Li chiamavano “ragazzi della farina” ed erano tra gli 87 mila italiani che all’inizio del XX secolo emigrarono in Costa Azzurra per cercare fortuna oltralpe. Nel 1915 proprio nelle Alpi Marittime sei fornai su dieci erano italiani e tra questi c’erano gli abitanti di Niella Tanaro (Cn) in fuga dalla loro terra dopo sette anni di grandine e di carestia. Furono loro a preparare il pane per i francesi del sud durante il periodo della prima guerra mondiale e nel 1930, tra Monaco e St Tropez, se ne contavano più di trecento provenienti da questa zona del basso cebano vocata, da sempre, all’arte bianca.
Giovani che negli anni sono diventati proprietari di numerosi panifici (l’ultimo, quello dei fratelli Moro discendenti dei primi espatriati, ha chiuso a Nizza lo scorso anno dopo quattro generazioni), ma che all’inizio sono stati accolti come immigrati, costretti a dormire su sacchi di farina, imparando il francese lavorando davanti ai forni o facendo le consegne in bicicletta per dare il pane ai francesi. Negli anni costruirono però, tutti insieme, un vero e proprio impero che raccontavano ogni estate ai compaesani, quando tornavano per le vacanze nella terra natale.
Niella Tanaro
Questa è la base del grande senso di appartenenza che accomuna tutti gli abitanti di Niella Tanaro dove, dal 2019, per volere del sindaco GianMario Mina si è riaperto uno dei forni comunitari del paese (lì da più di cento anni) che viene acceso alcuni giorni al mese per consentire agli abitanti di cuocere pane, focacce e grissini prodotti in casa. Già, perché qui, sembra un’eresia, ha chiuso da poco l’ultimo panificio locale e così la città del pane, che lo celebra tutti gli anni ad agosto con una grande festa, torna alle radici per valorizzare questa tradizione nel miglior modo possibile. Nei paesi e nelle valli limitrofe lo sanno: “Niela fa la mica bela” racconta un vecchio detto popolare piemontese e lo conferma lo stemma del paese dove, oltre alle spighe di grano c’è la Nigella, erba che cresce spontanea e che conferisce al grano sentori particolari, da cui il comune prende il nome.
Geraldine Giraud e Luc Debove
Tra i discendenti dei panificatori che partirono per cercare fortuna in Francia c’è anche la regista Géraldine Giraud, il cui bisnonno Vico lasciò Niella Tanaro a tredici anni, nel 1910. È stata lei a girare, nel 2020, un film documentario per France 3 Provence-Alpes-Côte d’Azur proprio sulla storia dei niellesi che sono migrati nel territorio nizzardo per lavorare come panificatori.
Ma c’è anche Luc Debove, con il sogno di rilevare la panetteria di famiglia a Nizza, che è però diventato non solo un importante pasticcere (come denota il riconoscimento di Meilleur Ouvrier de France), ma anche Executive Party Chef ed insegnante di arte bianca nei laboratori dell’École Ducasse – École Nationale Supérieure de Pâtisserie che si trova a Yssingeaux, nell’Alta Loira. Niellese anche Riccardo Avetta, conosciuto panificatore torinese, da anni riferimento per l’arte bianca nel capoluogo piemontese.
GraNiella e coltivazioni locali
E se per ora non si produce più il pane, a Niella Tanaro si coltiva il grano. Lo testimonia la GraNiella, presentata ad agosto durante l’ultima Festa del pane di Niella: una farina di grani antichi nata da un progetto voluto dall’Associazione Fondiaria Monregalese e dalla Pro Niella Tanaro. Per ottenerla sono stati recuperati 32 ettari di terreno (di cui l’8% silente e l’11% incolto) seminati con una mescola di quindici grani antichi chiamata Miscuglio Germonte realizzata in collaborazione con l’Università di Torino e con quella di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Il lavoro ha portato a ottenere, per questo primo anno, 110 quintali di prodotto, macinati presso il Polo Agro Alimentare dell’Unimont di Ceva.
I cereali e la panificazione fanno dunque parte della cultura di questo luogo. Lo sanno bene anche Enrico Bergamaschi e Luca Battistini che nel 2018 hanno deciso di aprire a Vicoforte un’azienda agricola che oggi è anche forno. Ridare valore al lavoro agricolo, scoprire la passione per la campagna e la panificazione, scegliere la certificazione biologica, coltivare cereali di antiche varietà: questo il lavoro che stanno portando avanti con Rosso Gentile. Grazie a una ricerca effettuata con il Comizio Agrario di Mondovì, la cui biblioteca vanta una storia dell’agricoltura locale da inizio Novecento a oggi, sono state riscoperte le varietà Frassineto e Gentil Rosso, ma anche il Villa Glori o l’Ardito. La ricerca delle varietà e delle sementi è costante: per questo ogni due anni i soci di Rosso Gentile realizzano un campo catalogo dove moltiplicano le sementi che recuperano in modo da avere una miscela sempre più completa per le proprie farine. I terreni lavorati si trovano nei comuni di Vicoforte e Mondovì e qui, oltre al grano tenero, coltivano anche farro dicocco, monococco, segale e farro spelta. Il passaggio, dopo quello dei campi, è legato alla molitura che viene realizzata internamente: le miscele integrali e semintegrali vengono infine trasformate nel laboratorio di Vicoforte dove, in forno a legna, sono cotti pane, fette biscottate, biscotti e pasticceria secca.