Ci sono ingredienti da usare con parsimonia, e il kala namak è uno di questi. Il sale nero dell’Himalaya infatti ha una caratteristica che lo rende unico nel suo genere: sa di uovo. La sua composizione chimica gli dona una distinta, intensa, per alcuni intollerabile nota sulfurea che a tratti vira su uovo marcio e geyser.
Detta così non sembra appetibile ma vi assicuro che le sue potenzialità in cucina, specie come spezia e sostituto delle uova, sono molteplici. Ecco cos’è il kala namak, le sue caratteristiche, gli usi tipici e i vantaggi nella dieta vegana.
Cos’è il kala namak
Il kala namak è un sale vulcanico originario dell’Himalaya, delle zone a nord dell’India e al confine con il Pakistan. Il nome in Hindi e Urdu significa letteralmente “sale nero”, tinta che acquisisce una volta sottoposto a trattamento al forno, spesso insieme a cortecce e carbone vegetale. Il suo colore al naturale tuttavia è decisamente viola e lilla, una nuance scura del ben più noto sale rosa.
Nonostante le peculiarità e potenzialità culinarie, fino a pochi anni fa la sua diffusione era limitata principalmente a India e Sud-est asiatico dove da sempre è molto apprezzato per le sue proprietà. Secondo l’Ayurveda ad esempio, è un ingrediente rinfrescante che promuove digestione e transito intestinale. Recentemente però è arrivato anche da noi, e il merito è tutto della sua composizione chimica.
Caratteristiche
Di cosa è fatto il kala namak? Come ogni tipo di sale, principalmente da cloruro di sodio. C’è poi la greigite o solfuro di ferro, responsabile del colore viola-rosso scuro. Fin qui insomma niente di nuovo. Ciò che davvero distingue il kala namak sono i numerosi composti di zolfo, responsabili del suo peculiare profilo aromatico. Come definirlo?
A crudo il kala namak è descritto principalmente come sulfureo, da cui la sensazione terribilmente simile al sapore di uovo. Prendendo spunto dalle note di Cosamiricorda? che ha un naso particolarmente allenato aggiungo: plastica, acqua stagnante, terra. Sappiate tuttavia che questa sua “prepotenza” organolettica può essere addolcita e ridotta previa cottura. Il kala namak dunque diventa anche umami, pungente e saporito, e se usato bene riesce facilmente a elevare qualsiasi tipo di piatto. Vediamone alcuni, fra usi tradizionali e cucina vegana.
Usi tipici
Torno un attimo alla dieta ayurvedica e alle presunte proprietà rinfrescanti del kala namak. Vi sorprenderà sapere che questo sale è un topping molto gettonato nelle bevande estive tipiche del subcontinente indiano. Viene spesso abbinato a nimbu pani, spremuta di lime con acqua tradizionalmente arricchita dal sale; jaljira, a base di coriandolo, menta e spezie; raita, bevanda o condimento allo yogurt.
Il kala namak può essere usato anche per elevare piatti dolci e salati. Dal semplice snack di frutta fresca, preferibilmente estiva e succosa come il mango, cui dona una nota saporita e pungente. Al mix di spezie chaat masala, un tipo di curry caratterizzato dal profumo intensissimo, e i chutney estivi di pesche e pomodori verdi dal sapore agrodolce. Fino al pani puri, snack di pane fritto riempito con patate e cipolle.
Cucina vegana
Il sapore peculiare e intenso del kala namak non è passato inosservato a chi le uova non vuole (o non può) mangiarle. Nella cucina vegana dunque è diventato ingrediente fondamentale per l’esecuzione di ricette che normalmente le richiedono. Dalla nomelette o non-frittata, tofu scramble ed “egg” sandwich, fino alle salse di accompagnamento in stile maionese e hollandaise.
Il kala namak si può usare anche come topping, al pari del lievito alimentare che fa le veci del formaggio sulla pasta. Ad esempio sull’avocado toast da colazione, o per arricchire l’insalata di patate. Infine, il suo uso più efficace e controverso: la carbonara vegana. Pochi grammi di kala namak aggiunti a tofu morbido o panna di soia bastano a trasformarla in un proxy che assomiglia in modo impressionante all’originale. Come si dice a Roma, ‘na crema.