Oggi mi capita una primizia: per la prima volta sono chiamato ad un compito impervio assai e ingrato. Farò – indegnamente – parte della “Giuria di Qualità” del Palio dello Stufato alla Sangiovannese, a San Giovanni Valdarno. E’ una manifestazione che viene organizzata (bene) per la prima volta per valorizzare una tradizione, una cultura. Non è proprio una sagra, è un Palio: una gara tra otto stufati praparati dai ristoratori della cittadina. Tutt’altro da un ricordo sepolto nella memoria, la Sagra di San Giuseppe a Scandiano (RE) che è il residuato di una fiera agricola, con i baracconi e le attrazioni ma anche i trattori e i tori da monta, e che riporta i fasti di quei giorni in cui c’erano cappelletti e carne in tavola, e arrosti misti e torte a non finire.
La Sagra a Scandiano si fa in casa, come dice la regola emiliana: le donne il sabato a stringere i cappelletti, gli uomini il pomeriggio a giocare a briscola. Sarà per quello che non ho nel cuore l’amore per le sagre gastronomiche che invece impazzano dalle Alpi al Lilibeo. Dalla Sagra della Pecora alla Callara di Roiano di Campli TE alla Sagra del Tartufo Campolese a Campoli FR. Dalla Sagra del Broccoletto di Custoza VR alla Festa del Radicchio di Mirano VE.
Dunque non ho nessuna fiducia sulla qualità delle pietanze servite in queste sagre: le ultime due che ricordo sono quella di Castelnovo in Garfagnana, con la polenta e qualcos’altro, e la Sagra del Polpo a SanVincenzo: polpesse in umido con vino di vascello servito a fiumi su tavolazzi con il rivestimento di linoleoum, al prezzo del pranzo in un ristorante, appena qualcosa meno. E non riesco nemmeno a vedere l’utilità di queste manifestazioni, spesso sfoggio delle amministrazioni, passerella per le Pro Loco e più sì che no, turibolo di ogni nefandezza. Con le dovute eccezioni, va senza dirlo. In altri termini, il Radicchio Trevigiano è quella mervaiglia che è anche senza la Sagra, e il Tartufo d’Alba costerebbe l’iradiddio che costa anche senza il baccanale che va in onda nel paese langhetto. E Abramovich se lo mangerebbe lo stesso: ma sarà che soffro di demofobia…
Sui montanti del cavalcavia che passa l’Aurelia tra Talamone e Fonteblanda c’era questa estate una scritta di straordinaria efficacia descrittiva, che non ho fatto in tempo a fotografare perchè il giorno dopo è stata spennellata da un qualche solerte amministratore. La riporto in chiaro (neretto) nonostante il turpiloquio esibito, e diceva: “Turisti svegliatevi, alle sagre solo merda congelata“. E dovrei aggiungere, acqua tinta venduto per vino.
Premio per la miglior denominazione ever: Sagra della Salamina da sugo al cucchiaio Madonna Boschi di Poggio Renatico (FE) immortalata nella foto. Nei prossimi giorni cronaca del Palio dello stufato, su queste frequenze.