Il mondo è bello perché è vario, e le miscele di spezie lo dimostrano più di ogni altra cosa. Intere cucine si sono sviluppate intorno a essi, e spesso è proprio grazie a loro che siamo in grado di distinguerle così bene. Garam masala indiano, za’atar libanese, duqqa egiziano, suya nigeriano sono solo alcuni esempi che testimoniano questo legame profondo.
Ve ne parlo insieme a molti altri per imparare ad apprezzarli e usarli in cucina. E, perché no, aggiungere un tocco spicy anche ai vostri piatti. Ecco quali sono i 20 mix di spezie dal mondo da conoscere.
Duqqa
Anche detto dukkah o du’ah (quasi alla toscana), è il blend di spezie, semi e noci tipico dell’Egitto. Solitamente è composto da sesamo tostato, cumino, coriandolo, pistacchio, nocciole, sale, pepe. Il nome in arabo egiziano significa letteralmente “frantumare” dal metodo per produrlo. Ricco di grassi e proteine, era considerato alimento povero per eccellenza, utile a garantire energia durante il giorno.
Ancora oggi viene usato principalmente in abbinamento al pane. Con olio e duqqa la scarpetta diventa deliziosamente croccante, e lo stesso vale per salse e zuppe. Ad esempio i tipici ful medames e bissara, rispettivamente spread e minestra a base di fave. Il duqqa è ottimo anche per condire riso, insalate, uova, avocado toast.
Za’atar
La cucina libanese non sarebbe tale senza la za’atar, mix di erbe aromatiche, spezie e semi. L’ingrediente principe è l’issopo, arbusto nativo molto profumato, insieme a timo, semi di sesamo, sommacco, maggiorana, cumino, coriandolo.
Dal gusto citrino leggermente amaro e consistenza crunchy, la za’atar dà un tocco in più a molti piatti tipici. Dalle salse come hummus e babaganoush, a prodotti da forno come manaqish e ka’ak, fino alle polpette di ceci (falafel) e carne (kibbeh). Da provare anche su patate e zucca al forno, yogurt e pane fatto in casa.
Garam masala
Tipico di India e Pakistan, il garam masala è uno dei mix più conosciuti e in un certo senso fraintesi. Molti lo scambiano con il curry: sbagliatissimo! Il garam masala viene decisamente prima dell’invenzione britannica più riuscita della storia. Il suo nome significa letteralmente “spezie calde” e fa riferimento non solo alla piccantezza, ma anche alla loro funzione contro il freddo.
Di fatto viene usato principalmente nelle aree settentrionali dell’India (a confine con il Pakistan appunto) dove gli inverni possono essere particolarmente rigidi. Ci si arrangia come può, e un blend pungente e aromatico di pepe, cannella, noce moscata, cumino, cardamomo, chiodi di garofano, alloro, finocchio, coriandolo ecc (il mix non è mai uguale a se stesso) torna molto utile.
Viene usato tendenzialmente a fine cottura, oppure mischiato a burro e ghee per sprigionarne l’aroma. Alcuni piatti tipici sono pulao (riso pilaf), rogan josh (stufato di agnello e yogurt), murgh kari (curry di pollo).
Adobo
Di adobo celebri ce ne sono due: lo stufato acidulo filippino di carne e/o pesce che per oggi tralasciamo; e il mix di spezie latino tipico di cucina carabica e statunitense del sud. Composto da pepe nero, cumino, cipolla, origano, aglio e chipotle viene utilizzato in salse, marinate e condimenti.
Se ci capita di confonderlo con il sazòn portoricano non possiamo biasimarvi. La zona è pressoché la stessa e gli abbinamenti molto simili: il sazòn però è molto più erbaceo, e il suo rosso deriva dall’annatto. Entrambi si sposano benissimo con il pollo (allo spiedo, arrosto, in umido), chili con carne, jambalaya (“paella” della Louisiana), guacamole.
Ras el Hanout
Il mix di spezie marocchino per eccellenza si chiama ras el hanout, letteralmente “il top di gamma”. Come altri tipi di curry, la sua composizione varia parecchio a seconda del gusto e della disponibilità. C’è però una base comune di 7 ingredienti o “7 C”: cumino, coriandolo, cumino dei prati, cannella, cardamomo, chiodi di garofano, chili (peperoncino).
Abitualmente compaiono anche curcuma, che conferisce il classico colore giallino, zenzero, paprika, semi di finocchio. Il ras el hanout va a impreziosire piatti tipici come cous cous e tagine di pollo. Ecco qualche consiglio per utilizzarlo: dry rub per marinare carne alla griglia; in pasta emulsionato con olio evo; in polvere da aggiungere al semolino prima della cottura.
Zhug
Zhug o skhug è il mix di spezie yemenita utilizzato come base per l’omonima (e ubiquitaria) salsa piccante. Questa, abbondantemente utilizzata per hummus, falafel e shawarma, è composta da peperoncino, aglio, coriandolo, cumino, cardamomo, sale, chiodi di garofano. Non fatevi ingannare dal colore verde apparentemente innocuo: nasconde un’anima davvero infuocata!
Lo zhug viene emulsionato con olio o altro grasso per ottenere una pasta densa, simile all’harissa, da usare come condimento o salsa da inzuppo. Da abbinare ad alimenti grassi e pastosi per contrastare, almeno in parte, il piccante. Provatelo con shakshuka, quiche al formaggio, gamberi, patate arrosto.
Wu Xiang Fen
Le “cinque spezie” cinesi sono alla base dell’omonimo condimento wu xiang fen. Cinque è il numero degli ingredienti (cannella, anice stellato, chiodi di garofano, pepe Sichuan, semi di finocchio) ma anche dei sapori che essi rappresentano. Dolce, umami, amaro, acido, salato.
Siamo in Cina e non possono mancare proprietà curative oltre che gastronomiche. Secondo la medicina tradizionale infatti il wu xiang fen ha proprietà antisettiche e favorisce la digestione. Sul fronte culinario ha molteplici usi: impanatura per fritti, spezia per cottura stir-fry nel wok, glassa di marinatura, insaporitore di brodo.
Adjika
Fra i fondamentali della cucina georgiana, l’adjika è il condimento tipico della regione Abkhazia. Mix piccante di peperoncino, fieno greco, coriandolo, aglio, cumino, aneto, diventa facilmente una salsa da inzuppo. Basta pestarla bene con noci e olio, esattamente come il nostro pesto.
L’adjika va d’accordo con tutti i piatti del sutra o banchetto georgiano, e vi assicuriamo che sono tanti. Si sposa particolarmente bene con carne ovina e bovina, pollame, uova. Da provare in zuppe fredde come borscht e in ravioli ripieni stile pierogi, o ancora meglio i tradizionali khinkali di patate.
Advieh
Ci spostiamo più ad est e torniamo a parlare di cucina persiana. Qui l’advieh in dispensa non può mancare: un mix profumatissimo di cannella, coriandolo, cumino, cardamomo, noce moscata, petali di rosa, zest di limone, cipolla e pepe nero. Viene usato per impreziosire il riso, ad esempio tahdig, zuppe, frittate e piatti di carne. Ecco alcune categorie:
- Advieh polo: per riso con aroma floreale sprigionato dai petali di rosa.
- Advieh khoresht: per stufati, ha aroma intenso e spesso include zest di lime.
- Advieh ash: per zuppe di intensità media.
- Advieh torshi: blend aromatico usato nella produzione di pickles.
Shichimi Togarashi
Le “7 spezie” giapponesi sono racchiuse nel shichimi togarashi, blend pluri-secolare in voga dal Seicento. È caratterizzato dal gusto affumicato e pungente del pepe (sansho) e dalla consistenza croccante dei semi di sesamo e canapa. Gli altri immancabili sono peperoncino, zest di mandarino (satsuma), zenzero, alga nori.
Ma non finisce qui perché arriva la parte personalizzabile. Ad esempio con foglie di shiso, zest di yuzu, semi di papavero, olio canola. Lo shichimi può essere utilizzato su qualunque cosa, dai noodles agli onigiri, dalle zuppe al pesce grigliato. Da provare con la pasta al burro di miso, aglio e parmigiano, chef’s kiss.
Baharat
La cucina levantina non può fare a meno del baharat, la “spezia” per eccellenza visto che il significato in arabo è tale. Questo mix saporito leggermente affumicato è valido per tutti gli usi quotidiani, e naturalmente ognuno ha la sua ricetta. Normalmente è composto da pepe, cumino, paprika, cannella, coriandolo, noce moscata, cardamomo e chiodi di garofano.
Così com’è il baharat viene utilizzato per piatti in casseruola, topping di rustici e torte salate (come lo sfiha turco) e dry rub per carne e pesce. Ma basta emulsionarlo un poco per ottenere una pasta gustosa e versatile, particolarmente adatta alla marinatura. Da provare con olio evo, aglio e abbondante prezzemolo.
Suya
Fra i meno noti (e sottovalutati) mix di spezie, il suya o yaji arriva dalla Nigeria. Il nome fa riferimento allo street food per il quale viene utilizzato più spesso: suya di pollo, spiedino alla griglia con salsa di arachidi. Così nasce il suo mix di elezione, composto da noccioline tostate, zenzero, aglio, paprika, pepe, cipolla.
Croccante e saporito, è un peccato destinarlo esclusivamente a un solo piatto. Sta benissimo con stufati di carne e verdure, noodles di riso o frumento tipo udon, hamburger vegetali, curry di verdure.
Amba
L’amba (dall’hindi “mango”) è il condimento a base di amchoor o mango verde dal gusto piacevolmente acidulo. Originario dell’India si è diffuso in tutto il Medioriente, compresi Arabia, Iraq, Israele. Unito a curcuma e limone diventa il dressing di elezione per contrastare la grassezza e succulenza di numerosi piatti tipici. Su tutti shawarma e kebab, ma anche kibbeh (polpette fritte di carne) e falafel.
L’amba fresco di per sé sarebbe già un chutney piccante. Per utilizzare al meglio la polvere dunque occorre diluirla con aceto, limone, peperoncino, semi di senape. La salsina ottenuta è una buona alternativa alla tahina qualora non piacesse o foste allergici. Fresca e pungente, si sposa bene alla carne grigliata, uova sode, pita.
Tabil
Alla base di molta cucina tunisina e algerina troviamo il tabil, mix aromatico e versatile. Composto da coriandolo, pepe, anice, finocchio, aglio, cumino, è un’alternativa meno “ricca” del ras el hanout. Gli usi però sono simili: compare spesso nel cous cous, nelle carni grigliate, negli stufati tipo tagine.
Il sapore più aromatico e meno piccante lo rende ideale per il cous cous di pesce tipico tunisino, pesce e crostacei in padella, verdure e legumi in umido. Provatelo con riso e ceci, salsa allo yogurt e perché no, focaccia classica.
Qâlat daqqa
Restiamo in Tunisia per il “mix delle cinque spezie” aka qâlat daqqa o gâlat dagga. Si tratta appunto di un blend semplice a base di pepe nero, chiodi di garofano, noce moscata, cannella, grani del paradiso. Due parole su questo ultimo, suggestivo ingrediente: si tratta del seme di Aframomum melegueta dal sapore pungente e citrino, utilizzato alle origini come sostituto del pepe nero.
Il piatto di elezione di questo blend è la tagine di agnello tunisina, ma anche melanzana, zucca, spezzatino e polpette fritte di carne. Può essere anche utilizzato per aromatizzare frutta e dolci, come il riso alle noci e datteri mesfouf.
Berberé
Il mix etiope piccante mette alla prova anche gli stomaci di ferro. Berberé significa “speziato” o anche “peperoncino”, e le sue origini sembrerebbero risalire al periodo in cui gli Etiopi controllavano la Via della Seta all’altezza del Mar Rosso. La sua componente principale è appunto il peperoncino con cumino, aglio, zenzero, cannella, fieno greco, nigella, coriandolo.
La sua particolarità sta però negli ingredienti tipici meno noti, tra cui besobela (basilico sacro), korarima (falso cardamomo), ajwain (cumino copto), radhuni (sedano selvatico). In polvere o pasta, il berberé compare spesso nella cucina locale, in particolare nei condimenti per il pane injera. Ad esempio fitfit a base di burro e cipolle, derek tibs (stufato di carne), timatim (insalata di pomodori).
Mitmita
Il mitmita è il condimento tipico di Etiopia ed Eritrea a base di bird eye chili, cumino, zenzero, cardamomo, cannella, chiodi di garofano. Attenzione perché rispetto al berberé saliamo addirittura di grado: estremamente piccante e dall’aroma intenso, il mitmita è ideale con i cosiddetti “piatti forti”.
L’esempio più eclatante è nel kitfo etiope, tartare di carne cruda condita con burro e servita con pane injera, coste e formaggio. Un altro uso tipico è nel ful medames, crema di fave diffusa in tutto il nord Africa. È ottimo (usato responsabilmente) anche su pasta, formaggio fresco, yogurt, verdure grigliate.
Piri piri
Non solo blend di spezie, ma anche di culture. Il piri piri è il condimento di Angola e Mozambico, a loro volta influenzati dal dominio portoghese del Quattrocento. L’ingrediente principale è il bird eye chili il cui antenato corrisponde al pilipili africano che venne diffuso dai colonizzatori. Insieme ci sono paprika, zenzero, cipolla, aglio, cardamomo.
Il mix afro-europeo si vede ancora di più nel momento in cui da polvere il piri piri si fa salsa. L’uso tipico è in abbinamento con aceto di vino, zest di limone, origano, dragoncello. Viene usato prevalentemente su carne e pesce, specie pollo e gamberi, da marinare e grigliare. Due piatti da provare sono il frango assado, pollo in salsa portoghese; e il peri peri chicken grigliato mozambicano.
Merkén
Questo condimento cileno è tipico delle popolazioni Mapuche, minoranza etnica indigena. Il suo gusto tipicamente affumicato è dovuto all’ají o cacho de cabra, peperoncino lungo affumicato. L’altro ingrediente immancabile è il coriandolo in semi, ed eventualmente origano, paprika, cumino.
Estremamente versatile, viene utilizzato in cucina semplicemente come sostituto del pepe nero in qualsiasi tipo di piatto. Dal manzo al pollame, dal pesce ai crostacei, dal formaggio alla pasta. Ottimo con ceviche e crostacei, o semplicemente come kick per le noccioline da aperitivo.
Hawaij
Spezie nel caffè? I palati del vicino Oriente, da Yemen a India, dicono sì. L’hawaij è una miscela di zenzero, cannella, cardamomo, anice e chiodi di garofano che fanno, ovviamente senza alcool, le veci dei nostri “correttori” di caffè. Sambuca o acquavite aromatizzata in fondo agiscono allo stesso modo, profumando e dando un tocco balsamico all’espresso da fine pasto.
La differenza è che queste vengono miscelate al caffè pronto, mentre l’hawaij va incorporato al macinato direttamente nella caffettiera. Ne basta un cucchiaino ogni due cucchiai di caffè. Da bere insieme a dolcetti tipici a base di frutta secca e pasta kataifi.