Mai come a Pasqua il cibo può essere scorretto. Eticamente scorretto o religiosamente scorretto. I cattolici non mangiano carne il Venerdì Santo, mentre durante la Quaresima praticano l’astinenza riscoprendo se c’è tempo, ricette come il ragù di verdure le torte salate o un semplice piatto di spinaci lessati. Gli ebrei non mangiano il maiale (come i musulmani), ma anche il coniglio e il pesce senza spine (dallo storione alle sogliole fino alle cozze). C’è un ulteriore divieto, le stoviglie non devono essere contaminate dalle vivande proibite. Se per esempio si vuole mangiare riso patate e cozze, tipico piatto della tradizione pugliese, bisogna farlo con le mani. Infine ci sono le restrizioni dei vegetariani e dei vegani. I primi non mangiano prodotti di origine animale, dalla carne al pesce, quindi anche il coscio d’agnello con le patate, piatto simbolo della Pasqua italiana. La dieta dei vegani, secondo molti dannosa per la salute, esclude il cibo di origine animale compresi latte, latticini, uova e miele.
A me pare che arroccarsi in difesa della tradizione, farselo dire dal Papa—specie in questo periodo—cosa mangiare e cosa no, incarognirsi contro gli onnivori in nome della guerriglia vegana, sia un po’ tuffarsi nel Medioevo e nei suoi codici di decrittazione. Non è disprezzo per le tradizioni altrui, nè voglio attribuire la perfetta apertura mentale ai non religiosi o peggio, ai gastrofanatici. Trovo solo ridicolo che per le ragioni della tavola, il periodo di Pasqua debba essere quello più litigioso dell’anno. Non so come la pensate voi.
[Peperosso, ispirazione Leonardo Romanelli su Facebook]