Negli anni Novanta facevamo il kombucha, ma pensavamo fosse una pianta egizia portafortuna

Negli anni Novanta girava una catena di Sant'Antonio che aveva come protagonista una pianta (o alga) egiziana da far figliare e regalare al prossimo: indovinate un po' cos'era?

Negli anni Novanta facevamo il kombucha, ma pensavamo fosse una pianta egizia portafortuna

Se siete nati negli anni Ottanta, è possibile che vi ricordiate di una sorta di catena portafortuna che aveva come protagonista una pianta egiziana che andava alimentata affinché poi figliasse e i figli potessero essere regalati ad altri, in modo che ne facessero la stessa cosa. Una specie di catena di Sant’Antonio infinita, da conservare in un barattolo esteticamente poco attraente, ma simpatico. In fondo, era pur sempre un essere vivente, una sorta di consolazione per chi non aveva convinto i genitori a prendere un animaletto domestico.

Quella che a molti può sembrare una cosa assurda sarà per tanti altri un ricordo vago, infilato in un cassetto della memoria, insieme a quell’odore un po’ pungente (e non del tutto gradevole) che quella pianta gelatinosa immersa in un liquido marrone scuro emanava. Vi dice qualcosa? Se sì, sappiate che quando eravate ragazzi stavate preparando il kombucha, ma non lo sapevate.

La pianta egiziana portafortuna

scoby kombucha

Personalmente non ricordo come sia arrivata nella mia vita la pianta egiziana portafortuna, ma so perfettamente che nel giro di poche settimane tutti in classe (ai tempi facevo le medie) ne avevamo una, frutto della magica proliferazione di questo blob.

Il ricordo di questa moda anni Novanta non è sempre stato vivido, ma come forse accadrà a qualcuno leggendo questo articolo è stato improvvisamente sbloccato, in maniera molto chiara, nel corso di un’esperienza in cui mi è stato insegnato come preparare il kombucha, appena pochi giorni fa. Improvvisamente, immergendo lo “scoby” (acronimo di Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast) in un barattolo pieno di tè, ecco che POUF!, la pianta egiziana è riaffiorata nella mia mente.

Così, ho fatto qualche ricerca online, per capire se fosse tutto frutto della mia immaginazione, o se questo vago ricordo avesse in effetti una radice reale.

Come fare la kombucha a casa Come fare la kombucha a casa

La risposta è arrivata in tempi brevissimi: sui social, il popolo degli anni Ottanta e Novanta si è scatenato, confermando che esisteva una catena di foglie egiziane da coltivare nel tè, che magari erano pure figlie delle mie figlie, chissà. Ecco, è allora che ho cercato qualche informazione in più su questa pianta egiziana.

Il kombucha portava fortuna?

kombucha-madre

La risposta alle mie domande era inaspettata: negli anni Novanta preparavo il kombucha senza saperlo, e sicuramente senza avere la più pallida idea che anni dopo sarebbe diventata una bevanda super trendy (che io stessa adoro, tra l’altro).

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Quella pianta (che qualcun altro chiamava “alga”) era in realtà uno scoby, da conservare appunto dentro il tè per ottenere il kombucha. Solo che ai tempi noi non lo sapevamo, e gettavamo periodicamente quel liquido nel water per ricambiarlo con altro, curandoci solo dei “figli” della coltura batterica, che andavano regalati ad altre famiglie come segno di buon augurio.

Volendo, a seconda di quali fossero le istruzioni di partenza, una volta ottenuto il figlio la “pianta” veniva tolta dal tè e fatta essiccare, conservata poi come portafortuna, ma il destino del liquido che aveva permesso la nascita della prole era sempre lo stesso: non era lui l’oggetto del nostro interesse.

Litri e litri di kombucha finite nelle fogne, con buona pace di chi oggi spende decine di euro per averne in casa per l’aperitivo (eccomi).