Quelli di voialtri, lettori di Dissapore, che fanno il pane in casa vivono una vita più soddisfacente.
Da malato del pane fatto in casa starò forse esagerando? Macché, parlo di pane. Senza non si vive, poi c’è anche chi pensa di non poter vivere senza kombucha e radici di zenzero, ma questa è un’altra storia.
Benvenuti a “La rivincita dei nerd”, la serie per gli smanettoni della cucina oggi riservata al pane e, finalmente, al lievito madre. Mettetevi comodi e iniziate ad annusare.
[La rivincita dei nerd: la serie]
[Pane fatto in casa: 5 errori da non fare]
Quale pane?
Chiediamoci anzitutto cosa vogliamo e proviamo a immaginare il risultato. I tre punti fondamentali?
(1) Un pane di forma grande (2) con lievito madre (3) fatto con una buona farina macinata a pietra.
Obiettivi: impasto sviluppato, crosta croccante dal buon profumo, mollica morbida, alveolata e ben asciutta.
Perché la forma grande? Perché trattiene più umidità e consente di allungare la shelf-life (durata) del pane.
Adesso chiediamoci anche cosa NON vogliamo.
– Niente pietre da lanciare sul muro;
– Niente molliche umide e appiccicose, che si appallottolano fra le dita;
– Niente forme basse, chiuse, pesanti e compatte.
Sbattersi per migliorare il livello del pane, insomma darsi da fare e anche parecchio, ci deve appagare, altrimenti non ne vale la pena.
Il lievito madre
Come ci siamo già detti in precedenza, l’uso del lievito madre è sconsigliabile con pizze e focacce perché oltre ad avere una gestione più complessa, specie in casa, la sua coltura batterica interferisce con la struttura dell’impasto.
Non è facile neanche gestire sapore e durata dovuti ai batteri lattici. È più pratico evitarlo il lievito madre, in particolare per preparare pizze basse, molto farcite, mangiate seduta stante.
Discorso diverso per il pane, per i grandi lievitati, e in genere per prodotti non conditi, voluminosi, che devono durare più giorni.
[Iginio Massari spiega i segreti del lievito madre di Iginio Massari]
La fermentazione lattica del lievito madre producendo acidi organici migliora sapori, profumi e sviluppo degli alveoli. L’acidità dell’impasto garantisce maggiore resistenza contro i microrganismi cui si deve la crescita delle muffe, un fattore che aumenta la durata e consente per esempio al panettone di conservarsi anche qualche settimana.
Invece, un lievito madre troppo acido compromette la struttura degli impasti; parliamo di un organismo vivente, con caratteristiche ottimali quando il suo pH è compreso tra 4.1 e 4.5. Ma non preoccupatevi troppo: nonostante il ciclo di vita del lievito madre sia scandito da diverse fasi fermentative e degenerative, è possibile stabilizzarle attraverso la tecnica dei rinfreschi.
Cosa sono i rinfreschi?
Pranzo e cena del vostro lievito: raggiunto l’apice della crescita (circa 3 ore), una parte del lievito madre viene prima impastata con la stessa quantità di farina e il 50% d’acqua, poi messa a lievitare di nuovo.
Così si mantiene “in salute”, con un pH bilanciato e un potere di lievitazione al massimo della forza.
Va da sé che la gestione negli ambiti professionali, dove si fanno impasti ogni giorno, è più facile. A casa, o panificate ogni mattina o sareste costretti a buttare chili di ingredienti.
L’alternativa è mantenere il lievito madre in frigo per rallentarne la fermentazione: limite massimo una settimana. L’acidità si farà sentire comunque e potrebbero servire alcuni giri di rinfreschi prima di poterlo usare.
Esistono numerosi trucchi per riportare in salute un lievito “esausto”, magari ne parliamo prossimamente.
Quale farina?
Integralisti delle farine non raffinate: calma! La scelta della farina, come del lievito, e poi maturazione, idratazione e le altre componenti del processo, rispondono a un solo obiettivo: il risultato finale. I nerd sono persone pratiche chiamate a semplificarsi la vita.
Quale farina dicevamo. Per la classica forma grande, leggera e sviluppata, vi consiglio farine semi-integrali macinate a pietra (tipo 1 e 2 per intenderci), visti i profumi e i sapori che infondono nel pane.
Potete lavorare come vi pare, tagliando con altri cereali, grano tenero integrale, grano duro, segale e qualsiasi altra cosa risponda ai vostri gusti.
La cottura
I panettieri professionisti fanno cuocere il pane nei forni a legna o nei forni elettrici a vapore.
Nel primo caso le forme vengono cotte il mattino presto, a forno non ancora acceso ma rimasto abbastanza caldo dal giorno precedente. Il pane cuoce cioè “in caduta”, con la temperatura in costante calo. Da un lato riceve dal calore la spinta iniziale, dall’altro è assicurata la corretta asciugatura di crosta e mollica.
I forni elettrici dedicati immettono vapore nella camera di cottura, che rallenta la formazione della crosta e permette al pane di svilupparsi in altezza. A metà cottura, la valvola viene aperta per consentire al vapore di uscire e al pane di asciugare.
Non avete un forno a legna o un forno elettrico a vapore? Nessun problema particolare, la cottura del pane si adatta comunque all’ambiente domestico.
Dotatevi di una pietra refrattaria, altrimenti usate una teglia rovesciata, utile a garantire la spinta dal basso.
Per gestire l’immissione del vapore, mettete un pentolino sul pavimento del forno e date qualche spruzzata con il vaporizzatore; a metà cottura mantenete il forno leggermente aperto aiutandovi con una pallina di stagnola, il vapore fuoriesce e il pane si asciuga bene. Abbassando gradualmente la temperatura, avrete anche la già citata “cottura in caduta”.
Altro metodo valido: usate una pentola in ghisa, pre-riscaldata insieme al forno, dove rovesciare il pane prima della cottura.
In questo caso, il coperchio chiuso permetterà al vapore sviluppato dall’impasto di far crescere il pane; rimuovendolo, darete modo alla crosta di diventare croccante.
A questo punto non mi resta che darvi appuntamento a domani con la ricetta completa del pane fatto in casa che vi trasformerà, senza patemi particolari, in abili panificatori domestici.
[ Credits: Piergiorgio Giorilli, Giovanni Tesauro ]