Dove vive Hordur, l’uomo che ha sfidato l’Islanda riuscendo per primo a coltivare l’aglio, la natura comanda per chilometri. Può capitare spesso in quest’isola nordica che sa essere ostile come poche, una terra dove se non è il buio ad avvolgere ogni cosa lo fa il ghiaccio, o il vento. Per questo, forse, Hordur ha deciso di non circondarsi di nient’altro. Intorno alla sua casa, nel mezzo del nulla nell’Islanda del Sud, ci sono solo cavalli (popolarissimi da queste parti), e terreni incolti, che se tutto va bene in estate vedranno crescere un po’ d’erba verde.
Mr Iceland
Non è facile la vita in Islanda, ma Hordur l’ha scelta, tornando a vivere qui dopo aver girato un po’ il mondo, tra Europa e NordAmerica. Dei suoi oltre sessanta cavalli islandesi, Hordur ha fatto -come tanti- un’attrazione turistica, mettendo in piedi un’esperienza di autentica Islanda, quella di Mr Iceland.
Quando arrivano i gruppetti di turisti, Hordur veste i panni di Mr Iceland: li accoglie con il suo maglione di ispida lana islandese, fa loro qualche domanda e gli assegna un cavallo, il più adatto alla personalità di ciascuno. Per un paio d’ore, Mr Iceland farà in modo che tra il suo ospite e il cavallo assegnato si crei un legame: insegna come cavalcare, come trasmettere all’animale la propria energia, e poi via, al trotto attraverso il nulla islandese, qualsiasi sia il clima là fuori. Inutile fare i difficili, in Islanda: qui si esce con il sole o con la grandine, con il buio o con la luce, altrimenti ci si piega al volere della natura. E Hordur non è tipo da farlo.
Dopo la cavalcata, raduna i suoi ospiti intorno a un tavolo, per qualche storia vichinga e una cena con prodotti rigorosamente locali. Patate, carote, agnello marinato nei mirtilli: qua la terra non offre molto di più, e Hordur la terra la rispetta, tanto che le sue coltivazioni sono tutte biologiche, sostenibili, realizzate nel tentativo di tutelare la biodiversità (tipo che i campi si coltivano a rotazione, come un tempo). Sulla tavola di Hordur l’unica cosa non a chilometro zero è il vino che annaffia i suoi racconti mentre taglia la carne per i suoi ospiti.
D’altronde, da queste parti, le vigne non crescono. E non cresce nient’altro, in effetti, a meno che non sia in una serra. Questi terreni non fanno regali, nonostante un suolo lavico fertile e ricco di nutrienti. Troppo freddo fuori, e troppo freddo perfino sottoterra. Nemmeno l’aglio è mai cresciuto in questi campi così ostili, prima di Hordur.
L’aglio di Hordur
Lui, qualche anno fa, si è messo in testa di piantare l’aglio nei suoi campi. E ora è il primo islandese al mondo a esserci riuscito. “Questo è il mio terzo anno di raccolto“, racconta. “Il primo è stato un disastro, avevamo avuto un’estate molto fredda e asciutta e la maggior parte dell’aglio era marcito nel terreno”. “In effetti, era stata anche colpa mia: non avevo scelto i campi migliori per questo esperimento”. Per rimediare all’errore fatto, Hordur ha un’intuizione destinata a cambiare la (povera) storia dell’agricoltura islandese. “Due anni fa ho iniziato a piantare alberi, con l’idea che potessero fermare il vento e far aumentare la temperatura del suolo”, spiega. “Avevo ragione: a oggi ho piantato circa 50mila alberi, e la temperatura interna al terreno è salita di cinque gradi, cambiando completamente la situazione per il mio aglio”.
Da lì, la svolta, che Hordur racconta con l’orgoglio di chi, con perseveranza e intelligenza, ha miracolosamente fatto crescere l’erba nel deserto. “L’anno scorso abbiamo raccolto circa quattro tonnellate di aglio: è stato un successo grandissimo, tutti i negozi lo volevano e ho venduto tutto in pochissimi giorni”.
Quello di Hordur è l’aglio che cresce più lentamente al mondo: ci vogliono undici mesi di incubazione all’interno del terreno prima di poterlo raccogliere. Per questo il suo sapore è così ricco e forte.
Il futuro
Oggi, nonostante il successo del suo progetto, Hordur non si ferma. Ha tempo per pensare, qui tra i suoi cavalli, i suoi agnelli e i turisti che vanno e vengono per sperimentare un pezzetto dell’Islanda più vera.
Così lavora per il futuro, come in effetti fanno gli Islandesi, una popolazione abituata a pensare al domani più che all’oggi, a guardare lontano fin dove lo sguardo arriva, nel caso compaia un’aurora boreale a indicare dov’è il Nord.
“I raccolti stanno andando bene, ma non sono ancora soddisfatto della misura del mio aglio”, spiega. “Quest’anno voglio provarne nuove specie. Ce ne sono circa seicento nel mondo, e io non ho ancora trovato quella perfetta per l’Islanda, ma sono certo che un giorno la troverò, mi ci volessero anche vent’anni”, dice, e c’è da credere a uno così ostinato da coltivare qualcosa di diverso in una terra che non ha mai dato frutti.
“Tengo particolarmente a questo progetto”, dice. “Ci sono altri agricoltori islandesi che hanno iniziato a coltivare l’aglio ispirati da quello che ho fatto, e questa cosa mi riempie di gioia. Ma non è solo l’aglio: il mio obiettivo è quello di dimostrare agli Islandesi che qui può crescere molto più di quello che pensiamo, basta lavorarci nel modo più giusto: se ci provassimo, e ci riuscissimo, potremmo essere incredibilmente più sostenibili“.