Alzi la mano chi come me, a causa della quarantena forzata, sta per trascorrere la Pasqua 2020 (ma anche la Pasquetta solitamente dedicata a grigliate in compagnia) in solitudine. In una situazione come questa ci sarà chi vi dice come ricreare l’atmosfera di festa, e giù di consigli su come apparecchiare la tavola, il vino da abbinare, la musica giusta e non dimenticate il mazzo di fiori che mette sempre allegria. La mia domanda è: ne abbiamo veramente bisogno?
Riformulo: in questo periodo strano ci sta mantenere una sorta di routine e un minimo di decoro, a maggior ragione se siamo soli. Ma questo vale per la vita di tutti i giorni. La Pasqua, proprio perché richiederebbe il vestito buono, il parentado, le affettazioni da troviamoci, sfondiamoci di cibo e poi chi s’è visto s’è visto, dal mio punto di vista dà più soddisfazione se vissuta all’incontrario.
Per questo ho pensato di proporvi un menu lento, pigro e misantropo. Lento perché è il momento di prendersela comoda e credetemi, anche con un’insalata si può tirare avanti un’ora gustando ogni boccone. Pigro perché, in barba a tutte le regole del bon ton che stanno spuntando in questi giorni, non c’è niente di meglio che usare lo stesso piatto, mangiare con le mani o pescare direttamente dalla pentola (col bonus di meno piatti da lavare). Misantropo perché diamine, avete il sacrosanto diritto di viziarvi e darci dentro col vostro piatto preferito, e un grandissimo tiè a chi vi chiede sempre “Mi fai assaggiare?”.
Per questo menu controcorrente non aspettatevi portate precise, le mie sono più che altro idee e ispirazioni per viversi una festa in cui, purtroppo o per fortuna, possiamo contare solo sulla compagnia di noi stessi. Potete provarle tutte (tanto avete la scusa della lentezza e non sarò certo io a impedirvi di cominciare a metà mattina e finire alle 5); oppure potete farne solo una nella quantità giusta per voi: sono dell’avviso che la felicità si possa trovare anche in una bruschetta. Ecco allora le mie idee per il menu di Pasqua e Paquetta lento, pigro, misantropo ma soprattutto godereccio.
Il crostino componibile (con istruzioni)
Avete presente quando nel dì di festa, come diceva il poeta, l’aperitivo vada preparato in anticipo con le tartine già pronte nel frigo che una volta messe in tavola spariscono in un sol boccone? In ottemperanza al lento io vi offro l’alternativa del crostino componibile. Le sue parti sono fondamentalmente tre: una base croccante (sottolineo croccante, che può declinarsi anche in fragrante e tostata); una componente cremosa da spalmare; un elemento solido e consistente. La modalità di consumo del crostino componibile è esperienziale: non va assolutamente preparato prima, piuttosto si fa mentre si mangia. In altre parole, il crostino componibile si vive (perdonatemi, ho appena consegnato una tesi di laurea nel campo della filosofia del cibo e sono ancora immersa nella materia).
Voi non dovete fare altro che accomodarvi con gli elementi, sintonizzarvi sulla vostra serie tv preferita, podcast, messa papale (qualsiasi forma di intrattenimento pasquale è lecita), e con calma comporre. Qualche dritta dal mio repertorio: guacamole e peperoni arrosto; salsa allo yogurt e piselli alla menta; crema di cannellini e fettine di mela con drizzle di aceto balsamico (ammazza oh). Per i più fancy poi c’è l’avocado toast, di cui vi lascio la ricetta senza errori. Io sono quasi del tutto vegana e non starò certo a snocciolarvi abbinamenti che non so, ma avete capito: le regole del gioco è che non ci sono regole. Ci siete solo voi e il vostro crostino, mi auguro più di uno, che lentamente incontrate un morso dopo l’altro.
Il piatto unico (dalla cottura alla forchetta)
Qui siamo decisamente sul pigro e misantropo: un solo contenitore per preparazione, cottura e consumo, una teglia/pirofila/vaschetta di alluminio (quest’ultima nella mia immaginazione è quella che dà più soddisfazione) tutta per voi. Il piatto unico dalla cottura alla forchetta è il comfort food per antonomasia, la coccola da concedersi in grandi quantità pescando direttamente dalla pentola appena sfornata. Potrebbe essere un polpettone di verdure; una pasta gratinata; oppure posso lasciarvi una ricetta semplicissima dal mio repertorio personale. La chiameremo “torta di ceci” perché farinata in questo caso proprio non si può sentire: vi servono farina di ceci, acqua e verdure a foglia verde come spinaci freschi, bietoline o cime di rapa saltate in olio, aglio e peperoncino. Mescolate bene acqua e farina togliendo i grumi, e condite con sale, olio e rosmarino. Versatela in una teglia dai bordi alti insieme alle verdure cotte, e infornate a 200°C per una mezz’ora circa facendo la prova della forchetta per verificare la consistenza. Opzionale accompagnare la torta con una salsa; obbligatorio mangiarla direttamente dalla teglia.
Verdure, arrosto e complemento
Siamo tutti d’accordo che le verdure al forno sono una delle gioie della vita: vero? Insomma pensateci, ricordatevi di quando eravate bambini, piccoli mostri schizzinosi che non distinguevano le lettere dell’alfabeto ma il pezzetto di cipolla nel ragù lo individuavano con un rigore scientifico che neanche CSI. Poi però arrivava domenica (o Pasqua, tanto per rimanere in tema) con la consueta teglia di verdure al forno: e chi vi fermava più. È facile essere d’accordo sulla superiorità gustativa delle verdure arrosto: meno lo è considerarle una portata a sé invece che un semplice contorno. Io invece voglio dimostrarvi che, con il complemento giusto di spezie e salse, possono diventare la star del vostro pranzo. Anche quello di Pasqua.
Gioco la carta facile delle patate, di cui qualcuno ha addirittura ipotizzato la ricetta migliore del mondo. Aggiungeteci il velo di formaggio, il pizzico di paprika, la spolverata di pangrattato e il gioco è fatto. Poi vogliamo parlare del cavolfiore intero arrosto, spruzzato di timo e prezzemolo e accompagnato da salsa tahina? Infine, la mia ricetta del cuore: carote arrosto con labneh, una salsa libanese a base di yogurt e sesamo. Cucinate le carote al vapore e poi marinatele in olio, buccia di limone, curcuma, cumino, harissa e aglio tritato aggiungendo (è il suo segreto) un goccio di acqua di cottura. Mescolate bene e mettete in forno per 20 minuti a 200°C. Godetevele una per una inzuppandole generosamente nello yogurt.
L’insalata verde
Sì esatto, il caro vecchio cespo di lattuga. Da quanto tempo non lo vedevate? Anestetizzati dall’orrida insalata in busta, un insulto ai cinque sensi a partire dal sapore, abbiamo perso il tocco con la materia prima da lavare, asciugare, tagliare, condire. Che fatica ok, ma che soddisfazione! Preparare una bella insalata verde è una delle cose da recuperare in questa quarantena e, con la ricetta giusta, può diventare un piatto con cui viziarsi. Non ci credete? Guardate un po’ qua.
Circa un anno fa sul sempre ottimo New York Times è uscito un bellissimo pezzo (con ricetta) sulla famosa “Green Salad” di Via Carota, un noto ristorante italiano nel West Village. La descrizione mi è piaciuta talmente tanto, che ci sono andata apposta per provarla. Signori, io prima di allora evidentemente non avevo mai mangiato insalata: il piatto è proposto fra le portate principali, una montagna di lattuga di diverse varietà dalle foglie carnose, croccanti e morbide allo stesso tempo, condite con una vinaigrette allo sherry che metterei pure sul gelato. Insomma, un capolavoro che per qualche strana ragione sazia, eccome! Se cercate una gioia pigra e lenta (e pure un po’ misantropa), preparatevi una bella insalata verde, conditela con le mani, ungetevi, percepite la lattuga e godetevela tutta.
Il tiramisù
La Pasqua e i dolci hanno due scuole di pensiero: c’è quello elaboratissimo, pesante e barocco delle tradizioni che in Italia certo non mancano; oppure c’è quello da scartare, che sia di cioccolato con sorpresa o lievitato dalla forma che ricorda (?) vagamente un pennuto. Ma noi pigri e goderecci non siamo disposti né a metterci al lavoro per ore e ore, né ad accontentarci di uova e colombe. E allora ho pensato, quale dolce si può comodamente fare e mangiare in un unico contenitore, è facilissimo da preparare e non richiede nemmeno cottura? Proprio lui, il tiramisù classico, ancora più buono quando è misantropo ovvero tutto per noi da finire a cucchiaiate.
Potete farlo con la panna, oppure senza uova. Potete pure togliere il caffé e metterci le fragole, il limone, il cocco, la nutella. C’è anche vegano, pensate un po’. Di qualunque tiramisù siate, è il dolce perfetto per augurare a voi stessi una felice Pasqua lenta, pigra, misantropa e godereccia.