Il 6 novembre esce “Bread is gold” il nuovo libro di Massimo Bottura, ancora una volta per i tipi di Phaidon (la cui editor è Emilia Terragni, esempio più unico che raro di un’italiana in posizione apicale in una casa editrice internazionale).
A essere precisi, il libro è firmato “Massimo Bottura & Friends”, nello stile di un altro grande modenese: Pavarotti.
Infatti il ricettario comprende più di centocinquanta piatti di quarantacinque top chef planetari: da Daniel Humm a Rene Redzepi, da Alain Ducasse ai fratelli Roca, dagli Adrià a Virgilio Martinez.
Questa formazione all-star si è data l’obiettivo di proporre piatti che utilizzassero gli scarti.
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Dunque “Il pane è oro” nel senso che le cose semplici sono preziose, non in quello di Re Mida che trasformando letteralmente il pane in oro rischiò di morir di fame.
Scrive Fab Max:
“Questi piatti possono cambiare il modo in cui diamo da mangiare al mondo, perché possono essere cucinati da chiunque, ovunque, con qualsiasi budget. Per nutrire il pianeta, prima di tutto bisogna combattere gli sprechi.”
Bene. Non vedo l’ora di sfogliare il libro. Ma anche prima di farlo, so che succederà una cosa: gli odiatori di professione –quelli che invitarono lo chef a lasciare il Paese dopo il No al referendum costituzionale– se la prenderanno con l’apparente paradosso che a occuparsi del bene comune siano cuochi che normalmente sfamano oligarchi russi, industriali spietati, cinici banchieri e ogni sorta di campione della sperequazione sociale.
Io capisco la tentazione. Ma non sono d’accordo.
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Perché l’unica cosa che conta è il risultato. E se le mille iniziative di Bottura dedicate al sociale –in testa il Refettorio Ambrosiano– diminuiscono anche solo di un grammo il saldo di infelicità nel mondo, sono benvenute.
Una persona con grande visibilità che ragiona sugli sprechi, anche magari trasformandoli in moda gastronomica, serve, diavolo se serve.
Invece di odiatori, francamente, non se ne può proprio più.