La donna ha, così almeno mi dicono, una vocazione naturale per ordine e pulizia nonché una meravigliosa attitudine per l’economia domestica e l’organizzazione della casa. E’ scrupolosa, creativa, premurosa, in grado di cogliere le emozioni più intime e, dote da non sottovalutare, di ritrovare gli oggetti dispersi nei misteriosi anfratti delle quattro mura. In termini di cucina, se chiedessimo a qualsiasi cuoco stellato o cappellato o forchettato se ordine, pulizia, organizzazione, creatività, sensibilità e premura, siano doti funzionali al cucinare, sappiamo già che la risposta tuonerebbe come un maestoso e portentoso SI.
Quindi, in quanto donna, ho fatto di me una cavia e mi sono cimentata in uno spericolato esperimento culinario, con l’obiettivo di verificare se quello che dicono di noi è vero.
Analizziamo i fatti, punto per punto.
ECONOMIA DOMESTICA.
Devo preparare la cena: apro il frigo e osservo quel che c’è dentro. Noto la presenza di lenticchie comprate in Francia, già messe a mollo malgrado la stagione, e pronte per essere lessate, qualche avanzo di verdura nella cassetta degli odori e il concentrato di pomodoro. Mi si stampa in mente il ricordo delle lenticchie di Capodanno, quelle belle palline scure e cremose che molti mesi fa hanno accompagnato il brindisi di mezzanotte. Pensa un po’, mi viene voglia proprio di quelle, pure senza cotechino.
CREATIVITA’.
Però non mi va di seguire una ricetta, mi va di sperimentare, di provare cose nuove e quindi spengo il computer poco dopo aver digitato su Google: Lenticchie di Capodanno, e comincio ad andare a braccio. Cosa fare? Ma che domande, il brodo vegetale che come quello primordiale, è l’origine di ogni cosa.
ORGANIZZAZIONE.
Pulisco la cipolla, mezza carota, una patata, un gambo di sedano e un porro, poi metto l’acqua sul fuoco. Solo dopo, mi accorgo che nel lavandino giacciono agonizzanti i piatti del pranzo. Mentre l’acqua ci mette il suo tempo a bollire, li lavo. Nel frattempo rispondo al telefono, discuto col fidanzato, fumo un paio di sigarette e bevo una birra. Che volete, noi donne siamo multitasking. Quando l’acqua arriva ad ebollizione, immergo le verdure e aspetto circa 40 minuti. Una volta cotte, le tolgo e le passo con il minipimer. Nel brodo infilo le lenticchie e parte delle verdure frullate perché magari danno più sapore, hai visto mai.
PULIZIA.
La situazione del piano di lavoro si fa critica. Pezzetta alla mano ripulisco gli schizzi di verdure sparsi un po’ ovunque, getto i resti di bucce e di pulitura, lavo i 16 cucchiai che non ho capito come sia riuscita a sporcare, e la pentola di ieri che avevo dimenticato prima, poi accuso deliberatamente il mio fidanzato di non lavare mai i piatti, tanto ormai abbiamo litigato.
ORDINE.
Cerco di formulare i vari passaggi di una ricetta che non conosco, il processo mentale è più o meno questo: “Nel cuocere le lenticchie il brodo andrà ad evaporare quindi il sale lo aggiungo dopo, l’olio pure e lo stesso per il concentrato di pomodoro. Quando stanno per arrivare a cottura probabilmente dovrò togliere un po’ di liquido in avanzo, lo metterò da parte per finire di cuocere, come si fa col riso”. Mi sembra che la situazione sia sotto controllo, posso accendermi un’altra sigaretta e stappare il Barolo docg Bussia di Fenocchio, così prenderà aria. Nel frattempo faccio pace col mio fidanzato.
PREMURA.
Giunge il fatidico momento di agire sulle povere palline marroni, siamo ad una ventina di minuti dal punto ottimale di cottura. Allora aggiungo gli ingredienti e comincio ad assaggiare compulsivamente: manca di sale, aggiungo il sale, manca anche un po’ di peperoncino, ancora un goccio d’olio e il pomodoro. Assaggio ancora e ancora poi giro e rigiro col mestolo di legno e vado avanti così fino a che quello che sento non mi soddisfa. Quasi.
RITROVARE GLI OGGETTI SMARRITI.
Con l’ultimo assaggio mi viene in mente come una folgorazione il sapore di una spezia a me cara, un blend tipico della Libia a base di pepi, cannella, noce moscata dal nome Ararat e mi lancio nella ricerca del barattolino trasparente. Sono sicura di averlo da qualche parte quindi smonto il pensile sui fornelli, il mobile a fianco, la dispensa dietro e, finalmente, lo trovo. Aggiungo Ararat q.b.
SENSIBILITA’.
Siamo alla fine, c’è ancora qualcosa che mi sfugge. Il gusto è rotondo, speziato, saporito. La cremosità ha raggiunto il Nirvana ed è piccante come piace a me, solo che manca un po’ di luce e il piatto ne risente. Chiudo gli occhi e provo ad attingere al mio (limitato) archivio di sapori: cerco, immagino e alla fine trovo. Una bella scorza di limone, ecco cosa ci vuole. Il piatto è pronto
Se dovessi essere io a giudicare la riuscita dell’esperimento, direi che è fallito. Le lenticchie sono buone, niente da dire, ma dovreste vedere il casino che sono riuscita a combinare, epocale. Allora vi prego donne e prego anche voi, uomini, ditemi che non esiste uno stereotipo, che in fondo dipende dal carattere, consolatemi con le vostre vicende personali perché altrimenti l’ego di milioni di donne pasticcione ne risentirà terribilmente e questo noi non lo vogliamo. Vero?