Sull’intera popolazione italiana, il pubblico delle riviste gastronomiche e dei ristoranti blasonati è davvero in minoranza. Altrimenti il presidente del consiglio sarebbe Bonilli (adesso non venitemi a dire che non è una figura storica) e non quell’altro che pur inizia per B. Una parte consistente della popolazione, purtroppo, non si è ancora resa conto di certe differenze fra un cibo e l’altro e non ha molte speranze di cambiare nell’immediato: non legge le scadenze e al banco frigo ordina du’ etti del prosciutto cotto più rosa shocking. Che faccio lascio?
Ma nel mezzo c’è una specie interessante: il gastrosemplice.
I gastrosemplici sono quelle persone che amerebbero mangiare bene, ma siccome non hanno tempo da dedicare alla spesa, abdicano in favore di un cibo buono ma non troppo.
Si preparano piatti elaborati ma non top, inventano delle ricettine niente male, ma le ralizzano con le zucchine della frutteria aperta anche di notte. Quando gli va di lusso, il meglio che riescono a trovare sulla piazza in fatto di pesce è l’orata con la crocetta su “pescato”, invece di beccarsi abnormi filetti di pangasio. Mica hanno la dritta per entrare all’asta del pesce a Anzio, loro!
I gastroeruditi, o gastrofanatici, d’altro canto non mangiano un fritto se non è cotto nell’olio d’oliva, non ingeriscono un insaccato che non provenga da una capretta che abbia dormito almeno due notti sotto l’aurora boreale, che le ha conferito quel certo non so ché, e non cucinano niente che non abbia un nome ed un cognome.
Ma ve lo immaginate il gastrofanatico poppante? Gli cade il primo dentino e già pregusta la crescita del nuovo dente per dare un morso alle coppiette d’asino, e se non c’è l’uovo di Paolo Parisi il suicidio è dietro l’angolo.
I gastrosemplici invece, non hanno tempo di cercare l’introvabile, ma vanno nei supermercati e chiedono il cotto senza additivi, controllano la scadenze dei prodotti e sanno anche fare qualche abbinamento cibo-cibo da mettere in una croccante rosetta.
Con ciò non intendo negare l’assoluta bontà de lo mejor de la gastronomia e nemmeno il valore promozionale e passionale di persone che apprezzano il lato pornografico del cibo, ma qualsiasi estremo, in cucina come in politica, potrebbe generare mostri.
Immagino gente tornare a casa e, guardando il classico spaghetto al pomodoro, o le polpette fritte fatte con tanto amore, esclamare: “Ma che pomodoro è? Ma quella carne di chi è? Hai fritto nell’olio di semi? Sei una mentecatta! Adesso ti ammazzo, ma poi ti frollo per 28 giorni!”.
E Voi invece? Vi rilassate ogni tanto? In che categoria vi ritrovate? Chi credete abbia ragione?
Personalmente in questi casi, a costo di mettere troppa demagogia nel piatto, preferisco pensare che la verità si trovi nel mezzo, auspicando che la fase migliore sia quella che non ho ancora citato: il gastroconsapevole.
Francesca Barreca – The Fooders
[Immagine: Cupcake]