Che mondo sarebbe senza… nocciole! Qui il marketing ci ha visto giusto, ammettiamolo. Il frutto del Corylus avellana è senza dubbio il più goloso tra le varietà secche, dal gusto naturalmente cremoso e avvolgente in particolare previa tostatura. Il nome scientifico deriverà pure dal greco korys, ovvero elmo, riferendosi alla forma del guscio; ma bisogna sapere che la nocciola è una realtà tutta italiana, tanto che l’epiteto “avellana” deriva dalla città campana di Avella in Irpinia, zona che fin dall’antichità era famosa per la sua coltivazione. Non solo: in Europa siamo i primi produttori, e in quanto a qualità non ci batte nessuno.
Non sorprende dunque che le varietà italiane di nocciola siano davvero tante, a partire da quelle a marchio Dop e Igp come tonda gentile romana, tonda di Giffoni e la celeberrima tonda gentile delle Langhe. Numerose le voci campane, tra cui camponica, mortarella e san giovanni, a cui fanno seguito le cultivar siciliane e liguri come tapparona, dall’orto e del rosso, queste ultime tutte raccolte da Slow Food nell’Arca del Gusto.
Le nocciole non sono solo terribilmente buone, ma fanno anche bene all’organismo. Sono infatti tra gli alimenti più ricchi di vitamina E, potentissimo antiossidante, e acido folico o vitamina B9, micronutriente fondamentale per la sintesi e il metabolismo di DNA, RNA e amminoacidi, nonché per la salute della donna in gravidanza. Ancora: un’ottima fonte di fitosteroli e grassi monoinsaturi, in grado di abbassare il livello di colesterolo “cattivo”, e sali minerali come potassio, magnesio e fosforo, alleati del benessere delle ossa. Infine, l’alto contenuto in fibre aiuta a controllare il peso grazie al senso di sazietà. In altre parole, poche manciate di nocciole al giorno aggiunte a yogurt, verdure, insalate o semplicemente sgranocchiate a fine pasto sono l’ideale per mantenersi sani concedendosi una “coccola” golosa e croccante.
Adesso che abbiamo tutte le scuse per rimpinzarci di nocciole in tutti i modi, andiamo a vedere in dettaglio le 15 varietà italiane da conoscere, dal Piemonte fino alla Sicilia.
Tonda gentile delle Langhe IGP
Partiamo da quella che è forse la più celebre tra le varietà italiane di nocciola: la tonda gentile delle Langhe, che sulla carta ufficiale del disciplinare diventa Nocciola Piemonte Igp. Il marchio, ottenuto nel 1993, designa la varietà cosiddetta “trilobata” tipica del Basso Piemonte: si tratta di una nocciola sferica dal guscio resistente e sottile, che consente una buona resa anche dopo la sgusciatura. Tra i parametri qualitativi vi sono elevata pelabilità naturale (in riferimento al perisperma che avvolge il frutto), sapore fine e persistente, gusto e aroma eccellenti dopo la tostatura (e ci mancherebbe), e buona conservabilità grazie a un limitato tenore dei grassi. Insomma, una nocciola bella, buona ed efficiente: cosa chiedere di più?
Curiosamente, la filiera corilicola nella provincia Cuneo nacque quasi per caso: le piante di nocciolo erano infatti coltivate in maniera “promiscua”, ovvero in concomitanza con altre specie. Un alberello qui, due filari di vite, un altro alberello là. Solo dagli anni Trenta del Novecento, soprattutto sulla spinta della nascente industria dolciaria e cioccolatiera, la corilicoltura in Langhe, Roero e Monferrato cominciò a specializzarsi con impianti dedicati e tecniche specifiche. Fino a diventare oggi (senza timore di esagerare) “la nocciola migliore del mondo”, paradisiaca da sola e perfetta in ogni sua forma: dalla granella, alla crema, alla pasta assoluta. E naturalmente come ingrediente di ricette tipiche come il gianduja torinese e la torta alle nocciole (o torta Cortemilia) cuneese, morbida e croccante al tempo stesso.
Tonda di Giffoni IGP
Le prime attestazioni della coltivazione della nocciola a Giffoni, provincia di Salerno, risalgono addirittura al Medioevo. Ma i reperti archeologici ci dicono che è da molto prima (almeno dal III secolo avanti Cristo) che in Campania è presente questo frutto. Di sicuro è da questa regione che la nocciola si diffuse in tutta la Penisola, e infatti qui troviamo tantissime varietà e sotto-varietà. La più conosciuta (e prodotta) è la Nocciola di Giffoni Igp, coltivata sui terreni vulcanici della valle dell’Irno e dei Monti Picentini.
La cultivar è perfettamente tonda a polpa bianca, con perisperma sottile e facilmente asportabile. Caratterizzata da ottima consistenza e sapore aromatico, è particolarmente idonea alla tostatura e, nonostante si presti alla trasformazione industriale, dà il meglio di sé al naturale come snack energetico. Rimpinzatevi pure a manciate dunque, oppure aggiungetela ai nocciolotti senza cottura, facili e golosi dolcetti al cioccolato da guarnire con una saporitissima nocciola al centro. E la tonda di Giffoni fa proprio al caso vostro.
Tonda gentile romana DOP
Il Lazio è il primo produttore italiano di nocciole, e il suo fiore all’occhiello è proprio la tonda gentile romana della provincia di Viterbo. La coltivazione in quest’area risale al Quattrocento, ma è dal secolo successivo che la “nocchia” della Tuscia comincia davvero a farsi conoscere: secondo le cronache infatti, papa Leone X (1513-1521) ne era particolarmente ghiotto. Per la consacrazione definitiva però occorre aspettare il Ventesimo secolo e il boom dell’industria dolciaria, di cui oggi la tonda gentile romana costituisce la fetta più grossa del mercato.
La cultivar ha forma sub-sferoidale, tessitura compatta e croccante e sapore finissimo e persistente. Insieme alla meno diffusa varietà “Nocchione”, di forma più allungata, rappresenta la Dop “Nocciola Romana”. Ingrediente di base della pasticceria, si sposa particolarmente bene con il cacao: mettetela alla prova con le nostre praline al cioccolato e nocciole, facili e veloci (da preparare e, ahimé, anche da mangiare!).
Nocciola tonda di Avellino
Lo abbiamo detto fin dall’inizio: se la nocciola si chiama Corylus avellana un motivo c’è. Al momento della classificazione botanica da parte di Linneo nel Settecento, l’area della città di Avella in Irpinia venne individuata come patria del nocciolo comune. D’altronde lo dice anche Macrobio nei Saturnalia, opera dell’anno 430: “Nux haec Abellana, quae est eadem, ex arbore est quae dicitur corylus, de qua Virgilus dicit: Corylum sere” (È questa la noce avellana, proprio quella raccolta dall’albero cosiddetto Corylus, chiamato così anche da Virgilio nelle Georgiche). Insomma, il legame sembra evidente ed imprescindibile, tanto che il Comune di Avella ha avviato l’iter per il riconoscimento del prodotto a Denominazione Comunale di Origine.
Tra le principali cultivar diffuse sul territorio troviamo la tonda di Avellino, in veste “bianca” e “rossa”. È caratterizzata da forma sub-ellissoidale e polpa soda, ed è particolarmente apprezzata per il consumo diretto. Ma questa è solo una delle tante facce dell’antica nocciola irpina: ecco, di seguito, le altre principali varietà.
Nocciola Camponica
La camponica è una nocciola “eroica”: necessita infatti di altitudine, e per questo viene allevata sulle aree collinari intorno ad Avellino, ai limiti della normale coltivazione redditizia del nocciolo. Ha forma circolare “a campana” (da cui il nome), guscio particolarmente resistente e polpa bianca e soda. Anche la camponica è indicata per il consumo da tavola.
Nocciola Mortarella
La Mortarella, rispetto alla Camponica, fa molto meno la preziosa. Si tratta di una delle varietà più diffuse, non solo in Irpinia ma in tutta la Campania. Ha dimensioni medio-piccole e forma vagamente cilindrica, meno tonda e più allungata. Il guscio è sottile, di colore marrone chiaro solcato da lievi striature. L’aroma è intenso e il sapore viene esaltato dalla tostatura: per questo motivo è particolarmente apprezzata in trasformazione, ad esempio come base per torroni e gelati.
Nocciola San Giovanni
La San Giovanni per certi versi assomiglia molto alla Mortarella. Anche lei è caratterizzata da alta produttività, ha dimensioni modeste e forma più allungata, leggermente schiacciata ai lati. Tuttavia, nonostante non vi siano particolari differenze a livello organolettico, ha valore commerciale inferiore a causa della scarsa attitudine alla trasformazione.
Nocciola Riccia di Talanico
La Riccia di Talanico è tipica di San Felice Cancello, comune in provincia di Caserta. La particolarità di questa cultivar sta nel metodo di conservazione che avviene nei tradizionali “soppigni”, apposite soffitte aperte ai lati ideali per l’essiccazione. La nocciola di Talanico ha dimensioni modeste, che sono tuttavia ampiamente compensate da aroma intenso e sapore persistente. Di fatto, si tratta di una delle varietà più interessanti per il consumo diretto.
Nocciola Nostrale o Siciliana
Dalla Campania facciamo un salto in Sicilia, regione in rapida ascesa nella produzione nazionale di nocciole. Tra le numerose varietà autoctone (tra cui ricordiamo Curcia, Carrello, Ghirara e Minnulare) spicca la Nostrale o Siciliana, una nocciola tonda dal sapore delicato, aromatico e persistente esaltato dalla tostatura. È dunque particolarmente indicata come base per la pasticceria (specialmente in alternativa all’onnipresente mandorla) o ingrediente co-protagonista di dolci da forno come i biscotti cioccolato e nocciole.
Nocciola dei Nebrodi
La nocciola dei Nebrodi è una cultivar tipica della provincia di Messina. Un tempo redditizia, negli ultimi decenni la corilicoltura nella zona dei Monti Nebrodi è stata quasi del tutto abbandonata: per fortuna la comunità locale ha saputo conservare questa varietà intensamente aromatica anche grazie alla promozione di dolci tipici come la pasta reale di Tortorici e le ramette di Longi a base di nocciole. Ma gli usi di questa varietà in pasticceria sono estremamente versatili, dal calore dei prodotti da forno, fino alle dolcezze da freezer come il semifreddo alla nocciola.
Nocciola di Polizzi
Presente in Sicilia fin dal periodo normanno, la nocciola di Polizzi è una cultivar antica un tempo largamente diffusa nella zona delle Madonie. Oggi la produzione, visibilmente in declino, consta di soli 150 ettari: per la sua tutela e salvaguardia, la troviamo fra i prodotti registrati nell’Arca del Gusto Slow Food. Il frutto ha forma sferica, dimensioni medie e colore giallo chiaro. Al palato è particolarmente intensa ed aromatica e costituisce l’ingrediente di base di numerose specialità dolci polizzane. Su tutti spiccano i nucatoli, tipici biscotti natalizi a forma di “esse” preparati con frutta secca, miele, vincotto, spezie e copertura di glassa.
Nocciola Tonda Calabrese
La nocciola calabrese è una varietà di altura, la cui coltivazione è diffusa in particolare sulle zone collinari e appenniniche delle Preserre. I comuni di riferimento per la corilicoltura regionale corrispondono a Torre di Ruggiero, Laino Borgo e Cardinale, dove dal 2008 i produttori si sono associati nel Consorzio Calabria per la tutela e valorizzazione della filiera. La tonda calabrese è la cultivar di riferimento, varietà molto pregiata per sapore, aroma e consistenza e particolarmente legata alle pratiche sociali della comunità, dalla raccolta a mano fino al consumo tradizionale durante il periodo natalizio.
Nocciola Tapparona
Anche la Liguria ha la sua bella dose di noccioleti. O meglio, aveva, visto che la produzione è oggi generalmente in declino. Tutte le varietà locali raccolte in questa lista sono infatti prodotti a rischio di estinzione registrati nell’Arca del Gusto Slow Food.
Partiamo dalla valle Sturla nell’entroterra chiavarese con la nocciola Tapparona, la cui coltura è stata praticata fin dal Tardo Medioevo in concomitanza con quella della castagna. La varietà, di forma allungata e appiattita, è caratterizzata da una buona resa alla sgusciatura ma è penalizzata da una bassa resistenza all’irrancidimento e scarsa pelabilità del perisperma. Per questo viene più frequentemente commercializzata come frutta da guscio nel cosiddetto “misto Chiavari”, che comprende varietà minori come Bianchetta, Longhera, Savreghetta e Ronchetta.
Nocciola dall’Orto della Val Fontanabuona
In val Fontanabuona, nell’entroterra genovese, troviamo la nocciola dall’Orto, varietà di forma tondeggiante leggermente allungata. La resa alla sgusciatura è intermedia e rimane bassa la capacità di rimuovere il perisperma; tuttavia il tenore di grassi è notevolmente minore rispetto alla Tapparona, con migliori risultati in termini di conservabilità del prodotto. Ideale per la preparazione di gelati e creme, potete gustare la dall’Orto in abbinamento a piatti tipici liguri come i pansoti, o come guest star dell’alta pasticceria nel goloso Paris-Brest con crema mousseline al pralinato.
Nocciola del Rosso
“Sorella” della nocciola dall’Orto, anche la varietà del Rosso è tipica della val Fontanabuona. Ha forma tondeggiante, si pela facilmente e resiste bene all’irrancidimento grazie al basso contenuto in grassi. Viene commercializzata sia come prodotto da trasformazione, sia come frutta a guscio per il consumo diretto. Tradizionalmente, viene utilizzata nella preparazione del croccante; se invece siete amanti del soffice, potete provarla nel rotolo alle nocciole, dolce fresco a base di pan di Spagna e crema al mascarpone.