Le 12 ricette della tradizione più discusse dagli italiani

Italiani permalosi e litigiosi a tavola? Direi di sì, e ho qui le 12 ricette della tradizione nostrana su cui amiamo più discutere e scontrarci.

Le 12 ricette della tradizione più discusse dagli italiani

Il popolo italiano non è mai stato celebre per la sua diplomazia a tavola: si sente superiore sempre, nei confronti di qualsiasi cucina estera, nei confronti dello chef stellato che non fa le braciole come le sue, nei confronti della nonna dell’amico che seguiva una versione diversa rispetto alle ricette della tradizione… ed ecco, a proposito,  le 12 più discusse e su cui riusciamo a litigare di più a colpi di primati, storia, origini, drammi familiari e antenati.

Parto dal presupposto che a mio parere discutere e litigare sul cibo non ha il minimo senso. Cos’è esattamente la tradizione? Cos’è esattamente l’Italia, gatronomicamente parlando? Davvero è possibile stabilire un momento preciso in cui una ricetta diventa di colpo quella ufficiale, e le versioni precedenti non valgono più? Cosa da fastidio, esattamente, del fatto che io faccio la pasta così e tu cosà: che ti spezzo una comfort zone, oppure un orgoglio di qualche tipo? Se è così, siamo messi maluccio perché significa che siamo lontani dal comprendere che in cucina non ci sono mai né vincitori né vinti.

1. Lasagne e ragù

strato di sugo su lasagne

Ma… lasagne emiliane, alla bolognese o napoletane? Il ragù va fatto con scarti e tanta ciccia oppure con macinato selezionato e più sobrio? Sfoglia verde o gialla? Quanti strati esige la tradizione, e quanta besciamella? Il termine viene dal latino leganon e gli antichi romani – come scrive Apicio – facevano queste sfoglie di impasto farinaceo e le cuocevano sul fuoco, da cui sono nate piano piano molteplici tipologie di lasagne come le intendiamo oggi. Se di quelle Bolognesi c’è traccia già nel Medioevo, di quelle “napoletane” con formaggio a pasta filata ce ne sono dal 1600 circa ma esistevano già prima con ingredienti vari. Inoltre, la pasta è da sempre all’uovo (un ingrediente ora scontato nella pasta fatta in casa, ma centinaia di anni fa non lo era affatto)? E le lasagne di altre regioni, i vincisgrassi marchigiani giusto per citarne una, cosa sono?

2. Pizza

Gli italiani non considerano pizza quella fatta extra confine italiano, i napoletani non considerano pizza quella fatta extra confine campano, Sorbillo non considera pizza quella fatta extra se stesso (e non sa più come ribadire il concetto, soprattutto dopo la recentissima e ridicola diatriba con Briatore). Eppure, la pizza è ormai patrimonio degno di mezzo mondo perché è una ricetta interpretabile in maniera illimitata: chiunque si cimenta nel farla può contribuire a renderla migliore, stop, basti pensare al fatto che uno dei “maestri mondiali di pizza” è giapponese. Inoltre, anche la pizza romana (la pinsa, che tra l’altro è ben più antica della pizza “alla napoletana”) è pizza, è lo è anche quella al trancio spessa così come quella sottile e più croccantina. Sulla pizza tornerò con un articolo dedicato.

3. Tiramisù

fetta di tiramisu

Se per la pizza napoletana esiste un disciplinare – il che, lo ricordo, non la rende la migliore delle pizze ma solamente una pizza che fatta diversamente non potrebbe chiamarsi così – per il tiramisù non esiste nulla. Qualunque dolce stratificato con una parte secca, una liquida e una cremosa in teoria potrebbe chiamarsi tiramisù. Ma anche restando fedeli alle caratteristiche per molti imprescindibili di questo dessert presumibilmente inventato a treviso da Aldo Campeol, è perfettamente inutile indignarsi se qualcuno mette marsala nella crema o un altro liquore, o se qualcuno usa caffè decaffeinato, o se si aggiunge la panna montata nella crema di mascarpone (da dove credete venga, il mascarpone?!).

5. Arancino (e arancina)

In questo caso si affilano le asce bipenni anche solo a nominare questa ricetta della tradizione: arancino o arancina? E al plurale? Aiuto, forse facciamo prima ad abbracciare i tempi e usare il linguaggio inclusivo: “arancinə” oppure “arancin*”. Persino Giorgia Meloni si interroga su questa tematica, e grazie al cielo non è ancora diventata una diatriba politica. In più ci si mette pure la forma: tonda o a goccia? E, dentro, ci vanno solamente alcuni ingredienti o è concesso uscire dal seminato?

6. Parmigiana di melanzane

teglia di melanzane alla parmigiana

La parmigiana di melanzane è sempre una protagonista interessantissima se citata in disquisizioni culinarie. Si riesce a litigare su cose come melanzane fritte o al forno, pomodoro in salsa o pezzettoni, mozzarella o altro formaggio… quando, se c’è una cosa DAVVERO tradizionale legata a questa pietanza, non riguarda la specifica “melanzane” bensì il soggetto “Parmigiana di”. Ci si concentra e si discute sull’ingrediente come se fosse la cosa fondamentale, ma non lo è: se non si chiama “melanzane alla parmigiana” ma “parmigiana di melanzane” è perché la melanzana è solo uno degli ortaggi che possiamo impiegare nella ricetta. La tecnica “parmigiana” si riferisce solo all’aspetto della pietanza finita: “parma” significa scudo o armatura, e in gastronomia potrebbe far riferimento a qualcosa di stratificato e bello compatto. Melanzane, patate, zucchine, formaggi, zucca etc etc.

7. Amatriciana

Sicuri che si dica amatriciana e non matriciana, senza la a? Non è che per caso esistono entrambie e sono pietanze con sfumature diverse? Vengono da Amatrice, o questo condimento esisteva già prima e magari anche altrove? Si dice che Arnaldo Bucci, pace all’anima sua, fosse il maetsro indiscusso di questa ricetta ma il punto è che c’è sempre almeno un maestro indiscusso di amatriciana in ogni unità familiare nel Lazio e dintorni. Perché? Perché la propria tradizione è molto più importante e forte della tradizione in senso lato: la prima amatriciana che assaggiamo, o l’amatriciana con cui siamo cresciuti, sarà sempre la più buona di tutte. Anche se non rispetta percentuale di grasso o quant’altro.

8. Tortellini

tortellini

Sui tortellini si potrebbe parlare un decennio, infatti è uno degli argomenti più affascinanti e più complicati da affrontare, sia per tecnica, sia per luogo, sia per storia e ingredienti. Ci sono in ballo millimetri, letteralmente. Ma, anche in questo caso, allo stesso tempo c’è poco su cui scannarsi: esiste un compendio ufficiale del tortellino e recentemente le sfogline sono state riconosciute in Emilia-Romagna come professioniste qualificate. Cosa giustissima. Ma, e ripeto MA, ci sono lunghissimi anni di vita prima dei tortellini che noi ora definiamo “tradizionali” e “ufficiali”: molto diversi dagli attuali, quasi irriconoscibili, eppure con un’esistenza più lunga rispetto a quella dei tortellini moderni. Inutile, quindi, litigare su quale via di Modena faccia i tortellini perfetti arricciati perfetti col ripieno fatto con le perfette percentuali: la tradizione è un concetto relativo, soprattutto nell’ottica di due millenni o più di storia a fare da ombra silente ma che avrà un bel peso ancora per molto tempo.

9. Pesto alla genovese

mortaio in cui viene pestato il pesto

C’è chi si strappa i capelli dall’indignazione se vede qualcuno suggerire di fare il pesto al basilico con un food processor e non con pestello e mortaio. Da una parte c’è della ragione: il pesto alla genovese è fatto a mano con appunto i due strumenti citati e, con altre tecniche, perde di valenza e dovrebbe essere chiamato con un nome diverso. Sì, ma allora facciamo i pignoli e oltre al mortaio usiamo anche esclusivamente il basilico di Pra, l’olio extravergine d’oliva ligure etc etc. E sappiamo che raramente funziona così. C’è chi il pesto alla genovese lo preferisce senza aglio… e c’è chi all’estero osa abbinare pesto e limone nella pasta con gli italiani che inorridiscono: ma dove sta il problema, esattamente, che c’è chi fa il pesto con il bimby?

10. Carbonara

Ristorante Libra, Bologna

Luca Cesari riassume in 10 punti il fulcro della situazione carbonara: nel suo articolo, che sembra una provocazione e invece è pura analisi storica, spiega benissimo l’illusione di tradizione cui in molti ci aggrappiamo con tutte le forze, per non si sa bene quale motivo. Personalmente non ho altro da aggiungere alle sue parole.

11. Caponata

caponata siciliana in una ciotola

La Sicilia è una realtà talmente ricca di sfaccettature e influenze antiche ed etnie che è davvero un peccato litigare sulla versione di qualsiasi ricetta tradizionale che le appartiene: lo trovo avvilente, ritengo che denaturi tutta la forza di quell’Isola. Come si può pretendere che la caponata – frutto di molti ingredienti dolci e salati miscelati in un perfetto equilibrio – possa essere una sola? Ne esistono molte, con molte varianti, aggiunte e qualcosa in meno, mani diverse che hanno imparato a farla dal passato e da miliardi di altre mani. Perché discutere sul cappero e l’uvetta, quando potremmo scoprire a ogni assaggio una caponata nuova e comunque magica?

12. Caffè

caffè nella moka

Il caffè deve necessariamente far parte di questa lista, come “ricetta”. Sì perché sembra che gli italiani abbiano inventato non solo la ricetta per fare la bevanda, ma anche la pianta (noto in tutto il mondo, il caffè coltivato in Italia). Vale qui lo stesso discorso della pizza: per gli italiani ogni caffè fatto all’estero fa schifo, e nella fattispecie per i napoletani ogni caffè fatto fuori regione fa schifo. Peccato che la tradizione del caffè non appartenga né a Napoli né all’Italia: semplicemente, qui abbiamo sviluppato un metodo per farlo che in qualche modo ha fatto il giro del mondo. Si tratta di uno dei metodi, non del migliore: il caffè è solamente puramente semplicemente questione di gusto personale.