Sono appena rientrato nella camera del mio albergo “budget” di Francoforte dopo aver accettato il deal “colazione a buffet €7,30”
Dai, sette euro e trenta si può fare, siamo comunque in Germania, un caffè dappertutto costa due euro e settanta, mettici una pasta, un bicchier d’acqua e più o meno… Dunque quando la ragazza –naturalmente italiana– mi ha proposto l’affare ho detto: ma sì, famolo.
Un istante dopo mi sono pentito. Perché conosco i buffet. Perché conosco me stesso.
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Quello dei buffet in generale, degli as much sa you want, è uno dei processi più perniciosi che esistano e la mia colazione di questa mattina non fa eccezione.
È un meccanismo che arma i contendenti di cattive intenzioni uno contro l’altro. In sintesi:
– Il cliente pensa “sono del tutto intenzionato a mangiare più roba possibile, in modo da superare i 7,30 euro del forfait”;
– L’albergatore che sa che il cliente pensa così, astuto dice “so che mangerai come un porco, dunque abbasserò talmente il food cost che per quanto ti strafoghi non riuscirai mai a superare 7,30 euro, prima morrai.”
Ecco: stamattina è andata come previsto.
Mi sono abbuffato all’inverosimile di junk food. E alla fine hanno vinto loro: quando ho posato la forchetta per KO tecnico penso di non aver mangiato cibo per un valore superiore ai due euro. Uova, formaggio, salumi, salsicce, frutta, verdura, musli, latte, yogurt, pane, brioche: erano tutte merci così scadenti che non le avrei mai liberamente comprate in un supermercato.
L’unica soluzione è andare da un ipnotista che mi faccia temere la parola buffet. Così, quando sentirò “buffet” comincerò a sudare, stare male e ad avere nausea.
Solo in questo modo riuscirò a resistere alla parte peggiore di me.