Le differenze tra l’Aceto Balsamico di Modena IGP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP

Laddove non arrivano i rispettivi consorzi, arriviamo noi: una piccola guida sulle differenze tra i due Aceti Balsamici di Modena, il Tradizionale DOP e l'IGP.

Le differenze tra l’Aceto Balsamico di Modena IGP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP

L’Aceto Balsamico di Modena IGP è spesso considerato come un’alternativa economica, e a volte un “fratello povero” del più celebrato Aceto Balsamico di Modena Tradizionale DOP. Eppure ha dalla sua numeri impressionanti, che lo piazzano saldamente nella top 5 della produzioni alimentare italiane con Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e Mozzarella di Bufala Campana, con una produzione certificata di novanta milioni di litri l’anno. Dati che sembrano però essere le uniche certezze per un prodotto la cui filosofia produttiva resta sfuggente, complice una regolamentazione molto poco restrittiva che dà spazio tanto ai produttori virtuosi quanto a chi si limita ad assemblare aceti e mosti delle più svariate provenienze.

E il più recente, nuovo disciplinare, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel 2023, non presenta modifiche in tal senso, introducendo nuovi parametri per il prodotto “invecchiato” e la possibilità di confezionare l’aceto in bottiglie più piccole : un’opportunità qualitativa per alcuni, un’ennesima occasione di confusione per il consumatore per gli osservatori più critici, a cui verrà richiesta ancora più attenzione e per discernere tra le nomenclature e i packaging.

Ed è proprio al consumatore che pensiamo con questo piccolo Bignami delle differenze tra l’Aceto Balsamico di Modena Tradizionale DOP e l’Aceto Balsamico di Modena IGP, che sviscereremo disciplinari alla mano.

Ingredienti

uva

Partiamo dall’inizio del processo produttivo, cercando di capire le differenze tra i due prodotti in termini di materie prime, la loro qualità e la provenienza a livello dei disciplinari. Sul Balsamico Tradizionale di Modena DOP ci sono pochi equivoci possibili, trattandosi di mosto cotto al cento per cento proveniente da uve Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino e Occhio di Gatta, tutte provenienti dalla provincia di Modena. Discorso diverso invece per il Balsamico di Modena IGP, la cui produzione prevede aceto di vino, mosto cotto o concentrato e caramello. I mosti cotti o concentrati, il cui quantitativo non può essere inferiore al 20% della massa, devono essere prodotti partendo da uve Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni, la cui provenienza può essere ovunque, sia fuori dalla zona d’origine che extra Italia: uno dei principali fornitori di mosto concentrato di Lambrusco per l’IGP è, ad esempio, la Puglia.

La lavorazione

Aceto balsamico di Modena tradizionale DOP

Il processo di produzione dell’ABTM DOP (perdonate il necessario acronimo), è celeberrimo: il mosto viene fatto bollire per almeno mezz’ora ad una temperatura non inferiore agli ottanta gradi, per ottenere il mosto cotto che subirà la fermentazione alcolica ed acetica. Seguirà il caratteristico lungo periodo di maturazione -non meno di dodici anni come previsto dal disciplinare- attraverso il metodo Solera, con il caratteristico rituale di travasi e rincalzi nelle batterie di botti di legni aromatici come rovere, castagno, ciliegio, ginepro o frassino.

Cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop Cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop

La produzione dell’IGP è un po’ più da approfondire. All’aceto di vino (che deve essere almeno il 10%) si aggiunge mosto cotto e/o concentrato per almeno il 20% . È prevista l’aggiunta di un’aliquota non meglio definita di aceto invecchiato almeno dieci anni, e l’eventuale aggiunta di caramello prevista negli ingredienti non può essere superiore al 2%. L’affinamento minimo è di sessanta giorni, e può raggiungere un minimo di tre anni per potersi fregiare della dicitura “invecchiato” in etichetta. Una cosa va sottolineata: se per ottenere la DOP al produttore sono richieste le fasi di fermentazione, e lunghissimo invecchiamento, per l’IGP il produttore può limitarsi alla fase di miscelazione e, appunto, l’affinamento di 60 giorni.

I controlli

aceto balsamico di Modena Tradizionale

Come per tutti i prodotti DOP e IGP, anche per l’Aceto Balsamico è necessaria la presenza di un organismo di controllo esterno la cui attività è, per le questioni non previste nel dettaglio dal disciplinare, stilare autonomamente un “Piano dei controlli” mettendo poi effettivamente in opera loro stessi quanto previsto. È il caso, per esempio, del numero di questi controlli, che nel caso dell’ABTM DOP, per quanto riguarda l’imbottigliamento, devono essere fatti almeno nel 10% delle giornate di confezionamento o comunque almeno tre volte l’anno, mentre per l’IGP sono a totale discrezione dell’imbottigliatore, che può coincidere o meno con il miscelatore o produttore. Sono previste anche analisi organolettiche per stabilire la compatibilità dei campioni con gli standard stabiliti dai consorzi, ma è facilmente intuibile che, mentre quelli per il DOP sono molto più stringenti -parlandosi infatti di analisi sensoriale- per un prodotto dai confini più labili come l’IGP che, ricordiamo, si basa sulla miscelazione di materie prime provenienti potenzialmente da ovunque, la prova d’assaggio difficilmente veda campioni respinti, a meno che non ci si trovi di fronte a problemi davvero gravi ed evidenti.

Le confezioni

aceto balsamico

Il packaging del DOP è ormai storico e ben riconoscibile: si tratta dell’ampolla da 100ml disegnata nel 1987 da Giorgetto Giugiaro, ma sono ammessi anche formati da 200 e 400ml. L’aggiornamento del 2023 del regolamento dell’IGP prevede diversi nuovi formati, da 100, 150, 200ml e da 1,5L, per un gamma molto ampia che arriva fino ai 5L. È proprio quest’ultima introduzione di confezioni più piccole, insieme alle novità previste per l’IGP invecchiato -che prevede maggiore densità e acidità minore rispetto al normale Balsamico IGP- ad essere vista da molti come una spudorata strategia di mercato, che presenterà al pubblico un prodotto organoletticamente “ruffiano” ma andando a creare ulteriore confusione nel consumatore, facendo ritenere il nuovo regolamento un’occasione persa per dare veramente una nuova definizione del prodotto IGP più incentrata su territorialità e qualità.

L’aceto balsamico di 100 anni non esiste, eppure si vende carissimo L’aceto balsamico di 100 anni non esiste, eppure si vende carissimo

Una situazione che su cui non si riesce proprio a fare chiarezza nemmeno con lo sforzo congiunto dei due consorzi, culminato due anni fa con un accordo che ha dato vita al progetto “Terre del Balsamico”, nuovo ente dalle sinergie evidenti: unire il prestigio e la grancassa mediatica dell’Aceto Balsamico di Modena Tradizionale DOP e la concretezza dei numeri dell’Aceto Balsamico di Modena IGP. L’ennesimo ente che si affaccia al pubblico rendendo, se possibile, ancora meno netta la differenza tra le due produzioni, e rendendo più complicata la vita a chi, legittimamente, vuole sapere cosa compra senza doversi approcciare allo scaffale studiando disciplinari e regolamenti.