Sabato mattina vado al mercato da quelli che poeticamente chiamiamo “contadini” che in sostanza sono i proprietari delle piccole aziende agricole vicine alla città.
Compro coste, costine, cachi, patate, cipolle e pak-choi. Ormai il pak-choi, il cavolo cinese, sta entrando nella cultura italiana e anche nelle colture: cresce bene in Piemonte come in tante altre regioni.
Domenica pomeriggio diluvia e porto i bimbi al cinema a vedere “Gli Incredibili 2”. Prima del film c’è un corto, si chiama “Bao”. È la storia di una mamma cinese che prepara i ravioli “baozi” e uno di questi si tramuta magicamente in un bambino.
[Bao a Milano: dove mangiare i migliori panini cinesi al vapore in città]
Tra due lunedì sarò a Milano a presentare “I Cento di Milano”, la guida scritta da Alessandro Pellegri, Carlo Cappelleti, Gaia Corazzari e Sara Porro che seleziona cinquanta trattorie e cinquanta ristoranti top della città.
[Milano: guida definitiva per mangiare i piatti tradizionali cinesi]
I top sono in spietata classifica, e l’anno scorso vinse il Seta, lo straordinario locale condotto da Antonio Guida dentro all’albergo Mandarin Oriental, catena del lusso internazionale con base a Hong Kong (chi vincerà quest’anno?).
[5 motivi per cui Bon Wei è il ristorante cinese migliore di Milano]
Tutto questo per dire che sono passati da mo’ i tempi in cui la cucina cinese era relegata a locali super economici per chi non aveva tempo o denaro: la cultura cinese in generale, e quella gastronomica non fa eccezione, sta stendendo il proprio mantello sull’Europa.
Sempre di più. Sempre più in fretta.
È un bene? È un male?
Lascio a ognuno la propria valutazione. Ma a tutti darei un consiglio: impariamo a usare bene le bacchette.