casellario di Roma (raro) darà due risultati diversi. Per riconoscere il Pecorino Romano DOP del Lazio basta controllare che ci sia la dicitura “Deroma” ed il logo aggiuntivo con il gladiatore romano. Provare per credere.
4. Non scegliere il pepe nero in grani
Sembra una banalità, ma non quando stiamo trattando una pietanza con letteralmente tre ingredienti più la pasta. Il pepe è importantissimo, perché è in grado di smorzare la grassezza del boccone così come di esaltare l’aroma del guanciale e del pecorino. Il pepe nero va preso in grani e pestato al momento, grossolanamente per rendere la gricia bella grezza, e soprattutto va tostato. Tostare il pepe (le spezie, in genere) è una pratica di qualche secondo che sprigiona tutti gli oli essenziali. E la pietanza prende vita, signore e signori.
5. Aggiungere cipolle e/o peperoncino e/o pomodoro
Se vino o aceto sono aggiunte concesse, non possiamo dire altrettanto di cipolle, peperoncino o pomodoro. O meglio: tutto è concesso, ma ci si allontana dall’idea di autenticità che la pietanza si è costruita negli ultimi anni. Sappiamo meglio di altri che la tradizione non è statica bensì muta nel tempo, ma in questo momento storico aggiungere alla gricia cipolle, peperoncino o pomodoro non è pratica benvista (Carlo Cracco anni fa fu linciato, protagonista di un caso diplomatico, dopo aver affermato che nell’amatriciana ci stesse bene l’aglio).
6. Scegliere una pasta qualunque
Al gusto personale non si comanda, quindi per dare indicazioni precise ci siamo affidati alla testimonianza di Fausto Soldini. Per lui, la pasta ideale è il rigatone: “nonna Olida faceva la gricia con i rigatoni, ci diceva che in ogni rigatone potevamo trovare un tesoro, un succoso pezzo di guanciale. Con un piatto così povero di ingredienti ci vuole a mio parere un formato di pasta che lo abbracci per bene“.
Aggiunge, inoltre, una ragione tecnica data dall’esperienza nel proprio ristorante all’estero: “gli spaghetti sono esclusivi, non tutti i turisti sanno mangiarli e mi chiedono spessissimo il cucchiaio. Il problema è che, se si ha difficoltà, in automatico non ci si gode il piatto. Con i rigatoni questo problema non si pone“.
7. Mantecare la gricia sul fuoco
Un errore tecnico da non fare mai nelle pietanze che traggono cremosità da amido e formaggio (oltre che dai grassi) è la mantecatura su fuoco. Il rischio è cuocere troppo, scaldare troppo gli ingredienti già cotti, e soprattutto coagulare il pecorino romano. Il segreto è la mantecatura della pasta cotta al dente, scolata nel condimento a fuoco spento, mescolata bene e a lungo con l’aggiunta semmai di poca acqua di cottura tenuta da parte. Pochi istanti che vi regaleranno una pasta alla gricia da sogno.