Profumo ricco, avvolgente, vanigliato con un sentore appena pronunciato di caramello. Sapore assimilabile a quello delle mandorle, con aromi non comuni, speziati e affumicati insieme.
Così viene di solito descritta la fava di tonka, ricavata dei semi di un enorme albero che cresce nella foresta amazzonica, ingrediente di cui sia i pasticcieri che noi cuochi casalinghi dobbiamo tenere conto se vogliamo preparare dolci indimenticabili. Specie da quando Pierre Hermé, l’ha descritta come ingrediente indispensabile di tarte e macaron.
Il sapore mandorlato-vanigliato si abbina alla perfezione con il cioccolato, con la zucca, con i frutti più dolci come fragole e albicocche, ma sta bene in tutte le preparazioni che prevedono l’uso di vaniglia. Le note aromatiche ne suggeriscono l’impiego anche nei cocktail, specie se includono whisky e cognac. Non è raro trovarla anche in cucina, amata dagli chef per l’aroma delizioso, viene spesso impiegato per potenziare maionesi e sorbetti.
Si usa grattugiata in piccolissime dosi all’ultimo momento (per mantenere l’aroma) soprattutto nei gelati, nella panna cotta, nella creme brulée, nelle torte alle mandorle.
Ma oltre a un aroma delizioso, la fava di tonka può essere anche nociva e, in dosi elevate, addirittura letale.
Questo a causa del contenuto elevato di cumarina, sostanza responsabile del caratteristico aroma presente in centinaia di altre piante, comprese lavanda e ciliegie.
Non per nulla negli Stati Uniti la vendita di fava di tonka è vietata dal 1954, cosa che non le ha impedito di essere nei menù di numerosi ristoranti stellati, da New York alla California, rendendo gli USA il più grande Paese importatore di fava di tonka del pianeta.
La cumarina delle fave di tonka è stata isolata nel 1820 –il nome deriva dal termine caraibico dell’albero di tonka, il coumarou– e poco dopo è stata riprodotta in laboratorio, dallo stesso chimico inglese che inventò il primo colorante sintetico.
Ma è solo dal 1940 che la cumarina di sintesi è decollata, rimpiazzando la meno economica vaniglia naturale nelle preparazioni dolci.
Ma con la diffusione sono emersi anche i problemi: gli studi condotti su cavie da laboratorio hanno mostrato che livelli relativamente bassi di cumarina causavano danni al fegato in poche settimane. Negli ovini, appena 5 grammi di cumarina, ovvero due cucchiaini da tè, si erano rivelati fatali.
La cumarina non è presente soltanto nella fava di tonka. Ad esempio, se la cannella autentica ricavata dalla corteccia della pianta Cinnamomum verum, originaria dello Sri Lanka, presenta livelli bassi di cumarina, la cannella che abbiamo in dispensa, ricavata dall’albero di cassia e proveniente dal Sud Est asiatico, contiene circa 25.000 volte più cumarina di quella originale.
Un solo cucchiaino di cannella di cassia, secondo i dati dell’Unione europea, sarebbe sufficiente per causare la morte di un individuo.
La cumarina, al pari dell’alcol, sviluppa la sua azione dannosa non in seguito a singoli episodi, ma con il suo consumo protratto nel tempo, e gli effetti dannosi si manifestano solo dopo anni, anche se nessuna delle morti per patologie legate al fegato può essere collegata inconfutabilmente alla cumarina.
Ma arrivare alla dose letale di curcumina non è esattamente facile: si dovrebbero assumere almeno 25 fave di tonka o mangiare una ventina di brioche alla cannella, per un totale di circa 5.680 calorie.
Anche per questo negli Stati Uniti è allo studio un’interpretazione meno restrittiva della legge che ne vieta la vendita. Una delizia del genere non può essere illegale.
[Crediti | Link: BBC]