Immaginatevi un aspirante cuoco, un decano della cucina italiana e un contorno rococò di matterelli, planetarie, stucchi e affreschi ottocenteschi, giardini all’italiana e stampini in silicone.
Sacro e profano s’incontrano nel nuovo programma di Canale 5, Il Pranzo della Domenica, in onda da domenica 7 febbraio alle 9 e 50, la risposta al rallentatore di Gualtiero Marchesi ai pressure test sincopati di MasterChef.
Dopo le dichiarazioni azzardate degli ultimi giorni rilasciate dal Maestro (contro Masterchef, Massimo Bottura, Antonello Colonna, il vino…), ero molto curiosa di vedere da vicino il suo modo di ripensare la cucina in televisione, di insegnare cose vere e non le solite “cagate” (cit.) alla Cracco & Co.
Iniziamo dalla sinossi, e andiamo per gradi.
Il pranzo della domenica è il confronto tra un candidato e un allievo già diplomato all’Alma, la scuola internazionale di Cucina Italiana con sede a Colorno, diretta da Marchesi, che realizzano lo stesso menù possibilmente senza fare errori. L’aspirante cuoco assaggia poi i piatti del diplomato per constatare eventuali errori e correggerli.
In altre parole, il pranzo della domenica è la storia di una massaia popolana con velleità nobiliari che, con lo stesso spirito di Goldoni ne La Locandiera, osserva da vicino i vecchi nobili decaduti e imbellettati, chiusi in torri d’avorio piene di fornelli a induzione e ambisce a sostituirsi a loro con l’astuzia della borghese.
La Mirandolina dei nostri giorni ancora la locanda non ce l’ha, ma forse la vorrebbe, per propinare ai suoi avventori piatti marchiati Alma. In palio, infatti, dopo una selezione senza colpi di scena, senza un pizzico di cattiveria e senza momenti topici di adrenalina come la tv di oggi insegna, c’è l’ammissione al corso di cucina nella sede della scuola, cioè il Palazzo Ducale di Colorno.
Lo slow motion è il filo conduttore di un format sonnolento e incline allo sbadiglio, un misto tra ricettario tv d’alto bordo e tensione soporifera.
Tutto è lento, rallentato, pare di assistere al terzo tempo di un film di Akira Kurosawa con la sciatica.
Una noia pomposa e ripetitiva che si insinua in ogni gesto, e pensare che la cucina è così poco noiosa.
Non si alza il morale allo spettatore nemmeno con quel trucchetto di montaggio che vede “L’italiano” di Toto Cutugno in versione Gipsy Kings a corredo delle immagini del concorrente di turno, mentre si sprecano gli archi e gli spartiti classici appena si stacca sull’allievo dell’Accademia che esegue ad arte le ricette in stile Marchesino (il ristorante di Marchesi a Milano).
E’ un po’ come ci volessero dire che loro sì, loro hanno la conoscenza, loro hanno acquisito il sapere, mentre i non eletti (noi popolani in cerca del riscatto sociale) si muovono alla rinfusa come fossero tutti un’Antonella Clerici in preda al delirio delle tagliatelle di nonna Pina.
Tutto è lento, tutti si muovono al rallentatore come posseduti dallo spirito di un narcolettico, persino Elenoire Casalegno pare compressa e un po’ affettata. Manca poco che s’inchini al passaggio del Maestro.
#IlPranzodellaDomenica ecco il promo. Domenica alle 10.00! Prima puntata! @Alma_School @GualtMarchesi @elenoirec pic.twitter.com/83sEqauiel
— Riccardo Pasini (@Videoevoluzione) 2 Febbraio 2016
A proposito del Maestro: su due puntate, due concorrenti hanno propinato a Marchesi dei dolci con aggiunta di alcol. Particolare non propriamente gradito al Gualtiero nazionale, che in un caso si è dichiarato addirittura inabile all’assaggio, poi ci ha ripensato e ha dato almeno la soddisfazione alle malcapitate.
E poi ci sono i giudici: tre insegnanti di Alma che, dato lo slow motion di default, si trasformano in bradipi vestiti da chef masticanti con la plasticità e la lentezza di un ruminante sotto psicofarmaci.
Certo, è vero che questa non è una trasmissione urlata e caciarona, è vero che se il sabato sera è stato pesante, la domenica a mezzogiorno coi pantaloni del pigiama e un occhio mezzo aperto ci potrebbe anche stare.
E’ innegabile, comunque, che risulti lenta in maniera esasperante, coinvolgente come una corazzata Potëmkin per una platea fantozziana, realisticamente improbabile almeno quanto MasterChef, dove almeno qualche beep sulle parolacce o un cerotto sull’alluce rendono tutto più rock.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: TvBlog]