Sesso, educazione, sfumature di colori a caso, politica, cultura generale, come guadagnare con i bitcoin. Parole stampate, nero su bianco, che parlano di qualsiasi argomento, in ogni angolo di mondo. Ci hanno insegnato questo: che con le parole (e con i libri di conseguenza) si può dire tutto. Censura esclusa, ci mancherebbe. E quindi andiamo a cercare anche la cucina, il cibo, il desiderio dello stesso in testi che di cucina e di desiderio non sono.
Le ricette della signora Tokue
Questa è una storia di solitudini che si incontrano, quella tra il pasticcere Sentarō, che con noia atavica gestisce una bottega di dorayaki (dolce tradizionale giapponese) e l’anziana signora Tokue che, giorno dopo giorno, si presenta alla sua porta chiedendo di diventarne l’aiutante. Conquistato dal gusto di questa speciale confettura di fagioli (an) che come la fa Tokue nessuno mai, con cui si farciscono i dorayaki, Sentarō, pur con una certa ritrosia, assume la donna e da lei apprende lentamente e ovviamente molto più della ricetta dell’an perfetto.
Non l’aveva scelto lui quel lavoro. Voleva tornare a essere libero il prima possibile. Era tutto quello che desiderava. Eppure provava uno strano senso di soddisfazione, era come se avesse raggiunto un traguardo. E quindi si sentiva un po’ disorientato. Da un lato aveva voglia di gridare vittoria, dall’altro sentiva che la situazione si complicava… aveva un po’ perso le coordinate.
Non brilla certo in originalità della trama (uomo solo inaridito dalla vita che grazie al dolce, reale e metaforico, si rinnamora di se stesso e dello scorrere dei giorni tanto da scorgerne nuovamente il senso del bello) ma il nostro Le ricette della signora Tokue di Durian Sukegawa è piacevole, scorrevole, ti rimette in pace coi buoni sentimenti (che comunque non si può mica essere costantemente esacerbati dalla vita. Credo.)
La scuola degli ingredienti
Ne sentivamo il bisogno? No.
La mancanza o l’urgenza? Neppure.
Però magari poi vi piace e chi sono io per tarpare le ali a un lettore.
A metà tra un romanzo e gli appunti di una food-blogger alle prime armi, la Bauermeister ci catapulta in una scuola di cucina in cui Lillian, sotto gli occhi impazienti e ammirati dei suoi allievi del corso, muove con sapienza unica le sue mani all’interno dell’impasto per una torta dove COLPO DI SCENA inserisce questo fantomatico ingrediente segreto che nessuno riesce a scoprire cosa diavolo sia. Che poi, Erica mia, cosa ci vorrai mai mettere in una torta? Cioè, per carità, a me si ammosciano anche i muffin precotti, però santo cielo, cosa vuoi che ci sia di tanto strabiliante in una torta?
“Circondata dagli allievi, Lillian sta per aggiungere l’ultimo tocco, poi la torta sarà pronta. Pronta ad addolcire un momento di tristezza, a suggellare una promessa, a regalare un briciolo di felicità. Nessuno meglio di lei conosce la magia degli ingredienti: era solo una bambina quando, grazie a una misteriosa ricetta, ha salvato sua madre. Sono passati anni da allora, anni in cui ha combattuto, ha sofferto, si è ribellata, a volte ha perso ogni certezza. Tutte tranne una: la fiducia nella magica alchimia del cibo. Per questo il suo ristorante è un luogo speciale, dove si ritrovano ricordi perduti, si stringono promesse d’amore o nasce un’amicizia. Ciò che Lillian non sa, o che a volte perde di vista, è la ricetta giusta per lei. Potrà ritrovarla solo se accetterà di mettersi alla prova”.
Potrei perdonare quasi tutto a questo libro, persino questa scrittura puerile, semplicemente andando oltre e non parlandone più. Potrei ma non voglio perché siamo arrivati al limite della sopportazione di questi scritti che ci insegnano a vivere, che tra una lezione di cioccolata e l’apertura di un ristorante laddove prima era tutto povero e abbandonato e poi con l’ingrediente segreto e prezioso della costanza e PER L’AMORE DEL CIELO della resilienza, si ergono successi personali e di gruppo.
No signore e signori, non esiste l’ingrediente segreto, né per infornare torte né tantomeno per avere successo. Smettetela di ficcare in testa a voi stessi e a potenziali lettori che con una botta di fortuna, una di palo santo e delle bacche di goji per guarnire e non invecchiare, si possa risistemare l’universo. Grazie.
Poiché sento il bisogno di aprire le finestre e arieggiare i locali vi porto con gli occhi su un libro bello.
L’incredibile cena dei fisici quantistici
Un libro bello, dicevo, che racconta del 5° congresso Solvay, che si svolse il 29 ottobre del 1927 ed è rimasto nella storia perché fu durante quella cena che si gettarono definitivamente le basi della fisica quantistica, destinata a stravolgere completamente la società contemporanea. Io non posso addentrarmi molto sul concetto di fisica perché sarebbe come chiedere a Tina Cipollari di tradurre una versione di greco (ciao Tina), ma quello che so è che alla cena erano presenti 29 scienziati, tra cui una sola donna: Marie Curie.
E ciaone a tutti. Tutti gli scienziati presenti dimostrano, anche a tavola, delle loro particolarità, chiamiamole così. Compton deve avere le posate esattamente nell’ordine crescente da sinistra a destra; Born deve averle invece tutte e destra, per mangiare solo con quella mano; Bragg vuole avere sempre il bicchiere riempito esattamente a metà; Marie Curie alza e abbassa tre volte la forchetta prima di metterla in bocca; Lorentz annusa tutto prima di decidersi ad assaggiare; Einstein dispone i cibi nel piatto in ordine di colore fino ad ottenere l’intero spettro del visibile nella giusta sequenza; Richardson aborrisce il colore marrone nel piatto, ragion per cui non mangia la carne; Langmuir predilige panini, uno in particolare di sua invenzione, con gli ingredienti in un ben determinato ordine; Langevin non sopporta il rumore del masticamento dei cibi, che lo obbliga ad alzarsi e chiudersi in bagno.
Cose incomprensibili? Loro erani geni, raga. Noi, in tutta evidenza, no.
Gli arancini di Montalbano (la serie, più che il libro in sé)
Il cibo, protagonista delle pagine di Andrea Camilleri tanto quanto il crimine da risolvere. Uno dei romanzi della serie si chiama Gli arancini di Montalbano e, proprio gli arancini, sono una delle ossessioni del nostro Salvo. Soprattutto se a prepararli è la solerte Adelina. Una delle tante. Perché per Salvo mangiare è un po’ come vivere e, ad ogni momento della sua gestione personale con il proprio “io” abbina un piatto. Troviamo quindi la caponatina, per gradire uno sfizio, gli spaghetti ai frutti di mare da Enzo a mare per riflettere, preferibilmente da solo; i cannoli siciliani, a fine pasto e a fine caso.
Un classicone, che comunque ora è quasi estate e i gialli vanno fortissimo e, onestamente, se proprio dovete leggere un giallo, scegliete Camilleri e non quelli che pubblicano ora con le copertine nere e gialle come il nastro giallo crime scene tape giusto per far comprendere al lettore che si tratta del genere noir/poliziesco.
Che dire? Il giusto ai giusti, la luce a coloro che stanno nei tunnel e la penna per scrivere, per favore, a chi sa cosa farne.
Con bontà, Natalia.