Questa cosa di 3 giorni lavorativi a settimana… mi son svegliata felice… io proseguirei così. E comunque, di fronte al bivio esistenziale: lavorare 5 giorni o lavorarne 3 e cucinare la Ribollita sceglierei questa. Soprattutto ora che la Ribollita l’ho già fatta.
Vendetta verso l’ex con l’istinto da negriero.
I veri fighi toscani sono quelli che oltre a sbiadite foto della nebbia sull’Arno, ti regalano libri in ricordo di antichi menage. Non importa se i titoli lasciano pochi dubbi su come volevano avvalersi di te: Cucina toscana. Ricettario di Guido Petrittoni. Lo riprendo alla voce Ribollita e trovo fagioli cannellini, borlotti, spinaci, pane casereccio raffermo. Mai trovato pane casereccio in Toscana. Non è finita: dopo aver formato gli strati zuppa e pane devono riposare per qualche ora, e si finisce con soffritto di olio e aglio. Al massimo, è una ricetta buona come vendetta verso l’ex.
Zuppa calda o “tostata”?
E proprio in uno di quei giorni in cui nei libri non trovo assolutamente niente… non trovo assolutamente niente. Così passo a Google. Due dritte interessanti: primo, che posso usare rosmarino, alloro, timo, peperoncino e altro ancora. Secondo, che se ho ospiti vegani questo è un grande piatto. Terzo, che verze e bietole non è detto che si trovino sempre (ma questa la sapevo). Non mi torna un cosa, invece, 24 ore di riposo degli ingredienti in una ciotola cui aggiungere cipolla cruda, per poi tostare tutto sotto il grill. Mi sento inutile come un corso di scrittura creativa, io che mi pensavo che le zuppe dovervano essere calde, non tostate.
Da Burde, il microcosmo più rappresentativo della Ribollita.
Per ore ho cercato di togliermi ogni dubbio, poi mi sono ricordata dei fratelli Gori. Andrea e Paolo, il microcosmo più rappresentativo delle Ribollita in quanto premiata ditta della Trattoria Da Burde a Firenze. Mi fanno felice (e essere felice equivale a vincere un bonus di carboidrati che spenderò stasera). Nella loro versione tornano verze e bietole, e più che altro le patate da tagliare a fette, finora non pervenute. E poi si va con le fette di pane alternate alla zuppa. Conseguenze del cianciare con i Gori al telefono: un paio di segreti imparati. 1) Passare una parte di fagioli per dare più tono alla zuppa. 2) Aggiungere il fondo di cottura dell’arrosto che è una tranvata di sapore.
La ricetta perfetta.
Ingredienti. 300 gr pane toscano raffermo, 200 gr di fagioli cannellini lasciati in ammollo per 12 ore, 400 gr di cavolo nero, 300 gr di cavolo verza, 200 gr di bietole, un paio di patate, due carote, una cipolla (magari rossa), due coste di sedano, 1 piccolo spicchio d’aglio, 200gr di polpa di pomodoro, olio, sale, pepe, timo, peperoncino.
Lesso i fagioli con abbondante acqua (ci ho messo anche sedano e carota), passo una parte dei fagioli e aggiungo tutto al brodo. A parte, metto su un soffritto leggero con cipolla e aglio intero, aggiungo carote e sedano tritati, e una volta morbidi anche polpa di pomodoro e poco peperoncino se vi piace. Lascio stufare un po’.
Nel frattempo, taglio a strisce le verdure eliminando i gambi duri, sbuccio e taglio a fette grosse le patate. Unisco tutto al soffritto e lascio cuocere per qualche minuto, infine aggiungo i fagioli con il loro brodo, e faccio andare per un’ora.
A cottura completa unisco il pane raffermo e del timo, sistemo la zuppa in un tegame di coccio, se l’avete (io no, maledizione). Rimetto sul fuoco per addensare un po’. Filo d’olio a crudo e si mangia.
P.S. Scrivere che queste sono le linee guida, ma come tutte le ricette popolari la Ribollita in Toscana cambia di campanello in campanello, gareggia per banalità con i politici che dicono “io non ti ho interrotto, gradirei non essere interrotto”.
E il vostro Ribollita touch? Siete più per non toccare il superclassico toscano o amate scapicollarvi in interpretazioni diverse?
[Crediti | Link: La Feltrinelli, Kitchen Bloody Kitchen, Da Burde, immagini: Silvia Fratini]